La nuova Italia
Straniero a chi? di Alfonso Desiderio
Lo scandalo del mancato riconoscimento della cittadinanza alle cosiddette seconde generazioni. Ragazzi nati e cresciuti in Italia, figli di migranti, che vengono discriminati. La Rete G2. (17/02/2009)
C'è un'Italia che non esiste. O meglio ci sono italiani che esistono ma non sono riconosciuti come tali. Un figlio di immigrati, nato e cresciuto in Italia, può ottenere la cittadinanza se fa la richiesta dopo aver compiuto 18 anni ma prima del compimento del 19o anno di età. Dopo non la potrà più ottenere. Una cittadinanza con la scadenza "da consumare prima del...". Così chi si è informato può ottenere la cittadinanza, chi non lo sa perde un suo diritto fondamentale. Insomma, cogli l'attimo.
In questo modo poi ci ritroviamo ragazzi nati e cresciuti in Italia, che hanno frequentato le stesse scuole dei coetanei italiani, che vivono come i loro amici italiani, ma non hanno il passaporto italiano ma bensì un permesso di soggiorno dove nel campo paese di provenienza (rivolto ovviamente agli immigrati) c'è scritto Italia! Insomma sono considerati come degli immigrati, solo che loro provengono dal nostro stesso paese! Insomma siamo al ridicolo, se non ci fosse da piangere.
Ovviamente ciò produce gravi conseguenze. Impossibilità di partecipare a concorsi, impossibilità di votare, discriminazioni di vario tipo, eppure l'Italia è il loro paese, lo conoscono come le loro tasche e a volte hanno invece perso ogni legame con il paese di origine dei genitori.
Sono nel limbo. Non è solo un problema di giustizia e diritti. Abbiamo visto in altri paesi come spesso sono proprio le seconde o terze generazioni di immigrati le vittime preferite degli integralisti religiosi e dei centri di proselitismo organizzato o della criminalità organizzata internazionale. Una ragione in più per integrarli, anzi per riconoscere un'integrazione che è già avvenuta, e utilizzare le loro caratteristiche per meglio controllare una serie di fenomeni invece di incentivarli.
Per queste ragioni pubblichiamo nell'ambito dello Speciale Esiste l'Italia un contributo della Rete G2, un’organizzazione nazionale apartitica fondata da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia.
La nuova Italia
Noi italiani con il permesso di soggiorno di Alphousseyni Sonko della Rete G2 – Seconde Generazioni
Nel nostro Paese sta emergendo un aspetto poco conosciuto dell'immigrazione: le così dette "seconde generazioni". Ragazzi nati e cresciuti in Italia, figli di migranti, a causa dell'attuale legislazione vengono discriminati. La Rete G2 lotta per risolvere la situazione. (16/02/2009)
Approfondimenti
In Italia è in costante aumento il numero dei figli dell'immigrazione, le cosiddette seconde generazioni, a causa della loro presenza sempre più consistente tra i nuovi nati e anche grazie ai molti ricongiungimenti familiari. Si tratta di una generazione di bambini, adolescenti e adulti che crescono o sono già cresciuti in Italia, in comune anche le origini straniere, ma che si trovano davanti ad un problema irrisolto: la mancanza di un riconoscimento chiaro e tempestivo dei loro pieni diritti grazie ad un migliore accesso alla cittadinanza italiana.
Per far fronte a ciò, già dal 2005 una parte di loro si è organizzata creando una realtà del tutto nuova nel panorama italiano: la Rete G2 - Seconde Generazioni.
La Rete G2, la cui prima vetrina pubblica è il sito, è un'organizzazione politica ma apartitica nata a Roma ma con membri attivi in diverse città italiane quali Milano, Bergamo, Prato, Bologna, Imola, Ferrara, Modena, Genova ed Arezzo. Il suo obiettivo principale è quello di ottenere una riforma della legge sulla cittadinanza italiana (legge 91 del 1992) più aperta verso i figli d'immigrati cresciuti in Italia, nati nelle città italiane o nei Paesi d'origine.
Principio cardine della la Rete G2 è che i figli di immigrati non debbano dipendere dalla normativa che riguarda chi emigra da adulto per lavorare o studiare ma che la legge che li debba riguardare sia innanzitutto la legge sulla cittadinanza. E che tale legge debba essere modificata rendendola più aperta nei confronti dei figli di immigrati cresciuti in Italia, nati in Italia o in Italia ricongiunti. L’accesso alla cittadinanza, pertanto appare l’unica via che consente ai figli di immigrati di essere considerati realmente dei pari, degli eguali, nei diritti e nei doveri, rispetto ai loro coetanei, figli di italiani. Sulla base delle esperienze dirette e dell’osservazione sul territorio e segnalazione di casi, la Rete G2 ha verificato l’esistenza di molte difficoltà che i figli dell’immigrazione incontrano da anni quando non hanno accesso alla cittadinanza italiana. Difficoltà che li rendono cittadini di serie B rispetto ai loro coetanei con cittadinanza italiana, come figliastri o addirittura come parti estranee alla società, degli sconosciuti in territori dove sono cresciuti e dove diventano adulti, degli “italiani col permesso di soggiorno”. Chi non ha la cittadinanza italiana ha ad esempio difficoltà di accesso agli ordini professionali, non può votare, non può partecipare al servizio civile volontario nazionale e se dipende da un permesso di soggiorno per motivo di studio o lavoro ha continui limiti di spostamento visti i tempi lunghi dell’attesa dei rinnovi. Per la Rete G2 questa situazione permane tuttora, così come riportano i casi segnalati nell'osservatorio G2, all'interno del sito dell'organizzazione.
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