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La mer, la fin...

sabato 9 maggio 2009

Prato. Le scelte inevitabili

Mentre l'assessore alla multiculturalità (e prima o poi si ricorderà pure di esserlo...) esterna contro "l'incetta di capannoni", tanto da definirla addirittura "pericolosissima" per il futuro di Prato - perché hanno scoperto, come da tempo hanno fatto i pratesi, che il business immobiliare rende? - veniamo a sapere da Longo (ora alla Camera di Commercio, ma prima all'Unione Industriali) che lui ha preferito affittare ad una società cinese perché dava più garanzie sui pagamenti!
Vediamo, quindi, di capirci qualcosa... Intanto, è un dato di fatto che tanti soldi "cinesi"- veramente tanti! - rifiniscono nelle tasche dei pratesi, e sarebbe veramente interessante fare un bel censimento, per capire chi sono i beneficiari. Questo avviene perché, a quanto pare, i cinesi gli affitti li pagano. Insomma: tante aziende italiane chiudono e lasciano tanti spazi che vengono presto - e legittimamente - occupati dall'imprenditoria cinese, che da tempo ha capito che è sul prodotto finito che si guadagna, e non sulla materia prima.
L'ennesima dimostrazione che il proliferare di questo distretto del pronto moda deve essere letto come parte integrante del sistema economico pratese, e non come qualcosa di "parallelo". Certo, se continuiamo sulla strada del "corpo estraneo", e sugli inutili allarmismi, difficilmente potremo dare un valido motivo a questa importante realtà economica e sociale per andare oltre il mero rapporto di "sfruttamento" delle opportunità offerte dal territorio.
MV

