Profonde inquietudini gravano da tempo su tutti coloro che sperano in (e lavorano per) una riconversione autosostenibile di quello che, ad oggi, si è mostrato un modello di "sviluppo" fallimentare in una molteplicità di sensi - non ultimo, ce lo dice la cronaca recente, quello banalmente finanziario: l'involuzione dei quadri politico-istituzionali in buona parte del mondo, la sordità elettiva sviluppata dai politici di professione verso le istanze della cittadinanza, la recrudescenza diffusa di irrazionali e ataviche intransigenze - e di chi cerca di cavalcarle - non lasciano certo spazio soverchio all'ottimismo, mentre la Restaurazione del XXI secolo usa proprio questa crisi come una freccia decisiva in più (se ce ne fosse bisogno) al suo arco, sbandierando e mistificando come ideali gli stessi presunti bisogni di "sicurezza" che finora ha ampiamente disatteso. La partecipazione, in particolare quella letta - in prospettiva neomunicipalista - come strumento di costruzione comune di un'alternativa di sviluppo, sembra passata di moda, relegata in un archivio di utopie più o meno consistenti, più o meno suggestive, ma sempre e comunque irreali.
TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!
La mer, la fin...
venerdì 24 ottobre 2008
Partecipazione. Storie in controtendenza
LA PARTECIPAZIONE FUORI MODA? NON ORA, NON ANCORA.
Profonde inquietudini gravano da tempo su tutti coloro che sperano in (e lavorano per) una riconversione autosostenibile di quello che, ad oggi, si è mostrato un modello di "sviluppo" fallimentare in una molteplicità di sensi - non ultimo, ce lo dice la cronaca recente, quello banalmente finanziario: l'involuzione dei quadri politico-istituzionali in buona parte del mondo, la sordità elettiva sviluppata dai politici di professione verso le istanze della cittadinanza, la recrudescenza diffusa di irrazionali e ataviche intransigenze - e di chi cerca di cavalcarle - non lasciano certo spazio soverchio all'ottimismo, mentre la Restaurazione del XXI secolo usa proprio questa crisi come una freccia decisiva in più (se ce ne fosse bisogno) al suo arco, sbandierando e mistificando come ideali gli stessi presunti bisogni di "sicurezza" che finora ha ampiamente disatteso. La partecipazione, in particolare quella letta - in prospettiva neomunicipalista - come strumento di costruzione comune di un'alternativa di sviluppo, sembra passata di moda, relegata in un archivio di utopie più o meno consistenti, più o meno suggestive, ma sempre e comunque irreali.
Eppure esistono tuttora storie che, in netta controtendenza rispetto a questa mainstream, testimoniano la sopravvivenza di forme di autoorganizzazione e cooperazione capaci di rendere un po' più complicato il quadro - e il gioco - a chi vorrebbe liquidare la cittadinanza come specie non protetta: una cooperativa marsigliese sbarca in Italia e chiede immediatamente ai Nuovi Municipi di sviluppare ambiti di collaborazione per il rilancio della democrazia partecipativa e della gestione comunitaria del patrimonio locale; un Comune capoluogo di Regione aderisce alla Rete con Delibera consiliare e co-organizza con essa un seminario di due giorni proprio sulla partecipazione; e in miriadi di incontri, convegni, dibattiti, e nelle pratiche locali top-down e bottom-up diffuse in tutto il Paese, la partecipazione e i Nuovi Municipi continuano imperterriti a crescere e a lavorare per la costruzione di una democrazia più autentica, più inclusiva e più consapevole.
Non è vanteria, è una constatazione; che ci porta a pensare che quello della partecipazione verso un mondo diverso non è affatto, almeno per il momento, un capitolo chiuso.
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