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MV
da il Tirreno del 05/12/08
Abati si candida alla poltrona di sindaco
«La mia promessa: ripartire con le istituzioni motore e regia»
Presentazione ufficiale al bar Maddalena In sala anche Benigni e Del Vecchio. Messaggi positivi e mano tesa agli eventuali sfidanti
PRATO. “Ripartire” è la parola chiave. Ripartire dal centro storico e dal suo significato simbolico, dalla voglia di innovazione e dalla creatività dei pratesi. Ripartire dal ruolo delle istituzioni, che devono essere il punto di riferimento di una città e dai valori del Partito democratico: «Apertura, confronto di idee anche se diverse, rinnovamento del modo di fare politica». Si intrecciano tre piani differenti nel primo discorso pubblico del candidato sindaco Paolo Abati che fino alla prova della primarie resterà presidente del Consiag.
Abati sceglie il bar Maddalena: «Un pezzo della storia di questa città», per comunicare ufficialmente che le riserve sono cosa del passato, che correrà per la poltrona di piazza del Comune «non per mettermi a disposizione - dice - frase un po’ troppo usurata, ma per senso di responsabilità, per accettare una sfida e provare, se si riesce, a fare le cose che vogliamo». Saletta piena di supporter: Adriano Benigni, Gianni Del Vecchio, i presidenti di circoscrizione Rosita Mattei e Giovanni Mosca, il consigliere comunale Esposito, buona parte della giovane segreteria, ma non Bendetta Squittieri che ha preferito una liena “politicamente corretta” nei confronti degli altri candidati, il presidente di Interporto Antonio Napolitano, solo per citare i più noti. Look super-so brio del candidato (unica concessione l’orecchino). Tutti zitti ad ascoltare perchè il “battesimo” è un momento delicato e perchè Abati mostra una simpatica spontaneità quando si commuove riferendosi a sua moglie Irene Gorelli - presente in sala, ovviamente -, l’analisi politica quando fa riferimenti “alti” a Berlinguer e Moro - per «par condicio», scherza - riferendosi al rigore e al rispetto delle regole e l’impegno istituzionale quando traccia le priorità: crisi economica e sviluppo, infrastrutture (polo espositivo e metropolitana di superficie tra Prato e Firenze), il welfare «che non significa assistenza ma nuove relazioni sociali con politiche di inclusione e regole sulla convivenza civile condivise e rispettate» e una Prato «bella ma dove sia piacevole vivere, nel centro storico come in periferia».
E’ un messaggio positivo quello che Abati vuole consegnare alla città: «So di non essere uno nome nuovo - dice con franchezza - ma anche le persone che fanno politica da tanti anni come me, possono avere idee innovative. Perchè l’esperienza conta e perchè è meglio smetterla con il “nuovismo” e pensare al rinnovamento». Che per Abati significa «pensare non alla città tra cinque anni ma tra venti, come hanno fatto gli amministratori degli anni Settanta e Ottanta e noi viviamo ancora delle loro scelte». Significa «prendere atto che il momento è difficile per la città ma anche iniziare a credere che Prato è meglio di come viene rappresentata: perchè è ingegnosa, perchè dinamica e ha bisogno di un quadro esatto dei problemi che la affliggono». Per tratteggiarli lancia un appello: «Non solo alle forze economiche della città - continua Abati - ma a tutti cittadini, a collaborare per vedere dove il meglio di questa città si annida, per tirarlo fuori e insieme fare uscire le idee, incoraggiandole». Invia un “post-it” al presidente degli industriali Riccardo Marini: «Giuste le richieste, anche accettabili, sbagliato il modo: non è chiedendo agli altri che si risolvono i problemi, ma discutendo insieme e facendo nuove strategie». Le istituzioni «diventeranno il motore e la regia di questo ripartire, il punto di riferimento di tutto ciò che c’è di buono a Prato. Questa è l’idea e questa - ha proseguito - è la promessa che posso fare alla città». Che sindaco sarà lo dice lui stesso quando spiega cosa significa «mettersi a disposizione»: «Avere idee, forza, coerenza, coraggio e voglia di mettere in pratica». E alla «donna che ha perso il lavoro e che vive a Chinatown e che verrà a chiedere aiuto - dice - cercherò di darlo. Certo non potrò garantirle un’altro posto ma una mano, per quel che mi sarà possibile, sì. Perchè sono convinto - continua - che non bisogna mai perdere il contatto con le persone che hanno bisogno». Un passaggio sulla futura giunta: «Obbligherò la mia squadra, fatta di persone capaci, competenti, con voglia di lavorare perchè la fatica sarà grande, a non stare nel chiuso delle loro stanze ma ad andare là dove i problemi ci sono». Mano tesa anche agli eventuali competitor. Primo tra tutti Aldo Milone: «Su legalità e sicurezza non ci siamo mai confrontati. Ma sono certo che una linea comune si possa trovare». E un accenno alle primarie: «Io sono d’accordo a farle. Ma devono essere un’occasione di unità e non di divisione del partito». Il finale, a riflettori spenti: «Davvero ho una paura boia».
