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L’assemblea Pd, tre anime più una
Passerella di big a Coiano, Romagnoli lancia il partito delle primarie
Giacomelli: «Un errore non contarci nel 2004» Del Vecchio: «Choc ingiusto ma necessario»
Ma che soprattutto - a vaso di Pandora scoperchiato - non c’è nessuno che in questo momento riesca a governare, con un indirizzo, il partito. Avanti in ordine sparso.
Coiano ore 21,30: passerella di big politici. Sconcerto e rabbia nella base. Dirigenti e non del partito evidentemente divisi. Tocca al sindaco Marco Romagnoli. Silenzio. Salva i quattro anni della sua amministrazione sui numeri, quelli della statistiche: «Non è un bilancio da fallimento», si leva qualche sassolino: «Ha ragione Lulli - dice - quando afferma che non è più il tempo delle dietrologie, ma oltre a non dirle bisogna anche non farle», appluso; avverte il partito che lo ha fatto fuori: «Ora davvero c’è bisogno di un cambiamento sostanziale». Ovvero primarie vere. Romagnoli è il primo sponsor del partito della conta, che è vasto, e che ottiene subito l’adesione di due assessori: Fabio Giovagnoli e Andrea Mazzoni. Che a loro volta possono appoggiarsi al poderoso muro della Cgil.
Seconda anima, quella contrapposta, rappresentata dal deputato Antonello Giacomelli. Tutti zitti, un’altra volta. «L’obiettivo è l’unità - dice - ma basata sulla verità e non sulla finzione». Giacomelli dice di non mettere in discussione la buona amministrazione - riconoscimento “peloso” ai silurati ripetuto più volte durante la serata da diversi relatori - ma dice anche «che i cittadini ci chiedono quel “di più” di politica” su problemi su cui gli enti locali hanno pochi strumenti d’intervento ma che vengono addebitati al governo della città». Cita Logli innumerevoli volte, mai Romagnoli, lo porta come esempio di coraggio, afferma l’effetto positivo dello choc ma riparte dal 2004 per fare una sorta di assunzione di responsabilità e per andare giù pesante: «I problemi erano già emersi nella precedente legislatura e con gli stati generali avevamo cercato di aprire un dibattito - sostiene - Ma il confronto tra le candidature ha offuscato ogni altra discussione sui contenuti. Questo - sottolinea - è il punto vero. Col senno di poi dico che sbagliammo a non fare le primarie e nel nome dell’unità accettare la soluzione che fu trovata: anche io mi assumo la responsabilità di questo errore». Una posizione, questa, che per logica consequenziale pare aprire a una tornata di primarie senza sfidanti messi lì tanto per fare, per non ripetere gli errori del passato. Infine la terza posizione, quella più sfumata, di Gianni del Vecchio, il grande mediatore. «Non nascondiamoci dietro un dito - parte - l’assemblea è divisa. C’è che sostiene che azzerare i vertici amministrativi sia stato un errore e chi invece sia stato giusto. Io sono tra quelli che sostengono che sia stato ingiusto ma necessario». Invita l’assemblea a lavorare per «trovare una sintesi dificilissima, per dare alla città schegge di fiducia e non più schizzi di veleno» e punta l’indice su quello che indica come il vero nodo: «Qualcosa si è rotto nel rapporto tra il Partito democratico e Prato. Per riconnettersi serve un gran lavoro, una grande capacità d’ascolto e d’umiltà». E per la scelta dei candidati «occorre - conclude - un grande bagno di democrazia». Solo dopo mezzanotte va al microfono Beatrice Magnolfi, ministro ombra Pd, tra le poche personalità politiche cittadine ad avere preso pubblicamente posizione - a favore del sindaco - prima del grande crak. «Non ho condiviso nè il modo nè la procedura di queste scelta - attacca - Ma vista la situazione data bisogna capire come raccogliere le macerie e con senso di responsabilità guardare avanti». Sostiene che «l’unica risorsa, in mancanza di deus ex machina, che il partito ha è il suo gruppo dirigente. A questo spetta - conclude - cercando di evitare altri assist alla destra, trovare una via d’uscita». Terzo round, con altri venti iscritti a parlare, ieri sera a Galciana.
Cri.Or.
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