Pubblichiamo qui la mozione per il congresso nazionale dei Verdi, sostenuta anche da Municipio Verde. Tutte sono visibili sul sito del partito.
A questa va la nostra convinta adesione.
mv
MOZIONE POLITICA
Progetto Ecologista e Federalista
Andare in profondità, ricostruire una squadra verde
All’indomani della sconfitta elettorale, i Verdi italiani devono per prima cosa evitare sia lo scoraggiamento e lo sfilacciamento, sia il ricorso a facili capri espiatori, così come la ricerca, una volta abbattuto il vecchio leader, in una sorta di rito tribale e taumaturgico, di un nuovo principe di cui innamorarsi, o a cui dimostrare innamoramento, sperando di poter delegare a lui, o a lei, la soluzione di tutti i mali.
Proprio oggi che la politica mass-mediatica impone alcuni standard, che potrebbero sembrare ineludibili, come la ricerca immediata di un leader riconoscibile, di tempi rapidi per risolvere le crisi interne e ridarsi un assetto presentabile – a mo’ di cipria o di belletto -, la negazione o la minimizzazione dei problemi e delle sconfitte, proprio oggi, che sembra non si possa sfuggire a queste logiche, è invece necessario riscoprire quelle virtù langheriane, la lentezza, la profondità e la dolcezza, che potrebbero sembrare tanto impraticabili e perdenti, nella politica, e in generale nella società, di oggi, ma che invece costituiscono la nostra forza, la nostra diversità, la nostra carta vincente.
Non possiamo essere come gli altri, accettare le logiche dominanti.
Non possiamo rinunciare al senso della complessità, alla gradualità, al rispetto del pluralismo, a quel metodo ecologista prescindendo dal quale non siamo niente, e non abbiamo senso di esistere e di permanere sulla scena politica.
Analizzare in profondità i motivi della sconfitta. Cosa è cambiato nella società
Dobbiamo analizzare in profondità, con i tempi dovuti, senza rimozioni, i motivi del nostro distacco dai cittadini, i motivi della nostra bruciante sconfitta.
Dobbiamo capire come mai il nostro messaggio non è mai riuscito a passare compiutamente nella società, e come mai proprio oggi che le nostre tematiche sono diventate urgenze non più rinviabili, non solo non cresce la percezione della nostra necessità, ma addirittura essa crolla ai minimi storici.
Gli autori di questa mozione sono militanti e dirigenti verdi, con impostazioni e sensibilità diverse, sia nell’analisi delle nostre lacune, storiche e recenti, sia nelle soluzioni a cui tendenzialmente si orientano.
Ma sono accomunati dalla coscienza che è necessario non rimuovere il problema, ricostruire un’analisi approfondita e condivisa, non tornare immediatamente a dividersi sull’identità del nuovo o della nuova leader, valutandone colpe e meriti passati, adesione o meno alla cordata di riferimento di ognuno di noi, oppure la telegenicità e la capacità di rispondere a tono a Bruno Vespa.
Non siamo interessati a questo, non siamo interessati alla lotta per il controllo della tesoreria del partito, della rappresentanza legale del simbolo, a creare una cordata di maggioranza per escludere questo o quello.
Vogliamo costruire le condizioni per valorizzare tutte le forze emergenti: i giovani, le donne, i territori che da sempre si impegnano, … vogliamo promuovere un gruppo dirigente ampio, ricostruire una nuova squadra verde, che si doti di meccanismi trasparenti, e che operi secondo i principi della divisione del potere e della rotazione delle cariche.
Un partito confederale, con la piena autonomia finanziaria e politica delle Regioni, per rimettere al centro i territori
Oggi non abbiamo bisogno di un leader unico.
E’ quello che aspettano i nostri nemici, i mass media controllati dai potentati economici che vogliono darci il colpo di grazia.
Una nuova vittima sacrificale di cui spulciare ogni contraddizione, ogni dettaglio privato, ogni ingenuità, per massacrarlo sistematicamente.
Abbiamo bisogno di un partito confederale, basato su di un gruppo dirigente nazionale, che sostituisca l’attuale esecutivo, e che sia costituito dalle rappresentanze regionali, con la funzione di portavoce (non di presidente) attribuita a rotazione, ad una coppia di militanti di genere differente.
Nel dettaglio, potrebbe essere un’assemblea eletta per metà al Congresso nazionale, e per metà dalle Regioni, a definire il nuovo comitato di gestione nazionale.
In prospettiva noi vogliamo due portavoce di genere diverso, eletti dall’assemblea, e coadiuvati da un esecutivo confederale.
Oggi, in questa prima fase di rinascita, vogliamo che la funzione dei due portavoce sia svolta a rotazione, così come la gestione della tesoreria.
Comprendiamo l’audacia di questa proposta: valutiamo quanto essa sia controcorrente rispetto a come funzionano oggi tutti gli altri partiti.
Ma comprendiamo anche, e lo abbiamo davvero chiaro, quanto oggi sia vitale per noi, indispensabile, riscoprire e scommettere, coraggiosamente, sulla nostra diversità.
Questo è in realtà il senso forte, principale, di questa mozione: fare un appello a tutti i Verdi italiani, a non dividersi sugli assetti di potere.
Senza eludere la politica e le differenze, dobbiamo iniziare un percorso che ci conduca nei tempi giusti alle scelte migliori, rispettando chi la pensa diversamente, e costruendo condivisioni ampie.
