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Al vescovo di Prato Monsignor Simoni oltre che porgere il ringraziamento per aver ricordato a tutti di attivarsi concretamente per mettere con urgenza un freno al “capitalismo selvaggio” ed operare per ridurre i fenomeni di disagio sociale che progressivamente ed inesorabilmente investono anche la nostra provincia, dobbiamo, in tutta coscienza, un segnale del nostro impegno. Anche a Prato, così come peraltro espresso dalle recenti testimonianze sulla realtà degli indigenti fornite dalla S. Vincenzo de’ Paoli, si scorgono disuguaglianze e difficoltà sociali che crescono progressivamente a livelli mai veduti prima. Siamo nel vortice di una crisi di un sistema fondato su un capitalismo finanziario avido e malato. La malattia sociale del nostro tempo è quel senso di insicurezza sociale che diventa sempre più materiale, il prodotto di una società in cui si è cristallizzato il mito del mercato e quindi del consumo, a fronte dello stabilizzarsi del fenomeno della precarietà come la condizione prevalente di un’intera generazione. La crisi ha avuto dei prodromi, non nasce adesso, ma come ha reagito la maggioranza della classe politica? ha accettato che il termine democrazia di mercato venisse interpretato come sinonimo di libero mercato: insomma, privatizzazione delle ricchezze (anche i cosidetti beni comuni) come unica visione del mondo, liberalizzazione dei mercati ad uso di pochi sempre più ricchi, demonizzazione dell’intervento pubblico e sostegno al capitale finanziario spesso con comportamenti totalmente incuranti degli effetti sulla comunità, sui cittadini...sulle famiglie. La malattia è dovuta a molteplici fattori, ma di certo nel mondo del lavoro ha inciso in modo rilevante l’adozione a largo raggio di figure contrattuali che producono fisiologicamente insicurezza sociale: part-time, lavoro a tempo determinato o definito, occasionale, a fattura, intermittente, a chiamata, in affitto. E che dire dei nuovi contratti che reclamano quella flessibilità temporale che impegna il singolo lavoratore a prestare una maggiore quantità di tempo per venire incontro alle esigenze organizzative e produttive dell’impresa.
Se non vogliamo fare solo chiacchiere, anche nelle istituzioni, o affidarsi a scatti di orgoglio, occorre intervenire drasticamente sul livello intollerabilmente basso dei salari di tanti lavoratori.
Il fatto è che sull’emergenza salariale tutti concordano, quanto alle soluzioni, invece si resta nel vago. Allora, senza cadere nella demagogia in tempo di elezioni anzi per dare un segnale di reale attenzione ai giustissimi richiami del vescovo di Prato Monsignor Simoni, facciamo partire da Prato come primo impegno la richiesta di misure concrete quali l’istituzione del “salario orario minimo” per garantire una decente retribuzione mensile ai lavoratori, del reddito sociale per i giovani in cerca di occupazione e per i disoccupati di lungo periodo, costituito da erogazioni monetarie e da un pacchetto di beni e servizi, di maggiori risorse per i servizi sociali dei comuni, di interventi per affrontare l’emergenza abitativa e battiamoci perché le risorse che servono per sostenere queste misure siano garantite intervenendo sui fortunati che non hanno certo vissuto tempi di magra, anzi hanno visto aumentare i propri ricavi magari giovandosi di ingenti rendite finanziarie.
Michele Mezzacappa
consigliere provinciale Sinistra Arcobaleno
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