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da il Tirreno del 26/11/08
Acerbi: i cinesi ce li ha mandati Pechino
PRATO. Nessuno ci aveva ancora pensato, ma tutte le ipotesi sulla presenza dei cinesi a Prato meritano una riflessione. Come quella, singolare, esposta da Stefano Acerbi al convegno di lunedì su Identità e multiculturalità organizzato dagli artigiani a Palazzo Novellucci. «Sono convinto - ha detto Acerbi - che la presenza dei cinesi (a Prato, ndr) non sia dettata dal caso, ma sia in realtà frutto di una precisa pianificazione dei “piani alti” della Cina per attuare una sorta di “colonizzazione” economica in zone strategiche del mondo». Insomma, secondo Acerbi a Pechino avrebbero deciso di mandare a Prato un po’ di cinesi per costituire una testa di ponte. Vallo a spiegare a tutti quei cinesi che hanno speso i risparmi di una vita per arrivare da clandestini. Sapendolo, avrebbero forse risparmiato un po’ di soldi.
Di cinesi ha parlato anche l’assessore comunale alla Multiculturalità, Andrea Frattani, per il quale «i cinesi a Prato nono sono un distretto parallelo, ma un segmento di un distretto globale cinese in Europa per collocare merci e prodotti provenienti dal loro paese di origine in modo altrimenti impossibile». E’ la tesi della piattaforma logistica che serve per invadere il mercato europeo.
Prato: la città italiana col maggior numero di gruppi etnici
La Costituzione italiana, in particolare l’articolo 2, è stato preso invece da modello dal Prefetto, Eleonora Maffei, ribadendo l’importanza di garantire i diritti fondamentali e la dignità della persona, legandoli tuttavia strettamente alla reciprocità e all’assunzione anche dei doveri corrispondenti. “Solo così – ha detto il Prefetto – si può realmente realizzare una società che cresce insieme e cerca il benessere comune”.
Uno spaccato dell’imprenditoria straniera nella Provincia è stato illustrato dal presidente di Confartigianato Imprese Prato, Stefano Acerbi, sulla base dei dati relativi agli iscritti all’associazione. Di questi, gli stranieri rappresentano il 6% del totale, per il 78% uomini e il 22% donne. Le etnie più rappresentative sono essenzialmente tre: gli albanesi (27% del totale), cinesi (16%) e rumeni (10%). Albanesi e rumeni sono concentrati soprattutto nell’edilizia mentre i cinesi sono attivi tradizionalmente nelle confezioni. C’è poi un corposo 21% del campione che si dedica alle attività più svariate: tra queste l’acconciatura (4%).
“I dati – ha detto Acerbi – sono influenzati anche da dinamiche non economiche: se uno straniero perde il lavoro, per rimanere in regola, prende la partita Iva e si costituisce azienda individuale. Pratica molto utilizzata nell’edilizia dove in realtà le ditte individuali sono spesso lavoratori che l’azienda appaltatrice evita di assumere in proprio”.
Acerbi ha quindi avanzato un’ipotesi sulla presenza dei cinesi nel nostro territorio. “Sono convinto – ha detto – che la loro presenza non sia dettata dal caso, ma sia in realtà frutto di una precisa pianificazione dei “piani alti” della Cina per attuare una sorta di “colonizzazione” economica in zone strategiche del mondo”.
Un’ipotesi per certi versi condivisa dall’assessore comunale alla multiculturalità, Andrea Frattani, per il quale “i cinesi a Prato non sono un distretto parallelo, ma un segmento di un distretto globale cinese in Europa per collocare merci e prodotti provenienti dal paese d’origine in modo altrimenti impossibile”.
Particolarmente interessanti i dati del XVIIII dossier Caritas/Migrantes, illustrati da Andrea Valzania, ricercatore dell’Università di Firenze, con un focus sulla realtà pratese. A Prato la popolazione straniera residente è il 14,20% sul totale, più del doppio del dato nazionale (6,4%). I cinesi rappresentano il 40,6%, per un totale di 11370 individui (dato 2007), ma Prato risulta anche la città con il maggior numero di gruppi etnici: ben 116.
A livello di imprese, quelle straniere sono aumentate a fronte della diminuzione di quelle italiane: la Camera di commercio pratese, le imprese straniere hanno ormai superato il 30% del totale. Particolarmente significativi i dati relativi al denaro inviato dagli immigrati ai loro paesi di origine. Nel 2007, dalla Toscana, sono partiti 867,8 milioni di euro, a Prato le rimesse, nell’ultimo anno, sono quintuplicate e di queste il 65% è indirizzato verso la Cina. “Con la rimessa di un solo anno verso la Cina – ha commentato Frattani – si possono fare dieci bilanci comunali”.
Valzania ha concluso l’intervento ponendo l’interrogativo di quali saranno gli effetti della crisi economica sul fenomeno.
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