E la cosa ci fa ancora più rabbia, se si pensa che - magari con progetti meno faraonici, Fuksas incluso, di recupero dell'esistente (incluso lo splendido giardino alberato, uno dei pochi a questo punto così "incastrato" nella città urbanizzata) - poteva essere già restituito alla fruizione civica, senza stadi o ping pong, un manufatto di grande interesse architettonico e di archeologia industriale.
Ribadiamo, non è questione di fare o non fare, è sempre questione di fare bene o fare male!
MV
da la Nazione del 23/04/09
L’ex fabbrica Banci? Una giungla in mezzo alla città
E’ una discarica dove è facile entrare. E in terra c’è di tutto
PECCATO NON averci pensato prima, perché l’area ex Banci sarebbe stata perfetta per le riprese del film «Io sono leggenda». Già, come giungla urbana adesso ha poche rivali e riesce a dare esattamente quell’idea di decadenza che è uno dei punti forti del film con Will Smith in versione unico sopravvissuto ad una terribile epidemia. In effetti, affacciandosi dall’esterno, nessuno si sorprenderebbe di veder spuntare fra i vari corpi di fabbrica una macchina sportiva con dentro un cane e un uomo armato di fucile che inseguono una gazzella sull’asfalto, proprio come succedeva nella scena iniziale del film. Qualsiasi stranezza sarebbe meglio di quello che c’è.
E COSA c’è adesso all’ex Banci? C’è un relitto ben poco glorioso declassato a discarica in mezzo ad un parco, un’impronta cancellata da un presente di ruggine e vecchi lampioni stradali abbandonati, più una ferita che non una speranza, anche se c’è un piano faraonico per trasformare tutta la zona nel polo fieristico pratese. Girando intorno ai sei corpi di fabbrica che ancora sono in piedi per ora si può provare soltanto tanta tristezza e un pizzico di rabbia quando, arrivando sul lato più vicino a Pratilia, si scorge un pezzo di rete metallica tirato su per aprire il passaggio. Sotto il muretto c’è anche un sasso messo lì apposta per fare da gradino, così da poter consentire a chiunque ne abbia voglia di scavalcare più facilmente la recinzione.
GETTANDO lo sguardo al di là del muro si scopre che in mezzo alle frasche è meglio non aspettarsi di vedere cacciatori metropolitani, ma solo drogati che hanno disseminato ovunque le siringhe, disperati che si sono preparati un letto come meglio potevano e chissà chi altri ancora. Di chi è il giubbotto blu consunto appoggiato sotto l’albero vicino al muro? Di chi è la ruota di bicicletta che spunta fra i cespugli? Di chi è la batteria per auto lasciata nel vialetto? E tutta quella spazzatura? E ancora le lattine, gli Estathè, le bottiglie di birra che fanno quasi da mattonelle, le cartacce che non si contano? E’ impossibile aver ammassato una tale quantità di rifiuti in poche notti: lo stato di abbandono in cui si trova l’Ex Banci è il frutto di anni e anni di incuria.
SE DENTRO C’È la desolazione, fuori c’è il disinteresse. Da quanto tempo sono ammassati davanti al cancello d’entrata quei mobili distrutti? E quei calcinacci che complicano la vita persino a chi vuole correre nel parco? L’idea è proprio quella di una discarica che più in vista di così non si può, dal momento che l’ingresso della vecchia fabbrica si vede facilmente anche dalla declassata, proprio come i rifiuti. Il fatto che nessuno in tutti questi mesi si sia curato di ripulire l’area la dice lunga sull’interesse che attualmente circonda l’ex Banci: d’accordo che tutti ormai sono proiettati sul futuro, ma siamo proprio sicuri che non ci sia un modo migliore per dare più dignità anche al presente?
CAMMINANDO lungo il perimetro la sporcizia sembra riprodursi e non mancano i buchi nella ringhiera di recinzione, un invito chiaro per chi volesse addentrarsi nel mondo di nessuno. Gli edifici industriali sono ormai stati completamente conquistati dalla vegetazione, eppure vent’anni fa, non certo un secolo, l’ex Banci era ancora in grado di ospitare la fiera del meccanotessile. Adesso può solo dare asilo a uccelli, insetti, sbandati e piante. Se l’idea del Comune è quella di creare un grande parco urbano sulla declassata, un pezzo c’è già. Ma somiglia di più ad una foresta desolata.
Leonardo Biagiotti
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