I municipi, le Provincie
Anche i livelli locali devono avere più valorizzazione, devono liberare le loro energie.
Bisogna aprire una sede in ogni provincia, farne centro di aggregazione e di servizio per le tante realtà a noi affini, dai Gas, al mondo della difesa degli animali, alle realtà delle energie rinnovabili, ai comitati civici, del commercio equo, dei diritti.
Per questo proponiamo che ogni forma di finanziamento pubblico che oggi perviene al partito a livello nazionale, sia ridistribuito prioritariamente ai territori, e che le Provincie trattengano - invece di aspettarne, come oggi accade, la restituzione – almeno la metà della quota del tesseramento.
Gli iscritti
Gli iscritti sono la base della partecipazione alla vita democratica del nostro partito.
Le assemblee in cui essi partecipano e votano in urne segrete, senza il meccanismo della delega, informati da lettere che ragguagliano su come presentare una lista e sui regolamenti congressuali, sono il massimo della forma democratica possibile, e sono uno degli elementi anzi di cui dovremmo andare fieri, e da conservare.
Questo fino ad un livello in cui l’osservanza delle regole è fisicamente controllabile.
Per un livello nazionale, e per determinare il numero dei delegati che ogni provincia potrà portare a decidere delle sorti dei verdi italiani, il tesseramento non potrà essere però il meccanismo principale di valutazione, ma dovrà prevalere il fattore del consenso elettorale, secondo noi misurato sui risultati delle elezioni regionali.
La rivoluzione verde già compiuta e quella ancora da compiere
Se ci affacciassimo dalla finestra di vent’anni fa e osservassimo quanto abbiamo cambiato il paese ci abbracceremmo dalla gioia, renderemmo finalmente merito a Gianni Mattioli, ad Anna Donati, a Paolo Galletti, a Massimo Scalia, ad Anna Maria Procacci, a Maurizio Pieroni, a Franco Corleone, a
Edo Ronchi, a Luigi Manconi, a Sergio Andreis, a Gianni Tamino, a Michele Boato oltre agli indimenticabili Alex Langer, Adelaide Aglietta, Pasquale Cavaliere (e insieme a questi ne dimentichiamo certamente molti), delle straordinarie conquiste fatte e di quanto l’intero paese e non solo noi dobbiamo esser loro grati.
E assieme a loro dobbiamo essere grati a quelle decine di migliaia di semplici militanti che da eletti nelle amministrazioni locali hanno contribuito ai nostri straordinari successi.
Verrebbe da dire che occorre un monumento al verde ignoto, negletto dai media, costretto a "navigare su fragili vascelli" contro corrente subendo ogni giorno l’opposizione e gli attacchi delle lobby economico politiche che hanno avvelenato l’ambiente, l’economia e le Istituzioni Italiane.
Ma oggi l’Italia che si permette di fare a meno dei Verdi in Parlamento è una Italia che, sotto molti punti di vista, abbiamo cambiata in meglio.
Abbiamo realizzato un Conto Energia che funziona e che ha fatto esplodere in Italia il mercato del solare.
Molti diritti degli animali sono stati riconosciuti, è aumentata la superficie boschiva, la raccolta differenziata, molte specie di uccelli sono tornati a nidificare, sono stati isolate, scoperte e messe al bando innumerevoli sostanze cancerogene, si sono svelati e in parte mitigati gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico, siamo il paese con la più importante e diffusa agricoltura biologica al mondo.
Siamo ad oggi ogm e nuclear free.
La giusta enfasi che abbiamo messo sulla urgenza di agire sui cambiamenti climatici e la gravità del problema da noi indomabile nel breve periodo a causa dell’apparire sulla scena delle economie asiatiche non ci può far dimenticare quanto di buono e di concreto abbiamo fatto.
Le prospettive, i contenuti
Dovremo in prospettiva fare delle scelte, stare da protagonisti all’interno del riassetto che il quadro politico italiano subisce in questa fase e subirà nei prossimi anni.
Ma la fretta è cattiva consigliera: ricostruiamo la nostra identità, riprendiamo, nei territori, i rapporti e le alleanze più funzionali ai nostri contenuti, e a livello nazionale avviamo un percorso di riflessione, rimettendo le scelte sui nostri assetti di alleanza sui livelli più alti, a percorsi collegiali e largamente condivisi, all’interno dei nuovi organismi confederali.
Centrali e irrinunciabili dovranno però essere i nostri contenuti.
La svolta economica delle energie rinnovabili, dell’economia del risparmio energetico e della ricchezza diffusa, di un’economia libera ma sociale, che avversa ogni monopolio.
La pace, l’inclusione sociale e tra i popoli, la difesa della biodiversità e dei diritti degli altri animali, la laicità.
E soprattutto l’attitudine mentale di una sinistra riformista che indica le soluzioni e non denuncia solamente i problemi.
Un’ottica di governo, che non sia governista, ma basata su una radicalità assoluta che scaturisce dalla convinzione, scientifica, culturale, di avere davvero le giuste chiavi di lettura, oggi, in mano, e che quindi rifiuta il minoritarismo, la protesta come stile, ma bensì vuole, anela, scalpita, per tradursi in pratica di governo, al servizio del bene comune, ma che sa rinunciare al governo stesso, quando esso non fornisce le condizioni per applicare tali soluzioni, ma diventa puro esercizio del potere, e ricerca del personale privilegio.