Tra i punti chiave dell’articolato, il blocco del turn-over per gli atenei in rosso e le norme ‘anti-baroni’ introdotte in sede di esame in commissione, secondo cui per accedere agli scatti di carriera, gli aumenti di stipendio e i fondi sarà necessario dimostrare di aver svolto attività di ricerca. Tra le nuove norme, anche la ‘chiamata diretta’ degli studiosi italiani (e non solo) all’estero.
LA PROTESTA DELL'UDC
L’Udc non parteciperà “in segno di protesta” al voto sul decreto università. Lo fa sapere Gianpiero D’Alia: “Il dl affronta solo piccoli aspetti del problema, in tempi ridotti e senza una proposta organica né un confronto con il Parlamento e con i soggetti coinvolti”.
”Non si è voluto - spiega D’Alia - affrontare il nodo cruciale della riduzione degli atenei, cosi come proposto dall’Udc, né il tema degli incentivi per le università che collaborano con il sistema produttivo facendo ricerca applicata. Non sono stati aumentati i trasferimenti di risorse agli istituti più virtuosi, mentre la soluzione scelta per la formazione delle commissioni di concorso non risolve il problema delle consorterie”.
”Si è tentato senza successo - è l'accusa - di introdurre furbescamente emendamenti a tutela dei ‘baroni parlamentari’, che, pur non facendo un giorno di università, avevano la pretesa di farsi eleggere nelle commissioni di concorso. Commissioni nelle quali, lo prevede un emendamento, resterà qualche inossidabile nonno-barone di 72 anni, per continuare a perpetrare vecchi vizi. Dopo la riforma della scuola, Governo e maggioranza - conclude D’Alia - continuano a fare demagogia e a gettare fumo negli occhi agli italiani. Per questi motivi non partecipiamo al voto sul decreto”.
PD: IMPIANTO INACCETTABILE
“Nonostante il Pd al Senato abbia condiviso alcuni emendamenti al decreto Gelmini, il suo impianto resta inaccettabile. Quindi manteniamo la nostra posizione e non lo voteremo”, dice Goffredo Bettini, coordinatore del Pd, ospite di “Mattino Cinque” su Canale 5.
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