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La mer, la fin...

martedì 23 settembre 2008

Prato verso le amministrative. Il Partito che non c'è (o c'è troppo...)

Che il PD si fosse dimenticato di fare politica (qualcuno potrebbe anche dire "per fortuna!") ce ne eravamo accorti ormai tutti.
Certo che quando una riflessione del genere viene da Daniele Panerati, esponente di spicco dello stesso partito, nonché vicepresidente della Provincia, qualche problema pensiamo ci sia.
Ci permettiamo di avanzare l'ipotesi che, forse, il partitone di governo pratese sia convinto che ormai sia inutile fare politica, magari pure con la "p" maiuscola (tanto "Dio è morto, Marx è morto....", volendo citare Woody Allen), e sia molto più produttiva la gestione - e la divisione - del potere, creando così il paradosso di un partito che per un verso non c'è proprio, mentre per molti altri c'è troppo!

Kritias
per Municipio Verde


Il Pd si dimentica di fare politica

Panerati: in ritardo sui temi cittadini, indifferente al confronto interno

Questo è un deficit che va affrontato e risolto: ce lo chiedono le amministrazioni, ce lo chiede la gente che crede nel partito

PRATO. Allora non è un’impressione isolata: il Partito democratico pratese fatica a far sentire la propria voce, ad esprimere il proprio pensiero sui temi principali della città: dalla crisi economica all’immigrazione, dall’emergenza sociale agli sviluppi urbanistici. Se l’assessore comunale Giuseppe Gregori affermava: «Pd, se ci sei batti un colpo», Daniele Panerati, vicepresidente provinciale, rincara la dose: «C’è un ritardo che va colmato relativo alla capacità di intervento del partito sui temi della città. Non può essere tutto risolto a livello istituzionale. Vi sono questioni di ruoli che vanno rispettate. Il Pd deve pronunciarsi sui temi economici, sociali, di sostenibilità ambientale».
Panerati, ex segretario Pds, comunista tutt’altro che pentito, ha pieno rispetto dei ruoli, è sa quindi che il Pd è ormai nelle mani della segretaria Benedetta Squittieri, ma non si lascia sfuggire l’occasione di dire come la pensa, con questa premessa: «Temo la demonizzazione della critica. Sono favorevole al percorso di rinnovamento ma se non c’è l’esercizio della critica ci ritroviamo con l’avvizzimento della democrazia». Il ragionamento successivo è il seguente: «Non ci può più essere un rinvio della discussione all’interno del Pd e di indirizzo alle istituzioni - afferma Panerati -. Ci troviamo di fronte ad un deficit della politica che va affrontato e risolto».
Ma a che cosa si riferisce Panerati quando parla di deficit della politica? Due le questioni di fondo. Uno è la scarsa incisività del Pd nella vita politica pratese, se si escludono alcuni circoli particolarmente attivi, che a volte sconfina in un’autoemarginazione. L’altra riguarda la dialettica interna al Pd che, tranne rare occasioni («ma non si può scambiare la propaganda, vedi Festa dell’Unità, con la politica» sottolinea Panerati), praticamente non esiste. Uno dei nodi è la mancata riunione della direzione provinciale, affidando la gestione del partito alla segretaria Squittieri e all’esecutivo da lei nominato: «C’è un problema di rappresentanza politica» sostiene l’ex segretario Pds. Panerati ritiene inoltre un errore anche la mancata creazione del comitato comunale: «Non è pensabile - spiega - che le circoscrizioni possano assolvere lo stesso ruolo».
Giustificazioni, comunque, Panerati ne trova a bizzeffe: «Il gruppo dirigente è culturalmente e politicamente nuovo. E’ diretto da una segretaria eletta a più riprese. Un periodo di incertezza e di rodaggio era comprensibile. Ma ora occorre muoversi, e non solo perché le elezioni sono vicine». Il timore, sembra di capire dalle parole di Panerati, è che di fronte ad un partito che tace, che non se la sente nemmeno di confermare pubblicamente la ricandidatura del sindaco uscente, si incentivi la voglia di discutere di ciò che compete al partito in altre sedi: «sui giornali, davanti ai caminetti, nelle associazioni culturali che assomigliano a correnti». «All’interno di tutto questo - prosegue Panerati - è normale che vi sia anche il problema delle candidature. Mi aspetto che in tal senso vi sia un’iniziativa della segretaria. Convocare l’assemblea provinciale, duecento persone, per approvare solo il regolamento delle primarie e il comitato di garanzia, credo che sia un po’ troppo limitativo». Sulle riconferme di Marco Romagnoli a sindaco e di Massimo Logli a presidente della Provincia, Daniele Panerati non ha dubbi anche perché, aggiunge, «eventuali candidature alternative diventerebbero inevitabilmente contro».
Insomma, il Partito democratico in mano ai giovani è un po’ una delusione? «Detto che Benedetta Squittieri ha la stessa età che avevo io quando sono stato segretario del Pds - chiarisce Panerati - sono d’accordo col ricambio generazionale, ma bisogna spiegare perché e per fare che cosa: il partito non è un’organizzazione giovanile. Può avere dirigenti giovani ma deve parlare ad una società complessa e deve indicare soluzioni ai problemi: questo chiedono le amministrazioni, questo chiedono i cittadini». Ma qualcosa di buono sarà pur stato fatto? «Ma certo. La campagna elettorale per le politiche è stata condotta bene lo riconosco - si premura di chiarire Panerati - e anche la campagna per il tesseramento, anche se partita con leggero ritardo, sta andando bene».
C’è la possibilità che la situazione di stallo dipenda dalla difficoltà di far conciliare le due anime del Pd, ex Ds ed ex Margherita? «No, è vent’anni che collaboriamo insieme. Qualche diversità di vedute c’è ma non sui contenuti. A Prato il Pd esisteva prima che venisse costituito. La sintonia è davvero piena».
Quali sono i rischi che il Pd può incontrare alle amministrative 2009? «Il rischio che vedo - risponde Panerati - è quello dell’autosufficienza del Pd. Non si sta facendo niente per allargare la coalizione: penso a chi sta alla nostra sinistra, che magari dovrebbe compiere lo stesso processo di semplificazione fatto da noi, e all’Udc. E questo non per timori elettorali ma perché c’è bisogno di trovare unità per superare le difficoltà sociali di questo territorio. Ci sono i segnali perché questo tentativo abbia successo. Ma non possiamo aspettare febbraio per muoverci».
Giovanni Ciattini

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