da il Tirreno del 08/05/09
L’onda cinese sommerge il Macrolotto 1

Conquistata via Gora del Pero. Decine di pratesi lasciano l’area industriale
I locali si ridimensionano per ridurre i costi e nuovi pronto moda aprono uno dietro l’altro
PRATO. La ventiquattrore che scattano e si aprono sulla scrivania con dentro un pacco di contanti sono ormai rilegate tra le leggende dei rapporti tra pratesi e cinesi. Eppure, valigette o no, la storia dei cinesi che si presentano nelle aziende pratesi proponendo di comprare tutto non è argomento da album di ricordi. Così come le laute ricompense per chi lascia il posto al Macrolotto sono una realtà. L’avanzata delle imprese con titolari dagli occhi a mandorla è sotto gli occhi di tutti.
Il Macrolotto di Iolo ormai da tempo esplode e non si trova più neanche un buco libero e i vari signor Yang si stanno allargando a macchia d’olio nell’adiacente Macrolotto 1. Uno dopo l’altro stanno affittando i magazzini dove aprono confezioni e pronto moda al posto di lanifici, aziende di materie prime, tintorie.
Un fenomeno che negli ultimi mesi, da settembre ad oggi, ha fatto passi da gigante. Statistiche non ce ne sono. Non le ha il Conser che monitorizza i passaggi di proprietà ma non gli affitti, non li ricava la Camera di commercio che non può fare in ogni momento una statistica divisa per vie, non si ricavano dalle società che offrono i servizi. Ma dubbi non ce ne sono. E lo sa bene chi ogni giorno attraversa la zona industriale, fiore all’occhiello di Prato. «Quando arrivano i cinesi si vede dagli alberi», commenta un imprenditore. «Li potano perché vogliono che si vedano le loro insegne».
Via Gora del Pero è diventata quasi completamente cinese.
In via Toscana, via dei Fossi, via Pollative le aziende italiane si stanno più piano riducendo. Gli ideogrammi sostituiscono i nomi storici del tessile pratese. Un’altra grossa fetta delle aree industriali è passata di mano. Ed è la crisi a dare una mano agli attivissimi cinesi di Prato alle cui offerte allettanti è difficile dire di no.
Un elenco di chi ha affittato tutto o una parte dei propri magazzini è difficile da fare. La voglia di parlare dell’argomento tra gli imprenditori italiani è poca. In via Gora del Pero hanno ceduto parte dei propri spazi, solo per fare qualche esempio, il maglificio Zanobetti, Rosati Roberto, Bigagli Sauro, Furpile, Lusar, Bardazzi Alberto, Texcar. In via Toscana da poche settimane ha lasciato Inwool.
Filippo Rosati, commerciante di materie prime, è chiaro. «C’è poco da stupirsi con il lavoro che c’è oggi in giro i nostri magazzini sono sottoutilizzati ed è naturale affittare».
I cinesi non si fanno pregare. «Passano a chiedere se ci sono spazi disponibili continuamente», commenta Rosati. E anche altri colleghi raccontano di un’insistenza enorme nel chiedere capannoni.
I pratesi spesso, anche se non si può fare di tutta un’erba un fascio, non hanno scelta: è un modo per razionalizzare i costi e avere un introito in più, consistente, per rendere più liquide le aziende e magari evitare di tagliare qualche posto di lavoro. Considerazione amara ma vera.
Al Macrolotto 1 si pagano come minimo 70 euro al metro quadrato di affitto, nelle altre aree di Prato si trovano magazzini già a partire da 40 euro. Trasferirsi è vantaggioso specialmente se le spese per “il disturbo” le paga chi subentra. In tanti, tra gli imprenditori pratesi, si trasferiscono nella più economica Paperino dove sono, tra l’altro, al riparo dalla concorrenza diretta. Specialmente i venditori di stoffe che soffrono per l’aumento di aziende di import export cinesi.
E’ preoccupato della situazione l’assessore alla multiculturalità Andrea Frattani. «Molti cinesi stanno facendo incetta di capannoni - spiega - per poi riaffittare. C’è un business immobiliare interno alla comunità cinese perché i mediatori, o gli affittuari, cedendo a terzi i magazzini nella loro disponibilità lo fanno anche a cifre doppie rispetto al canone originario».
«Con la crisi - è sempre Frattani a parlare - si sono resi conto che possono rastrellare una grande quantità di spazi e per il nostro futuro è pericolosissimo. Se parte la ripresa ci troveremo con aree enormi nelle loro mani e saranno loro a fare il prezzo controllando di fatto il mercato e anche le nostre prospettive di sviluppo. Sta accadendo come nell’edilizia nella Chinatown dove loro hanno il controllo delle case e come nei porti dove si sono accapparrati grandi spazi di sdoganamento con un ruolo fondamentale nell’orientamento delle scelte portuali. Aggiungo: questo va a inibire ancora di più un’integrazione economica. Siamo davanti a un elemento degenerativo che mette in luce, e mi dispiace dirlo, la cecità nel guardare in prospettiva dei nostri imprenditori».
Ilenia Reali

«Sono scelte inevitabili»
PRATO. La sua fabbrica non è nel Macrolotto 1 ma in via Sabin. Anche il presidente della Camera di commercio Carlo Longo ha deciso di affittare una parte del magazzino ad alcuni imprenditori cinesi. Ed è a lui che chiediamo come maturano all’interno delle aziende queste scelte. «Le motivazioni sono semplici», spiega Longo. «Noi due anni fa abbiamo riorganizzato l’azienda e per un anno e mezzo abbiamo lasciato metà immobile vuoto. Poi abbiamo dovuto cominciare a parlarne. Abbiamo avuto tantissime richieste, cinesi e non e, alla fine, abbiamo scelto questi imprenditori che ci davano più garanzie non per il canone ma per tutta una serie di condizioni come gli anticipi sull’affitto, le modalità di pagamento».
E poi, per Longo, c’è da essere chiari. «Le confezioni aumentano, le aziende tessili diminuiscono. E questo al di là dei numeri poi lo si vede anche girando per le zone industriali. Sono saliti su un settore che va bene. Potevamo farlo anche noi e non l’abbiamo fatto e ora loro vivono meglio questo periodo di forte crisi».

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