Ciascun gruppo e movimento che ruota attorno alla variegata galassia della sinistra si muove in modo autonomo e autoreferenziale. Occorre qualcuno che elabori una sintesi. «Penso a una decina di persone autorevoli e credibili che ogni tanto si pronuncino sulle questioni più importanti» dice Chiesa. Le elezioni del 13 e 14 aprile ci hanno restituito un’immagine dell’Italia che facciamo fatica a riconoscere. O meglio, che è completamente diversa da come l’avremmo desiderata. «È un paese in aperta regressione, causata dalla crisi della globalizzazione» ci dice Giulietto Chiesa, europarlamentare e giornalista.
In queste occasioni la gente si rifugia nel giardino di casa e guarda con sospetto all’estraneo e a tutto ciò che può apparire nuovo o diverso. E numerosi voti popolari finiscono per trasmigrare da sinistra a destra. È accaduto così nelle ultime elezioni, nelle quali molti lavoratori, che tradizionalmente votano a sinistra, hanno scelto la Lega. Ma questa non è una novità, come fa notare Barbara Spinelli in un interessante articolo pubblicato sulla Stampa del 20 aprile scorso. Negli Stati Uniti, per esempio, il fenomeno si è ripetuto con una certa frequenza negli ultimi decenni. La strategia è semplice: «La conquista dei ceti popolari avviene fingendo che la maggioranza conservatrice, anche quando ha tutti i poteri come in America (parlamento, Corte suprema), anche quando regna su affari ed economia, sia una maggioranza perseguitata». Questa sorta di ideologia del risentimento, spiega Spinelli, «è un dispositivo centrale dei successi di Bush, Sarkozy, Belusconi: per vincere, occorre che l’indignazione non si raffreddi mai, dunque che la realtà sia a intervalli regolari falsata». Un’analisi simile, ricorda la giornalista della Stampa, l’ha fatta Barak Obama il 6 aprile scorso a San Francisco: «Nelle piccole città colpite dalla crisi – ha detto il candidato democratico – l’amarezza è tale che la persona si sente perduta, ed è a quel punto che si aggrappa non a reali soluzioni del disagio economico, ma a valori e stili di vita sostitutivi, culturalmente consolatori: l’uso delle armi o della religione, la ripugnanza del diverso, dello straniero».
In Italia la crisi si è ancor più aggravata, aggiunge Giulietto Chiesa, per colpa dei dirigenti della Sinistra Arcobaleno che hanno condotto una campagna elettorale insensata. Hanno fatto credere ai loro potenziali elettori che un centrosinistra era ancora possibile. E così molti hanno optato per il voto utile («ritenendo che Veltroni fosse ancora di sinistra»), altri hanno dato il voto disgiunto e altri ancora non sono andati a votare, per delusione, rabbia, sconcerto. Attenzione, però: «la sinistra è stata azzerata nel Parlamento, non nel paese. Se mettiamo assieme il 20 per cento di quelli che non hanno votato, le bianche, le nulle, il voto utile, si ottiene un’immagine diversa della realtà». È, insomma, una foto truccata quella dell’Italia che emerge da queste elezioni. «Truccata da una legge elettorale palesemente incostituzionale, che non permette di scegliere e che ha quindi obbligato molti elettori a votare sotto costrizione».
