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La mer, la fin...

lunedì 22 dicembre 2008

Prato. Economia: i lanifici squali

Ma i nomi, di questi lanifici, prima o poi qualcuno li farà, o rimarremo sempre sul vago???
MV

da il Tirreno del 21/12/08
I lanifici-squali si mangiano i terzisti

Grido di dolore dell’imprenditore Pagliai: «Siamo rimasti in pochi»
Il filatore non risparmia neppure l’Unione industriale di cui è stato vice presidente: «Solo discorsi»
PRATO. Molti lanifici del distretto si stanno comportando come un branco di squali che mangiano tutti i pesci che hanno intorno. E una volta finito tutto, quando tornerà la fame e non avranno più niente da mangiare saranno costretti, per sopravvivere a mangiarsi tra loro. Guido Pagliai, ex vicepresidente degli industriali e membro della sezione filatori, usa l’immagine dei pesci-terzisti e degli squali che non pensano al futuro per denunciare la deriva nei comportamenti degli operatori del tessile. E parlando delle condizioni della filiera picchia duro denunciando il comportamento delle istituzioni ma anche quello della sua associazione.
Qual è oggi lo stato di salute della filiera?
«La filiera nei primi mesi del 2009 sarà il 25% in meno rispetto al 2001. Rimarranno solo quelle aziende terziste partecipate da produttori di filati e lanifici che in questo periodo hanno cercato di non strozzarle con tariffe eccessivamente basse. Pochissimi mesi e quelle, tante, piccole aziende che sono l’humus di Prato saranno sparite con ulteriori gravi conseguenze per il distretto».
Cosa accadrà esattamente?
«Ci sarà un ritorno alla verticalizzazione delle aziende. Sopravviveranno solo quelle realtà, anche nella committenza, ben strutturate con compartecipazioni nelle aziende contoterzi. So che dico una cosa contraria al pensiero comune a Prato, oggi si parla solo di razionalizzazione e taglio delle produzioni più costose, ma in futuro quando tornerà un po’ di lavoro - e non penso agli ordini di una volta - nel distretto non saremo in grado di rispondere alle esigenze dei clienti. Sarà sufficiente rivedere qualche ordine per capire che la capacità produttiva si è ridotta troppo, praticamente al lumicino. Le filature contoterzi per esempio a primavera del 2009 non credo saranno più di una ventina. Poche, troppo poche».
Cosa ha portato a questa situazione?
«Tanti fattori hanno influito. Quelli che stanno dicendo un po’ tutti e non sto a ripeterli. Ma anche il fatto che al di fuori di tanti discorsi non è stato fatto niente per salvare i terzisti. Niente hanno fatto le istituzioni, niente l’Unione industriale».
Ma che avrebbero potuto far mai...
«La Camera di commercio al tempo di Rinfreschi, ad esempio, stilò un elenco dei costi che ogni azienda contoterzi sosteneva per le proprie lavorazioni. Si doveva cercare di seguire quella via e non far scendere le tariffe al di sotto di quei costi invece i committenti hanno continuato a cercare non i terzisti migliori ma quelli che facevano il miglior prezzo. E’ accaduto sotto gli occhi di tutti. Alcuni sono arrivati a lavorare a tariffe che chiaramente fanno comprendere come dietro non ci possa essere il rispetto delle regole. Si poteva intervenire su questo e non è stato fatto. Mi domando: quanti contributi queste aziende riescono a pagare? Ha ragione l’imprenditore Cecchi della Santo Stefano quando dice che chi si avvale di tariffe troppo basse dovrebbe essere responsabile in solido».
Ci sono ancora i tempi per fare qualcosa?
«Purtroppo per la massa no. Ormai la malattia per la maggioranza dei terzisti è arrivata allo stadio terminale: troppe le difficoltà economiche. E poi c’è la mancanza di investimenti fatti negli ultimi anni e anche l’assenza di una manutenzione vera ai macchinari. Veniamo da uno sfruttamento durato troppo tempo».
Il presidente della sezione produttori di tessuti ha però mandato una lettera ai colleghi invogliandoli a investire, a credere nel distretto. Cosa ne pensa?
«Ha perfettamente ragione Ciardi. Condivido quello che scrive ma le lettere non danno nessun frutto. Le intenzioni sono buone ma è un po’ come dire “io comunque ho fatto qualcosa”. All’atto pratico poi ci sono le proposte di lavoro che arrivano dai committenti. A me hanno fatto proposte anche per lavorare al 40 per cento in meno rispetto ai costi che sostengo per fare gli articoli richiesti. Se per fare un chilo di filato si spende 1,80 euro come si fa a farselo pagare 1,20 euro? Non si rispettano le regole. Non c’è altra spiegazione».
Mi sembra che imputi molte responsabilità ai committenti?
«Sì e anche all’Unione industriale che non è riuscita a far rispettare le regole».
L’Unione rappresenta committenti e terzisti. Deve trovare sempre un equilibrio tra le posizioni dei propri associati. Forse avevate bisogno, come terzisti, di una vostra rappresentanza indipendente. Questo vi ha penalizzati?
«E’ senz’altro mancata una rappresentanza unitaria e con un unico intendimento. E poi i contoterzisti pratesi sono bravi a fare il loro lavoro ma lo sono meno a fare gli imprenditori: hanno sempre avuto poca forza nella contrattazione. Devo dire anche per le ridotte dimensioni aziendali. I committenti hanno avuto campo facile. Complice il mercato in crisi si sono mangiati i terzisti piano piano. Proprio come un branco di squali. Presto però con la capacità produttiva così ridotta ne vedremo di terribili: si mangeranno tra loro. Con la ripresa degli ordini, e non servirà il superlavoro, i telai non basteranno per tutti...».
Ilenia Real

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