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La mer, la fin...

sabato 20 dicembre 2008

Politica. "Innovazione o fallimento"???

A leggere le parole di Veltroni, vien quasi da ridere... Forse, infatti, avevamo capito male noi quando in campagna elettorale spacciava il PD come un soggetto "nuovo", bello e lucido, con il suo bel simbolone tanto patriottico, con quel parolone, "democratico", che alla prova dei fatti si è rivelato ben poco azzeccato (la democrazia si basa su regole, ed in questi giorni, la prova è anche a Prato, è evidente che le regole si piegano alla convenienza politica...).

Più realistico, ma un tantinello interessato, il commento di D'Alema, quando parla di "amalgama mal riuscito". Anche qui, la riflessione viene spontanea: ma perché? I soggetti che si sono "amalgamati" sono gli stessi che hanno condotto la strategia, fallimentare, ulivista (sarà un caso?), sono gli stessi che costituiscono l'asse portante di tutte le amministrazioni controllate dal centrosinistra ormai da anni... E non si sapeva come erano fatti???
MV

da il Corriere.it

Veltroni: «Innovazione o fallimento»

Approvata relazione del segretario. «Partito di persone perbene». D'Alema si astiene su mozione di Follini

ROMA - Difende il Partito democratico, formato da «centinaia di migliaia di amministratori che sono persone perbene». Afferma di non accettare lezioni di moralità da Berlusconi. Non nega, però, che la questione morale sia diventata un nodo centrale. Tanto che invita i magistrati a procedere, con cautela, nelle loro inchieste. E assicura che «per i disonesti non c'è posto». Anche perché, ammonisce, «la crisi politica e morale pone un'alternativa secca: o innovazione o fallimento». Walter Veltroni, durante la direzione del Partito democratico, prova a tracciare la linea per superare la tempesta giudiziaria e la batosta elettorale in Abruzzo. Un vertice che si conclude con l'approvazione a larga maggioranza della relazione del segretario (un no e qualche astenuto). «O aiutiamo il Pd a saltare nel futuro - è la sfida - oppure rischiamo di legarci a un presente che la crisi precipita nel passato. Quanto sta accadendo in questi giorni determina in noi inquietudine, ma anche voglia di reagire». Alla fine si vota il documento unitario, che dà a Veltroni i poteri di commissariamento, ma con ratifica affidata alla direzione. Si fissa inoltre per il 12-13-14 marzo la conferenza programmatica e si annuncia un'«ampia riflessione sul modello di partito». Un testo che Veltroni si augura sia sufficiente a uscire dal clima di scontro interno.

DUE MOZIONI - Il Pd si sente sotto assedio ma questo non impedisce a esponenti di rilievo di avanzare critiche alla linea del segretario, con gesti eclatanti come l'addio, poi ritirato, di Sergio Chiamparino al governo ombra o mozioni di rottura, come quella di Marco Follini che chiedeva la fine dell'alleanza con Antonio Di Pietro, respinta ma che ha incassato alcune astensioni, tra cui quella "pesante" di D'Alema e qualche voto a favore. Un'altra mozione, a difesa delle primarie e per la convocazione dell'Assemblea nazionale, è stata presentata da otto membri della direzione tra cui Giovanni Bachelet, Mario Adinolfi e Piergiorgio Gawronski, che sfidarono Veltroni nel 2007. La mozione chiede «una discussione sull'attuale governo del partito, affidato a due soli organismi (coordinamento e governo ombra) integralmente nominati dal segretario, sulla base di spartizioni ed equilibri correntisti». I firmatari chiedono anche di rivalutare l'Assemblea nazionale, unico organismo abilitato ad approvare eventuali modifiche allo statuto. Infine, la mozione chiede «che il Pd resti fedele alla scelta delle primarie, che rinneghi le sventate marce indietro delle ultime settimane». Tra gli otto firmatari anche Cristina Comencini e Luca Sofri, voluti da Walter Veltroni come membri della direzione.