Cri.Or.
da la Nazione del 05/12/08
Abati: «Mi candido, lavorerò per una città bella da vivere»
di ANNA BELTRAME
«SE HO DECISO di candidarmi alle primarie è perché credo in una politica fatta di spirito di servizio, di idee, di forza e coerenza nel cercare di metterle in pratica. E’ perché amo la mia città e vorrei che ritrovasse fiducia in se stessa e nelle sue straordinarie energie, vorrei una città più bella e solidale, più rigorosa, più sicura e piacevole da vivere». Ieri mattina a mezzogiorno, da Maddalena, in piazza Sant’Agostino: così Paolo Abati ha ufficializzato la sua candidatura a sindaco, attorniato da un gruppo di sostenitori ed amici. Si è anche commosso, visibilmente, quando ha citato la moglie, l’assessore provinciale Irene Gorelli, sua compagna da più di vent’anni. E ha ricevuto molti applausi, ad esempio da Adriano Benigni, dai giovani della segreteria Pd, da Luisa Stancari, Antonio Napolitano, Gianni Del Vecchio, Giovanni Mosca, Rosita Mattei e tanti altri.
A SOSTENERE Abati ci sono anche i deputati Antonello Giacomelli e Andrea Lulli, l’ex sindaco Fabrizio Mattei, la maggioranza dell’assemblea Pd. «Ho scelto questo locale per presentare la mia candidatura — ha aggiunto —, perché è un luogo simbolo del centro storico. E da qui voglio partire. So di non essere un uomo ‘nuovo’ della politica, ma so anche che le persone con esperienza possono avere idee innovative. Un conto è il ‘nuovismo’, altro è il rinnovamento, che si fonda sulle idee, la capacità di ascolto e di guardare al futuro e non solo all’arco di una legislatura». Abati ha spiegato che lascerà la presidenza del Consiag subito dopo le primarie: «Se le vincerò — ha precisato quasi per scaramanzia —, ma lo farò con dispiacere, perché di questa azienda sono orgoglioso e questa esperienza mi ha dato tanto, mi ha insegnato l’importanza di decidere». E ha anticipato che in giunta vorrebbe anche «competenze specifiche scelte nella società civile», e comunque persone «motivate e pronte a lavorare tanto, perché c’è molto da fare».
HA POI anticipato qualcuna delle sue idee. «Prato vive una crisi inedita e difficile — ha detto —, ma credo che la situazione sia migliore di come viene rappresentata. I problemi ci sono e non vanno banalizzati, ma in città ci sono intelligenze e forze, c’è ancora la voglia di scommettere sul futuro, di ‘stare sul pezzo’. Ecco, credo ci sia bisogno di tirare fuori il meglio da parte di tutti e le istituzioni devono essere da stimolo, in questo. Le primarie possono essere una grande occasione di confronto, se riusciremo finalmente a spostare la discussione dalle vicende interne ai problemi di Prato. Il Pd vive un momento difficile, ma da ogni travaglio nasce una nuova vita e anche dalle lacerazioni talvolta escono le risposte migliori. Lavorerò fino all’ultimo perché questo accada». Abati propone un nuovo «patto» fra le istituzioni e le forze della città: «Dobbiamo aprire una vertenza con lo Stato e la Regione, perché ci sono ritardi insostenibili nelle infrastrutture, a partire dai collegamenti con Firenze». E ha aggiunto: «Potrei essere d’accordo all’80% con le richieste di Marini e degli industriali, ma non è chiedendo tutti qualcosa a qualcun altro che si risolvono i problemi. Dobbiamo lavorare insieme, costruendo un gruppo permanente di confronto con le categorie economiche, in cui dire le cose fino in fondo, e trovare insieme le idee per la Prato del futuro, come accadde negli anni ’70».
IL CANDIDATO Pd ha ribadito la sua convinzione sul progetto ex Banci, ha detto che sui rifiuti non si possono ulteriormente rinviare le decisioni e poi ha parlato del nodo immigrati, il più delicato. «Il rispetto della legalità è fondamentale — ha spiegato —, vanno bene i controlli e la repressione, ma sono indispensabili anche politiche di integrazione, perché il rispetto delle regole presuppone l’educazione alle regole, che si costruisce nelle scuole, ma anche in un nuovo sistema di relazioni fra cittadini vecchi e nuovi». E ha aggiunto: «Rispetto per le regole è anche non lasciare l’auto in seconda fila o gettare le carte in terra e questo vale tanto per i cinesi, quanto per i pratesi. Sì, vorrei una città più rigorosa nei comportamenti di tutti, di quel rigore che Berlinguer e Moro ci hanno insegnato». Gli ex Pci, gli ex Dc e i giovani Pd hanno applaudito.
«OLIVIERO Toscani ha detto che Prato è una brutta città e io non sono d’accordo — è stato il passaggio finale —, Prato è una città bella, che ha saputo conquistare i mercati e costruire esperienze culturali straordinarie. A volte ci dimentichiamo della grandezza della nostra città, della sua capacità di aprirsi al mondo e di essere solidale. Ecco, mi impegnerò perché Prato torni ad essere una città in cui poter vivere bene, della quale tornare ad essere orgogliosi».
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