Ci piacerebbe approfondire, e passare dai numeri alla comprensione dei fenomeni. Giusto un esempio: per chi lavorano le tante imprese edili?
MV
da La Nazione del 25/11/2008
«Gli stranieri fanno i lavori lasciati vacanti dai pratesi»
I risultati del dossier Caritas 2008: «Manca coesione sociale
di MARIA LARDARA
CHI L’HA DETTO che gli stranieri “rubano” il lavoro ai pratesi? A sgombrare il campo da uno degli stereotipi più radicati nell’opinione collettiva è l’indagine presentata dal ricercatore Andrea Valzania nell’ambito del convegno promosso da Confartigianato Prato in collaborazione con la Caritas, dal titolo “Identità e multiculturalità”.
Secondo lo studioso, che ieri pomeriggio ha illustrato il dossier immigrazione di Caritas/Migrantes 2008 a palazzo Novellucci, “per anni i lavoratori immigrati non hanno fatto concorrenza sul territorio, ma sono andati a sostituirsi nelle qualifiche lasciate vacanti dai pratesi, come avveniva per i pakistani impiegati nella lavorazione della ciniglia”. Semmai uno scenario preoccupante è quello si è aperto negli ultimi due anni con l’acuirsi della crisi economica. “Sta venendo sempre meno il lavoro come collante sociale — ha rilevato Valzania — le difficoltà dell’integrazione economica anche per gli immigrati e l’emergere di nuove identità culturali fanno allontanare adesso la prospettiva di un’integrazione sociale”.
Il ricercatore ha snocciolato un dato che sottolinea la ben nota vocazione multiculturale della realtà pratese, il cui tasso di incidenza di popolazione straniera è pari al 14,2%, ovvero il doppio rispetto alla media nazionale. “C’è il rischio — ha denunciato lo studioso — che l’immigrato non inserito nel mercato del lavoro rimanga avulso dal contesto delle relazioni sociali con tutte le conseguenze che si possono immaginare: per questo è urgente la definizione di un patto di condivisione sociale a livello locale e l’avvio a livello nazionale di una riforma della cittadinanza”.
Diverso è il ragionamento riguardante l’imprenditoria straniera, che prosegue nella sua marcia galoppante anche nell’anno in corso tanto da rappresentare il 30% delle aziende iscritte alla Camera di commercio. Una vitalità, quella del tessuto imprenditoriale straniero, che risulta anche dall’osservatorio di Confartigianato: sul totale delle aziende artigiane iscritte, il 6% è costituito da stranieri (il 78% è composto da uomini e il 22% da donne), con la maglia del primato che spetta alle imprese albanesi (il 27% del totale), seguite da cinesi (16%) e rumeni (10%). I comparti più sviluppati sono quelli dell’edilizia e delle confezioni, mentre c’è una voce che sfugge alle tipologie di settore più tradizionali, e che fa rilevare un elemento di criticità al presidente di Confartigianato Prato Stefano Acerbi.
“Il fatto che il 21% delle nostre imprese straniere iscritte rientri nella voce ‘altro’ sta a indicare un possibile elemento di criticità, ovvero la necessità per un immigrato di regolarizzare la sua posizione sul permesso di soggiorno scaduto tanto da indurlo ad aprire la partita iva. Un fenomeno che riguarda soprattutto l’edilizia”.
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