TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

martedì 30 settembre 2008

Prato. Mobilità: si sta come granchi.


Ai pratesi.


Dopo aver fatto un bel viaggetto sulla Lam nelle ore di punta o dopo essere rimasti imbottigliati per un'ora alla rotonda della Questura, guardatevi questo filmato e vi sentirete di nuovo in pace con il mondo e disposti a perdonare l'assessore Giardi:


Cannabis. La legge aiuta la mafia.



Da la Repubblica Firenze.it.


Leggi e tribunali danno una mano al traffico di stupefacenti e alla mafia mettendo in galera chi detiene poche piante di cannabis.


mv





In carcere per due piante di marijuana
Coltivava marijuana in casa: il gip lo manda a Sollicciano

di Franca Selvatici

Coltivava due piante di marijuana nel giardino di una villa dell´Impruneta: una alta due metri, l´altra più stentata. Giovedì è stato arrestato in flagranza (lo prevede la legge) e ieri, in sede di convalida, il giudice delle indagini preliminari ha confermato la custodia in carcere.


Quindi il giovane, 31 anni, è stato ricondotto a Sollicciano almeno finché non saprà indicare una casa, diversa da quella dell´amico che lo ospitava all´Impruneta, dove dovrà rimanere agli arresti domiciliari.Ieri mattina in tribunale si è così avuta una dimostrazione pratica degli effetti della sentenza del 24 aprile 2008 con la quale le Sezioni Unite della Cassazione hanno sposato la linea intransigente contro chi coltiva anche piccole quantità di cannabis. Le Sezioni Unite hanno stabilito che «costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività di coltivazione non autorizzata di cannabis». In precedenza singole sezioni della Cassazione avevano invece ritenuto penalmente irrilevante il comportamento di chi coltiva qualche pianta per uso personale. All´udienza del 24 aprile, del resto, il rappresentante della procura generale presso la Corte, Vitaliano Esposito, aveva sostenuto che la coltivazione domestica di cannabis non dovrebbe essere perseguita penalmente, assimilandola in sostanza all´uso personale. Ma proprio sul punto le Sezioni Unite sono state chiare: non vi è nesso immediato fra coltivazione e uso personale, non si può determinare a priori la potenzialità del principio attivo ricavabile dalle piante e in ogni caso la legge «vieta la produzione di specie vegetali idonee a produrre l´agente psicotropo, indipendentemente dal principio attivo estraibile».
«Sono indignato», protesta l´avvocato Alessandro Traversi, che difende l´incauto coltivatore con la collega Veronica Saltini: «La coltivazione di sostanze stupefacenti è equiparata per legge alla importazione. Ma la legge è astratta e i giudici esistono per interpretarla in modo equo. Invece siamo a questo punto: uno che coltiva due piante di cannabis è trattato come un trafficante internazionale bloccato a Peretola con tre chili di cocaina. Anche ai fini della pena: minimo otto anni».
«C´è una distorsione di valori», prosegue l´avvocato: «A parte che in alcuni paesi europei il consumo della cannabis è libero, io chiedo: dov´è il danno per la salute del coltivatore? Un pacchetto di sigarette è più nocivo.
In secondo luogo: come si fa a ipotizzare uno spaccio con il ricavato di due piante? Dov´è la pericolosità sociale di questo comportamento?
Terzo: mi sembra un´ingiustizia enorme, checché ne dica la legge, checché ne dica la Suprema Corte, che vada in carcere uno che coltiva due piante di cannabis, mentre in questo Paese non va in carcere nessuno, né i truffatori, né chi guida in stato di ebbrezza e uccide sulla strada, né gli imprenditori che se ne infischiano delle norme di sicurezza e che, se qualcuno dei loro operai muore in un infortunio, non rischiano neppure gli arresti domiciliari».
(30 settembre 2008)

Animali e treni. Revocato il divieto ai cani.


Vittoria da cani
Trenitalia revoca il divieto ai nostri "migliori amici" di viaggiare sui treni. Verdi: "Decisione saggia"