LE CRITICHE DEI BIG - Rutelli rimarca la vicenda della Vigilanza e osserva che «oggi un terzo degli elettori della Margherita non sono con noi». D'Alema premette che «ci sono nella relazione di Veltroni tutte le condizioni per un riavvio» ma poi attacca: il Pd «è un amalgama mal riuscito». L'unico voto contrario al documento di Veltroni porta la firma di Piergiorgio Gawronski, secondo cui «occorre una svolta democratica vera. Un processo continuativo che coinvolga le intelligenze del paese secondo un criterio meritocratico». Veltroni parla per quasi un'ora e sottolinea la necessità di un partito forte e radicato, l'innovazione politico-programmatica come unico modo che il partito ha «per non essere travolto» dalle sconfitte elettorali, dalla questione morale e dalla crisi economica. Sale il malcontento verso Di Pietro e Veltroni sottolinea che le alleanze si definiranno più avanti.

IMMAGINE DEFORMATA - Nel suo intervento Veltroni parla di un «bollettino delle inchieste giudiziarie, ormai quotidiano, che racconta di opacità amministrative e compromessi morali. È un'immagine deformata e ingiusta, perché i nostri amministratori, che sono centinaia di migliaia, sono persone perbene. Il Pd è un partito di persone perbene. Un partito nato anche per prevenire il malcostume politico. Intendiamo farlo sul serio, anche se questo vuol dire pagare un prezzo in termini di consenso elettorale». Poi ammonisce: «Se non innoviamo saremo travolti». Per questo serve un ricambio «frequente» dei gruppi dirigenti. Bisogna cioè creare le condizioni «di un forte avvicendamento con una nuova generazione». «I prossimi mesi - spiega - e il prossimo congresso, che svolgeremo dopo le elezioni, saranno l'occasione per l'affermazione definitiva di una nuova generazione di dirigenti alla guida del partito». A proposito dei rapporti interni, Veltroni invoca maggiore «spirito di squadra» perché «rischiamo di diventare come l'Unione, paralizzata dalle differenziazioni e che segava l'albero su cui era seduta».

LEGGI AD PERSONAM - Non manca la stoccata al premier: «Tutto si può accettare tranne lezioni che vengono da chi ha nelle proprie fila indagati per mafia. E voglio dirlo chiaramente, non possiamo accettare lezioni dal presidente del Consiglio che ha scelto di fronteggiare le sue vicende giudiziarie con una serie di legge ad personam».

DI PIETRO - Il segretario del Pd conferma poi la discussa alleanza con l'Italia dei Valori a livello locale. «Sento dire in questi giorni che dovremmo rompere con Di Pietro, ma io ho già detto tante volte che ci sono forme diverse di opposizione. L'ho fatto ad aprile, lo abbiamo fatto non aderendo alla manifestazione di piazza Navona e l'ho detto io stesso in una dichiarazione che ha aperto tutti quanti i giornali. Questo non significa che a livello locale non si possano trovare delle convergenze programmatiche, con l'Idv così come l'Udc e il Prc». Fermo restando che «il punto di debolezza dell'Italia dei valori è che alimenta le polemiche con noi, ma non si cimenta con la sfida dell'innovazione».

NUOVE ALLEANZE - Quindi il nodo alleanze: «Alle prossime elezioni vogliamo diventare il primo partito italiano». Si tratta di «un cammino lungo - ammette Veltroni - ma in questo percorso costruiremo le necessarie alleanze politiche. Alleanze che dovranno essere fondate sull'innovazione e il cambiamento e dovranno essere affidabili alla prova della tenuta di governo».

GIUSTIZIA, CLIMA E CRISI - Il segretario lancia poi le sue proposte politiche. Sulla giustizia: «La riforma non si fa contro i magistrati e contro gli avvocati. Ribadisco la proposta di un tavolo di sessanta giorni al termine del quale il governo deciderà ma dopo aver ascoltato il mondo della giustizia e se lo riterrà anche l'opposizione. Noi siamo disponibili». Sul clima: «Avviare una rivoluzione verde per uscire dalla crisi con una lotta sistematica ai mutamenti climatici. Rottamazione del petrolio e investimenti sulle fonti rinnovabili: questa è la strada da seguire». Sulla legge elettorale: «Reintroduzione del collegio uninominale» sul modello francese, senza «preclusioni anche a correggere il sistema attuale, a patto che si garantisca ai cittadini di scegliere gli eletti e anche la maggioranza di governo». E poi «è giunto il momento di concedere il diritto di voto ai 16enni alle amministrative, perché oggi si smette di essere bambini e si diventa giovani prima, magari per un tempo più lungo». Sulla crisi: «In questa fase è opportuno chiedere un contributo straordinario a tutti quei manager che hanno un reddito che supera il milione di euro. È tempo di redistribuire la ricchezza tra chi ha troppo e chi ha troppo poco».