Ma ci sono altre questioni che vanno ben al di là dei confini nazionali. Giulietto Chiesa le riassume così: l’epoca in cui siamo entrati ha sempre meno bisogno del consenso. E per l’impero che domina il mondo la democrazia è poco più che un orpello da esibire. Così «i sistemi elettorali si adattano a questa nuova situazione». Del consenso ne fa tranquillamente a meno anche l’altro grande potere che detta le regole della nostra vita: quello economico-finanziario. «Cosa centra la democrazia con le banche?» si domanda ironico il nostro interlocutore. E «quanto interessa ai dirigenti del Fondo monetario internazionale o della Banca mondiale il rispetto delle decisioni prese da governi eletti democraticamente?». Intanto le crisi economiche nel mondo si susseguono sempre più frequentemente, senza che la politica, svilita e declassata, sia capace di fornire risposte plausibili. Insomma, il quadro appena abbozzato è disarmante. Siamo di fronte a un futuro che non lascia vie d’uscita? «La crisi è gigantesca» replica Giulietto Chiesa. «Ma la speranza è nelle nostre mani. Prima di tutto però occorre capire come stanno le cose, aprire gli occhi, studiare, rendersi conto delle dimensioni dei problemi». E la sinistra su questo terreno ha dei ritardi spaventosi, perché «ha accettato supinamente la narrazione dominante». Dobbiamo domandarci, continua Chiesa, quali sono i motivi profondi della guerra che dal 2001, o meglio dal conflitto del Kosovo, ha cambiato le nostre vite. Le cause sono strutturali: c’è una crisi energetica evidente, le risorse si stanno esaurendo e ci stiamo avviando verso una catastrofe ecologica e sociale di proporzioni enormi. L’analisi può apparire sgradevole, ma questa è la realtà. Ed è inutile nascondere la polvere sotto il tappeto. Altrimenti, «più la crisi si aggrava e più la gente si sposta verso destra». «Non si può continuare a parlare di sviluppo, di crescita infinita, come abbiamo fatto finora, perché questa strada ci conduce dritti alla catastrofe». «La transizione, il cambio di sistema, ce lo impone la natura. In due secoli abbiamo infatti consumato l’energia che si era accumulata in milioni di anni. E quando tra poco tempo le fonti fossili saranno esaurite dovremo fare riferimento ai flussi che ci arrivano dalla terra e dal sole. L’alternativa è la paura di massa».
Piuttosto che di un nuovo partito di sinistra – aveva scritto Giulietto Chiesa in un articolo sul Manifesto prima delle elezioni – «c’è bisogno di qualcosa di simile a una maniglia, cui aggrapparsi tutti insieme, che sia visibile, che sia solida nelle sue linee portanti». È accaduto invece esattamente il contrario. E il popolo di sinistra si è letteralmente disintegrato. «Ormai – precisa il nostro interlocutore – le definizioni nono funzionano più. Le persone, di destra o di sinistra, hanno le stesse angosce. È urgente quindi far sapere loro da dove viene la minaccia».
Ed ecco riemergere così l’altra grande questione sulla quale si è inceppato il sistema democratico: l’informazione. La maggior parte delle persone – dice Chiesa, che da anni batte su questo tasto – non riesce neppure a immaginare il rischio che stiamo correndo, non sa che in gioco c’è il futuro stesso del pianeta. «Sono convinto – aggiunge – che se avessimo a disposizione gli strumenti per farci ascoltare dalla gente, riusciremmo a convincere molte persone. Purtroppo la sinistra, compresi i movimenti pacifisti, non ha capito niente del mondo contemporaneo e di ciò che sta accadendo».
Quello che a Chiesa non va proprio giù è l’individualismo esasperato che fa sì che ciascuna componente della sinistra, sia sul versante politico che sociale, marchi il proprio territorio, rivendichi un’autonomia e una diversità che la differenzi da tutto e da tutti. «C’è un protagonismo e un individualismo intollerabile» dice. In questi anni ha prevalso un aspetto piccolo-borghese che non porta da alcuna parte. E non basta essere in rete con il proprio sito o il proprio blog per entrare in comunicazione con gli altri. Le questioni sono così profonde e complesse che non si può pensare di risolverle da soli. Che fare, allora? Giulietto Chiesa un’idea ce l’ha e la esplicita così: «Tutta questa galassia di gruppi e movimenti è priva di un orientamento comune. Ci vuole qualcuno che elabori una sintesi, che si assuma il compito di svolgere quel lavoro che una volta facevano i partiti». E poi, prevenendo l’obiezione, precisa: «Non ho in mente una sorta di comitato centrale, un politburo, ma una decina di persone autorevoli e credibili che ogni tanto esprimano un giudizio comune su alcune questioni fondamentali. Penso, per esempio, a Gino Strada, ad Alex Zanotelli, a don Ciotti, solo per fare tre nomi che tutti conoscono».
L’idea è stata lanciata, chissà se qualcuno saprà e vorrà raccoglierla?
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