Dobbiamo ricordare che la definizione "stanze del buco", usata per il titolo dell'articolo in terza pagina, è apparsa circa un anno fa, (forse proprio sulla Nazione), in occasione di una proposta di legge regionale presentata dal Consigliere dei Verdi e presidente della Commissione Sanità Fabio Roggiolani.
L'idea, sperimentata con successo in altri paesi europei, era volta proprio ad evitare fenomeni come quello del Serraglio e prevedeva dei luoghi, al chiuso e controllati sanitariamente, dove i tossicodipendenti da droghe iniettabili potessero consumare la loro dose.
Il senso di questa proposta è facilmente comprensibile: controllare il fenomeno, evitare ai cittadini spettacoli tristi o inquietanti, ed impedire tragiche trasmissioni di gravi malattie fra i consumatori di sostanze, consentendo loro anche in momenti così difficili di non perdere la dignità.
Mentre in Toscana questa soluzione è rimbalzata contro un muro di pregiudizio bigotto, in almeno un'altra regione italiana si sta sperimentando la cosa con il parere favorevole del Ministero della Salute. A Prato invece, sia l'opposizione di destra che la Giunta vorrebbero combattere il degrado riaprendo al traffico delle auto le strade del centro storico.
Non è inevitabile che i tossici debbano trasformarsi tutti in delinquenti o barboni, mettendo in pericolo la sicurezza e la salute propria e degli altri; bisogna avere il coraggio di affrontare queste criticità sociali, cominciando ad accettare la loro esistenza senza volerla nascondere.
Al Serraglio, non di Stanze del Buco si tratta ma di solitudine, paura e malattia, spesso aggravate dall'ipocrisia sociale di chi non vuole affrontare con coraggio i problemi.
Municipio Verde
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