Oggi il sottosegretario al ministero del Welfare Francesca Martini ha avuto un incontro con l'amministratore delegato Trenitalia, Vincenzo Soprano. Durante l’incontro, riferisce Martini, “abbiamo deciso la sospensione dell'ordine di servizio, che vietava la presenza di cani superiori a sei chili sui treni italiani e li obbligava a stare all'interno di trasportini''.
''Esprimo enorme soddisfazione per questa decisione di Trenitalia - continua Martini - e ringrazio loro per la collaborazione che ci vede nell'obiettivo comune di tutelare il diritto dei tanti viaggiatori possessori di cani, di viaggiare con il proprio animale e allo stesso tempo di tutelare tutti gli altri viaggiatori, la loro sicurezza l'igiene, la qualita' e la salubrita' dei vagoni''.
I cani, conclude Martini, continueranno quindi a viaggiare “come prevede la legge vigente, con guinzaglio e museruola sotto responsabilita' dei padroni.
Una decisione “saggia” per i Verdi. “Se sarà confermata da Trenitalia la notizia diffusa dal sottosegretario alla Salute Martini, siamo di fronte a una decisione molto positiva”, ha detto il capogruppo lombardo dei Verdi Carlo Monguzzi, promotore di una mozione firmata oggi da tutti i capigruppo in consiglio regionale.
L’azienda, commenta Monguzzi, “revoca un provvedimento miope e antipatico per chi, come milioni di persone in tutta Italia, possiede un cane. La mobilitazione dei Verdi ma anche di esponenti del centrodestra, dei cittadini e degli animalisti è servita. Attendiamo da Trenitalia una nota ufficiale di conferma”.

Redazione di Notizie Verdi

30 settembre 2008

No Dal Molin!


Pubblicato il 30/09/2008 da nodalmolin


Costa è un mercenario

Il commissario Costa è un mercenario che costruisce una verità utile ai suoi committenti, ovvero a chi l'ha incaricato di imporre la nuova base statunitense a Vicenza. Ma dimentica di rispondere a una domanda centrale: chi pagherà la nuova base a stelle e strisce?

Nel vederlo sbarcare a Vicenza sembra di assistere all'arrivo dell'allegra commissione che, alcuni decenni fa, si recava di tanto in tanto al Vajont. Tutto in ordine, dicevano, la nuova diga non avrà alcuna conseguenza. La storia ci ha insegnato che, grazie ai pareri di commissari come Paolo Costa, a subirne le conseguenze sono i cittadini.

Ma Paolo Costa si dimentica di dire che a pagare la nuova installazione militare statunitense, in gran parte, saranno i cittadini vicentini e italiani. Gli Stati Uniti, di questi tempi, non hanno nemmeno i soldi per piangere, ma a Vicenza verrà costruita la più grande base militare presente in Europa. Chi paga? I cittadini italiani e vicentini, naturalmente, che copriranno il 41% delle spese per lo stazionamento dei militari statunitensi e tutte le infrastrutture esterne esistenti. La stessa pista dell'aeroporto, che i genieri Usa vorrebbero demolire, costerà, per essere ricostruita, milioni di euro che potrebbero essere investiti in altri servizi utili ai cittadini. Paolo Costa deve dimettersi, perché un burocrate italiano non può fare gli interessi di un paese straniero a scapito dei cittadini. Dimissioni, del resto, pretese dai suoi stessi compagni di partito che in una lettera gli hanno chiesto di «lasciare l'incarico di Commissario per il Dal Molin oppure lasciare il nostro Partito» in quanto l'attività del commissario è in «forte contrapposizione alle scelte del Partito democratico di Vicenza».

Paolo Costa ormai è solo; abbia un sussulto di dignità: se ne vada.

Presidio Permanente,

Vicenza, 30 settembre 2008

Scuola avvelenata. Spariscono le prove.


Dal Corriere della Sera.it riportiamo questa notizia che rappresenta il reale stato della scuola in Italia e la radicata e diffusa illegalità che regna nel nostro paese. Colpa degli immigrati?
mv

MISTERO A CROTONE
Scuole costruite con i veleni

Sparito il video con le prove
Era nel fascicolo del pm: «Ho aperto un'inchiesta». Le scorie forse gettate anche in mare


