TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

giovedì 19 giugno 2008

La strage degli incoscienti

Dati impressionanti. Percentuali da capogiro. Strage degli innocenti...
Sono le sintetiche descrizioni dell'enorme fenomeno delle bocciature scolastiche.
Fra rimandati e bocciati, sia i risultati nazionali che quelli locali si assestano su un dato vicino al 50% degli studenti delle scuole superiori.
Questo fatto è gravissimo.
Questo fatto, anche se qualcuno può pensare il contrario, dimostra che la scuola non funziona.
Dimostra che i professori non hanno lavorato bene.
Dimostra che ciò che la scuola deve produrre, cioè conoscenza e consapevolezza, non è arrivato.
Evidentemente se un istituto tecnico come il Datini, giunge a constatare l'inadeguatezza della metà dei suoi studenti, vuol dire che è una scuola che non funziona.
Infatti non prepara bene i ragazzi, poi se ne rende conto e, infine, li boccia. Per completare il quadro, si presenta all'opinione pubblica come se avesse fatto il suo dovere e volesse anche i complimenti per la severità e la serietà.
Ma questo grave fraintendimento delle funzioni della scuola è piuttosto accettato socialmente.
Se un fruttivendolo fa marcire le verdure nelle casse, se un allenatore prepara atleti che hanno scarsi risultati, se un falegname costruisce tavoli asimmetrici, il giudizio del pubblico è immediatamente negativo.
Se un docente boccia molti studenti, può addirittura essere considerato più bravo degli altri che respingono un minor numero di alunni.
Qual è l'equivoco di fondo che permette a questo orribile costume sociale di perpetuarsi e di essere accettato? Come si può ritenere giusto che gli insegnanti di ruolo facciano lezioni private, anche durante l'anno, e anche ad alunni della loro stessa scuola, realizzando un perfetto conflitto di interessi e guadagnando dalla loro stessa incapacità?
L'equivoco è profondo e si basa innanzi tutto sull'egoismo degli adulti che quando pensano ai loro figli, il più delle volte si accontentano che passino esperienze simile ai loro trascorsi giovanili: io sono sopravvissuto, ce la farà anche lui. La vita è così.
Intanto il professore, dall'alto delle sue diciotto ore di lavoro, si dimentica che lui è lì per insegnare, prima di valutare; è lì per spiegare prima che per interrogare. Ha il compito di attrarre interesse, di stimolare la concentrazione, di pretendere attenzione, prima di giudicare.
Ha il dovere di creare consapevolezza e non di punire l'incoscienza.
Se non sa fare queste cose ha sbagliato lavoro e se anche si nasconde dietro alle bocciature per sembrare più serio e severo, ha fallito.

Per MV,
Riccardo Buonaiuti

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Egregio signor Buonaiuti ma lei è proprio sicuro che si tratti di "strage degli innocenti" e non di strage degli "strafottenti"?
E poi mi lasci dire...passi la metafora del fruttivendolo...ma quella del falegname non regge proprio. Non si può paragonare un ragazzo a un tavolo: quest'ultimo non oppone resistenza , non si lamenta, porta rispetto agli strumenti e alle forme scelte dal falegname come le migliori per lui.
Invece la gran parte dei ragazzi di oggi si comporta all'inverso del tavolo talvolta mettendo scompiglio
anche al prof. più "navigato" e motivato.
Qui non si parla di bambini di sei anni o poco più, ma di ragazzi abbastanza grandi per capire che l'adulto dietro la cattedra non è un nemico nè un "compagno di merende".
La funzione educativa dei docenti va coltivata e promossa dai docenti stessi e soprattutto va rispettata dai genitori, che tendono troppe volte a giustificare, spesso inopportunamente, i propri figli (arrivando addirittura a mettere le mani addosso al prof. che ha osato mettere un brutto voto, come è capitato).
Rigirando la frittata, dal punto di vista dei ragazzi che si impegnano , direi che è mortificante trovarsi in pagella un sei al pari di chi per tutto l'anno ha riscaldato il banco.
Come lei ben sa, le ricordo che l'obbligo formativo dura fino ai 16 anni pertanto se gli "innocenti" non sanno adempiere al loro lavoro possono scegliere di fare i falegnami o i fruttivendoli di cui sopra...sperando che i primi non costruiscano tavoli sghembi e i secondi non facciano marcire la frutta!

