TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

martedì 4 novembre 2008

Verde urbano. Niente favole ma cruda realtà.

Da Green Report riportiamo questa notizia (pessima) che parte dalla Repubblica di questa mattina.

mv

4/11/2008
Una favola al rovescio: quando per piantare un albero non basta più neppure un bimbo
di Alessandro Farulli


Una favola al rovescio e senza happy end. La racconta stamani Repubblica nelle pagine regionali dando notizia che la legge 113 del 29 gennaio 1992, che prevede l’obbligo da parte del Comune (in questo caso di Firenze) di piantare un albero per ogni anno, da tempo non viene più rispettata. Nel 2007, infatti, a fronte di 2805 bambini nati, il Comune ha piantato solo un albero. Anzi, per dirla tutta, secondo la Repubblica il Comune pianta un solo albero ogni 12 mesi da ben 11 anni. Non c’è spazio sembra essere la giustificazione, oppure, azzarda il quotidiano, «la chiave per capire la ragione per cui la legge non ha avuto grande fortuna» andrebbe ricercata nel fatto che «gli alberi piantati per ogni bambino non possono poi essere tagliati per far posto a case o capannoni».Qualunque che sia la motivazione, ci pare comunque che dal punto di vista pedagogico prima ancora che ambientale, questa storia sia davvero deprimente. Che razza di insegnamento si dà ai ragazzi se in spregio a une legge vigente che mira a un miglioramento della sostenibilità ambientale, seppur piccolo, ci se ne fa beffa a livello istituzionale? Se il problema è che a Firenze non c’è abbastanza posto per tutti quegli alberi, perché non prevedere la piantumazione degli stessi nei terreni colpiti ad esempio dai roghi estivi? Oppure, perché non prevedere la piantumazione in qualche altro posto pur di mantenere questa buona pratica? I bambini ci guardano (e anche gli adulti) e quando saranno adolescenti si faranno un’opinione di quello che è stato fatto per migliorar loro la qualità della vita. Il verde pubblico è un valore o no? Il consumo di territorio è un valore o no? Di fronte alla crisi ecologica in atto, per la quale i comportamenti individuali ecosostenibili non saranno la soluzione, ma daranno un significativo contributo, perché se c’è un problema (magari anche oggettivo) di limitatezza di spazi, si è trovato un compromesso così al ribasso?Ma non è tutto. Alla causa ambientalista non può far piacere neppure l’altra querelle a cui sempre Repubblica dà ampio rilievo: la diatriba tra Comune di Firenze e Istat sulla contabilizzazione del verde pubblico. Secondo il Comune, infatti, il dato esatto è di 30 metri quadrati a testa (dato di Legambiente), mentre per l’Istat è pari a 18. Mica poco, anzi quasi il doppio di differenza. Anche in questo caso non è tanto importante chi ha ragione, ma il fatto che senza indici standardizzati e quindi senza una contabilità ambientale degna di questo nome, è impossibile anche il solo difendere l’ambiente. L’economia ecologica non può fare a meno di un Pil verde, ma come si vede siamo lontani ancora anni luci da questo tipo di prospettiva e i dati ambientali (anche quelli di un istituto serio come l’Istat) attualmente disponibili sono troppo poco affidabili. Su questo greenreport ha scritto più di un articolo proprio evidenziando le tante incongruenze che si trovano nelle varie classifiche ambientali che ogni anno vengono pubblicate e che per questo necessitano ora più che mai un di più di scientificità e di standardizzazione.

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