MA COS'È QUESTA CRISI?
Il refrain di questa canzone degli anni '30 - scritta da qualcuno che collaborava con Marinetti e Depero, e rimessa di recente in voga dalle tristi vicende che tutti conosciamo - ci serve da pretesto per una considerazione brevissima sulla vera natura, le vere cause e i (veri) rimedi di una congiuntura che - come sempre accade - minaccia di fare arretrare di decenni l'asse della discussione e delle pratiche pubbliche, seppellendo sotto angosce autentiche e simulate il desiderio, la prospettiva e i mille lavori del cambiamento: perché mai, piuttosto che tentare di arginarla temporaneamente con palliativi a volte interessati e comunque di difficilissima lettura (si veda il ponderoso ABC che Il Sole - 24 Ore ha da poco pubblicato per facilitarci l'orientamento nella manovra del Governo), non cerchiamo di individuare concretamente quali siano i comportamenti che hanno condotto a esiti tanto drammatici? E perché non proviamo a mettere in campo, da subito, azioni alternative volte a costruire una situazione - locale e globale - che sia finalmente immune dai ciclici e impersonali rivolgimenti di questa economia, dominata dagli estri prepotenti e incontrollabili del capitale finanziario?
Al Nuovo Municipio pensiamo che il motto "noi la crisi non la paghiamo", diffuso come parola d'ordine dagli studenti dell'Onda e che tante personificazioni sta prendendo oggi nella galassia di pratiche virtuose dell'"altro mondo possibile", abbia soltanto secondariamente un senso di disimpegno o di rifiuto della corresponsabilità verso la crisi: crediamo che il suo senso primario stia proprio nel dimostrare come quelle pratiche, costruite con gli strumenti della condivisione e i fini della solidarietà, non debbano pagare alcun dazio alla vicinanza ammorbante di un modello economico chiaramente marcescente, rispetto al quale rappresentano, contemporaneamente, vie d'uscita percorribili e alternative strutturali.
Sappiamo che è difficile pensare in grande, quando la vita si restringe; ma in fondo cosa ci costa di più, farlo o non farlo?
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