Partecipare significa “ prendere parte, fare parte”.
Non è invece partecipazione se ti danno un disegno finito e poi ti dicono che, se vuoi, puoi colorare il cielo o gli alberini.
“Come lo facciamo il cielo? Azzurro? Ci mettiamo qualche nuvoletta?”
Neanche i bambini ci cascano.
La partecipazione non può prescindere dall'informazione che, pur essendo un sacrosanto diritto di tutti, non esaurisce il concetto ma apre le fasi di condivisione delle scelte. L'informazione intesa come pubblicità, è invece una nemica della partecipazione ed è caratteristica dei sistemi politici eterodiretti dai gruppi economici. Basta pensare al caso piazza Mercatale.
La maggioranza dei politici, anche a livello locale, non credono che nella democrazia parlamentare si debba aprire un confronto progettuale con la gente, o con gli elettori, che dir si voglia. Pensano che la loro delega sia sufficiente e di avere il potere di procedere tranquilli fino alla scadenza del mandato o ad una eventuale crisi interna al palazzo.
Non conoscono gli strumenti legislativi in vigore, che come invece sanno molti dei nostri lettori, sono già orientati a valorizzare la partecipazione del cittadino a livello locale allorquando siano in discussione le sorti dei Beni Comuni.
L’architetto Fanfani, in una serata organizzata dal Gruppo 38-1, dipanò una vasta fenomenologia del “condividere progetti”. Esperienze di altri paesi europei sono lì a portata di mano. Nessuno deve aver preso appunti.
I nostri amministratori non hanno immaginazione; tanto meno l’immaginazione colta che serve ad impostare un rapporto di leadership e di conduzione condivisa dei programmi. Quella in cui il leader è colui che apre scenari, analizza possibilità, si misura con gli altri e solo dopo chiede consenso consapevole. Poi agisce.
Prendiamo la grande questione urbanistica di Prato. Il Piano strutturale e le varianti urbanistiche anticipatorie.
Prima negazione macroscopica della partecipazione è stato proprio far precedere al piano generale una gigantesca e pesantissima “variante” attorno al viale Leonardo da Vinci e inglobante una serie di interventi che condizioneranno in modo irreversibile tutto quello che verrà dopo e in tutte le zone della città. Quello che accadrà attorno alla declassata è destinato a diventare l’ossatura dello sviluppo urbanistico di Prato.
Seconda negazione altrettanto macroscopica è che si costruisce un piano di sviluppo urbanistico mettendo insieme interventi di gruppi privati e adattandogli intorno il resto. La supremazia viene data agli interessi, quasi sempre legittimi, dei proprietari dei terreni, dei consorzi edili e delle imprese della grande distribuzione commerciale e dei “divertimentifici”. Sono loro che decidono come far cambiare la città. Vedi Multisala di Capezzana.
L’assessorato all’urbanistica, gestito come un’organizzazione di categoria, serve ad armonizzare l’ordine di beccata e ad equilibrare i vantaggi economici fra i vari gruppi.
Ad esempio, sembra non infastidire nessuno che un dirigente del PD possa essere anche progettista in uno degli interventi più importanti sull’asse declassata e consigliere di amministrazione di Consiag, la partecipata proprietaria dell’ex fabbrica Banci, enorme edificio di grande rilievo architettonico e di valore archeologico, sul quale si intende impiantare un non meglio identificato polo espositivo.
A Prato non si pratica la partecipazione, almeno come la intendiamo noi.
La città la fanno gli ingegneri. E la raccontano ad altri ingegneri, a qualche geometra del comune e al presidente dell'ACI.
Niente discussioni nelle organizzazioni sindacali,
niente indicazione dagli operatori sociali, dagli addetti alla sicurezza,
dagli artisti e dagli intellettuali,
dalle associazioni di categoria, come quella del piccolo commercio,
dai comitati civici,
dalle associazioni ambientaliste,
dal mondo della scuola.
Si va avanti senza riferirsi alle politiche giovanili,
alle comunità straniere,
alle esigenze di donne e soggetti deboli…
R.B.
per Municipio Verde
1 commento:
Grazie di cuore, per questa profonda e saggia riflessione sulla partecipazione. Cominciavo a temere di vivere in una città di veri fantasmi. Ed invece c'è ancora qualcuno capace di cogliere il tremendo pericolo per la nostra democrazia che è dato dalla assoluta mancanza di considerazione del cittadino comune da parte di questa classe politica. Quel cittadino che tra breve sarà invece al centro di tutte le attenzioni dei nostri governanti in vista delle prossime elezioni amministrative.
Grazie ancora di ricordare a questa città che gli affari si fanno così alle spalle dei cittadini con il consenso dei politici ed i denari dei poteri forti. Ma, ricordiamolo, la città non è loro, è di tutti noi che la abitiamo, che le diamo vita con il nostro lavoro e le nostre relazioni. Spero che questo intervento faccia riflettere molte persone e le spinga verso una partecipazione più attiva. Grazie ancora. Paolo A.
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