monica ha detto...

non sono molto d'accordo con quello che tu scrivi, perchè credo che quello che tu descrivi è solo una parte del problema. Io penso che per cambiare lo stato attuale delle cose tutti noi si debba modificare i nostri atteggiamenti e pensieri. ebbene, io sono madre di due ragazzi che hanno frequentato rispettivamente la 2 media e la 2 liceo scientifico. quello di cui mi lamento io, non è la troppa severità della scuola, ma il troppo lassismo. a 13 o 16 anni la priorità di un ragazzo nella maggior parte dei casi non è andare bene a scuola, allora chi deve dare e pretendere che questa diventi, se non la priorità una delle priorità? credo che si sia in primis noi genitori aiutati dalla scuola. Non dobbiamo dimenticare che la scuola è fatta da lavoratori, che più o meno motivati, più o meno soddisfatti, più o meno coscienziosi, vivono il rapporto con i ragazzi sotto una sfera che è lavorativa - non si può chiedere agli insegnanti di essere psicologi e confessori per i nostri ragazzi, anche se gli insegnanti che ho trovato sulla mia strada hanno sempre svolto il proprio ruolo andando oltre a quello che a mio avviso gli dovrebbe essere chiesto. Ho sempre trovato professori che andando ben oltre i loro doveri hanno anche avuto la capacità di accogliere e sviluppare le diverse sensibilità dei ragazzi delle loro classi.
quello che io mi chiedo è, ma ci rendiamo conto di come sono oggi i ragazzi che frequentano la scuola superiore e di come escono dalle elementari e dalle medie. Non sto parlando delle loro competenze, ma della consapevolezza che ciascuno di loro ha (assieme ai genitori) che in ogni modo il foglietto di carta alla fine arriva). Ci sono ragazzi che scelgono alcune scuole (tipo il datini o il marconi) perchè si pensa che lì tanto non viene chiesto niente, ed invece non è vero perchè lì dirigenti scolastici coscienziosi vorrebbero offrire un vero futuro ai propri alunni e non solo un pezzo di carta.
Ci sono ragazzi che fanno assenze prolungate o tattiche, che dedicano allo studio 10 minuti al giorno quando va bene. Allora, mi chiedo, questi ragazzi meritano la scuola? sì, che la meritano; ma devono capire che per averla la si deve appunto meritare.
Dico questo perchè nella maggior parte dei casi, se si va ad analizzare le situazioni si scoprirà che la maggior parte dei bocciati non è costitutita da ragazzi con difficoltà oggettive, ma da coloro che proprio non ne vogliono sapere di impegnarsi.
Dirò di più, la schiera di quelli passati è anche ben nutrita da gente che nel primo quadrimestre si guadagna un pagellino ed una pagella con più insufficienze che sufficienze, e che poi studiando un pò nel secondo quadrimestre passa senza debiti. (ne ho un esempio in casa).
questa non è la scuola che voglio, ma non perchè boccia o promuove troppo. Non è la scuola che voglio perchè desidererei una scuola che significasse opportunità per il nostro futuro e non solo un parcheggio ed un obbligo.
Io credo che ragazzi ed adulti (genitori, insegnanti o altro) dobbiamo imparare nuovamente a considerare la scuola come un luogo dove le possibilità si spendano nella più assoluta uguaglianza. Mi piace far notare che ci sono ancora persone che intendono la scuola come luogo di cultura e di arricchimento, non a caso alcuni dei migliori studenti del liceo copernico di Prato sono figli di extracomunitari che sanno che la scuola non è un obbligo ma una opporunità e così la vivano. Dando ai 'pensa-nulla-facenti' il diritto di occupare i banchi di scuola essendo poi premiati alla fine dell'anno con un passaggio alla classe successiva senza valutare i meriti ed i demeriti; si toglie a coloro che vorrebbero studiare ed imparare, la possibilità di farlo nella miglior maniera possibile, perchè i professori spesso troppo impegnati a fare i guardiani non hanno più la possibilità (alcuni forse lo hanno anche dimenticato o non lo hanno mai saputo fare) di svolgere il proprio ruolo che è quello di insegnare.
come dici tu, la scuola dovrebbe insegnare non controllare. chiediti però questo, quanti ragazzi oggi studierebbero se non convinti di avere domani un compito od una interrogazione? la situazione è ben più complessa di quello che può sembrare.

Monica Vannacci