REAZIONI E INTERVENTI - Dopo Veltroni, la direzione continua con un'ottantina di interventi. E arrivano anche le prime reazioni al discorso del leader. «Una relazione splendida e programmatica - è il commento di Rosa Russo Iervolino. - Una relazione rafforzativa rispetto al mio tentativo di far rinascere una Giunta eticamente forte a Napoli». Il sindaco di Napoli conferma che «ad oggi» non ha intenzione di dimettersi: «Per ora penso che un sindaco e la stragrande maggioranza di una giunta usciti in maniera assolutamente netta non se ne vanno così». Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, rilancia, nel suo intervento, la necessità di un gabinetto di crisi che aiuti il Pd a superare questo passaggio. E per questo rimette al segretario l'incarico di ministro ombra. «Il governo-ombra si è rivelato uno strumento inadeguato. Bisogna trovare un modo - spiega - per dare un segnale forte. Perché se da qui alle Europee e ancora di più alle elezioni locali non riusciamo ad invertire la tendenza, vedo il rischio concreto che ognuno di noi vada per conto suo». Poi Chiamparino però ritira le dimissioni. «Sono contento che Sergio abbia accettato di soprassedere dal suo intento» dice dal palco Veltroni. Prende la parola anche il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino: «Quello che serve è una ridefinizione programmatica ed una forte selezione degli obiettivi per rendere più chiaro non solo se è giusto resistere, se ci sono le condizioni. Ma soprattutto, per rendere più chiaro per cosa vale la pena insistere, nell'interesse dei cittadini». Critico il commento a distanza di Antonio Di Pietro: «Parlando di due opposizioni diverse, Veltroni si condanna allo sconfitta eterna. Mi spiace per lui. Io penso a vincere le elezioni costruendo un'alleanza con il Pd e con le realtà della società civile per un'alternativa al governo piduista di Berlusconi».

«AMALGAMA MALRIUSCITO» - Uno degli interventi più attesi era quello di Massimo D'Alema. L'ex vicepremier ha parlato del Pd come di un progetto che «in questi mesi si è appannato», di «un amalgama fin qui malriuscito». Pe rD'Alema le difficoltà non dipendono dalle vicende giudiziarie, «nè fanno scoppiare una questione morale. La destra ha più vicende giudiziarie di noi, ma non si presenta come una forza colpita, perchè appare aver risolto il problema del suo rapporto politico con la società italiana. Quindi le nostre difficoltà erano di carattere politico». Tuttavia le cose possono cambiare: «Da questa riunione - ha sottolineato l'ultimo presidente dei Ds - ci si aspettava o uno scatto in avanti o un ulteriore segnale di disgregamento. Mi sembra che ci sono tutte le condizioni per un riavvio, a partire dalla relazione di Veltroni che indica alcune fondamentali scelte di carattere programmatico». Ma con quali rapporti con la maggioranza e con il resto dell'opposizione? D'Alema non ha dubbi: il dialogo con chi sta al governo, per una grande forza riformista, è indispensabile, perlomeno sui grandi temi che riguardano il futuro del Paese («deve essere un apporto di confronto e di sfida e dobbiamo fissare noi l’agenda»). E quanto all'Italia dei valori, i contatti devono continuare, certo, «ma alla dipietrizzazione dell’opposizione fa riscontro il consolidamento della destra nella maggioranza. E se qualcuno festeggia, festeggia una posizione minoritaria».

«SOLO NOI L'ALTERNATIVA» - Veltroni è tornato a parlare a conclusione della riunione. Il segretario ha spiegato che il Pd rappresenta la vera alternativa al centrodestra, per questo è oggetto di una «offensiva politica», e tutti devono aver chiaro che tornare ai partiti di origine «sarebbe un suicidio». «Noi possiamo perdere qualche punto percentuale nei sondaggi - ha aggiunto - , ma siamo sempre un grande partito. L’alternativa a questo sarebbe il ritorno ai propri giocherelli, vorrebbe dire "abbiamo provato a fare questa cosa qui, non ci siamo riusciti e ora torniamo alle case di partenza". Questo per me sarebbe un suicidio»

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