CROTONE — C'era anche un filmato, che è stato cancellato, a descrivere come avveniva lo smaltimento delle scorie tossiche della Pertusola utilizzate per costruire anche scuole pubbliche. Un giallo che apre nuovi interrogativi su un'indagine avviata nel 1999 e conclusasi solo da qualche giorno con sette avvisi di garanzia e un'ipotesi d'accusa sconvolgente: disastro ambientale.
Qualcuno tra gli inquirenti del Nisa (Nucleo investigativo sanità e ambiente) sostiene che le videocassette fossero addirittura due, ma di una non si è trovata traccia negli archivi della procura. Di quella invece in mano al pm Pierpaolo Bruni, scorrendo le immagini si vede solo un quadro bianco. Tutto cancellato. «Ho aperto un fascicolo sulla sparizione» dice Pierpaolo Bruni, titolare dell'inchiesta sullo smaltimento illegale delle scorie tossiche. In quel filmato realizzato nel 1999 dal Nisa (nucleo investigativo sanità e ambiente) c'era la prova di come gli operai delle imprese Crotonscavi e Ciampà miscelavano i rifiuti tossici che poi sotterravano nei cantieri. L'attenzione degli uomini del Nisa si era soffermata su quel materiale scuro e granuloso, che nulla aveva a che fare con la malta cementizia.
Quella miscela di cubilot, scarto della Pertusola e loppa d'altoforno, proveniente dall'Ilva di Taranto, era invece una bomba ecologica perché conteneva magnesio, piombo, arsenico e cadmio. Sostanze simili sono state trovate dai periti della Procura nei 18 siti sequestrati (scuole, porto, ville e strade), tutte realizzate dalle due imprese finite sotto inchiesta.
In un primo momento si era pensato a una smagnetizzazione del video, però poi si è accertato che sopra quelle immagini qualcuno ne aveva registrate altre. Volutamente? E soprattutto, chi aveva l'interesse ad oscurare quelle prove? Il lungo periodo, nove anni, trascorso dall'inizio dell'inchiesta potrebbe aver danneggiato il video? Interrogativi che dovrà sciogliere l'indagine affidata alla squadra mobile. Al giallo del video scomparso si aggiungono poi i dubbi sul perché questa indagine sia durata nove anni. L'ex procuratore capo di Crotone Franco Tricoli, insediatosi proprio nel 1999, e rimasto in carica fino a luglio scorso, dice di aver fatto tutto quello che era necessario fare. «Avevo sollecitato lo smaltimento dei rifiuti e avevo informato delle scorie tossiche sia la Commissione antimafia sia la Prefettura. Non ho preso provvedimenti cautelativi, in questi anni, perché i periti non mi hanno prospettato l'esigenza di un pericolo imminente».
Diversa la valutazione del pm Pierpaolo Bruni. «Il primo atto che ho fatto è stato quello di chiedere al gip il sequestro delle aree a rischio. C'è il pericolo di una contaminazione qualora si smuovesse la terra sotto la quale sono state smaltite le scorie». Che potrebbero essere state riversate anche in mare, nella riserva protetta nelle acque antistanti Crotone. Questo almeno hanno scritto in una relazione presentata nell'ottobre del 2007 al ministero dell'Ambiente gli esperti del consorzio nazionale interuniversitario. La documentazione è stata già richiesta dal pm Bruni.
Carlo Macrì


29 settembre 2008
(ultima modifica: 30 settembre 2008)

Base Usa di Vicenza. Il referendum non la eviterà?

Da il Corriere della sera.it

mv


L’aeroporto. Oggi la cessione dell’area.
Domenica la città al voto
Vicenza, il Dal Molin passa ai militari Usa. Al via la «Ederle 2»
L’8 ottobre nuovo pronunciamento del Tar.


Tutto secondo i piani. Oggi, con una conferenza stampa in Prefettura a Vicenza, il commissario di Governo Paolo Costa annuncerà «la cessione dell’area dell’aeroporto Tommaso Dal Molin che verrà messa nelle disponibilità degli Stati Uniti». Via dunque con il progetto presentato dallo stesso Costa nonostante la spada di Damocle di un referendum cittadino e il nuovo pronunciamento del Tar. Ma indietro non si torna, i contestati lavori per l’ampliamento della base americana Ederle 2 inizieranno senza indugi per terminare nel 2012.

Verranno costruiti alloggi (dai monolocali per i militari single agli appartamenti per famiglie fino alle ville indipendenti per gli ufficiali) in cui andranno a vivere i 2.000 soldati Usa oltre a aree di svago, centro fitness, campo sportivo, centro multiculturale e multireligioso, uffici e officine. Valore dell’appalto, vinto dalla cooperativa rossa Cmc di Ravenna, 300 milioni di euro. Il piano include anche la nuova pista che verrà spostata per renderla più funzionale alle attività civili del locale aeroclub e sulla quale «non atterreranno e non decolleranno apparecchi militari americani». Ma nemmeno aerei commerciali perché «un aeroporto civile a Vicenza non ha senso».
La scelta di annunciare oggi il passaggio di consegne, come ammette il Commissario Costa, cade in un momento «particolare » per Vicenza e rischia di accendere gli animi, già caldi (manifestazioni e scontri con la polizia hanno caratterizzato tutto l’iter del progetto) di chi si oppone alla base. Domenica 5 ottobre si terrà infatti il referendum deciso dal sindaco della città, Achille Variati del Pd, per chiedere ai vicentini se vogliono che il Comune acquisti l’area, di proprietà del demanio dello Stato, su cui sorgono aeroporto e base. Referendum già stigmatizzato da Silvio Berlusconi che in una lettera inviata a Variati nelle settimane scorse aveva bollato la decisione come «gravemente inopportuna ». Un quesito ormai inutile, secondo Costa, nonostante Comune e comitato No Dal Molin proprio in queste ore stiano dibattendo sul quorum (35 mila votanti) referendario. Perché a Vicenza, a questa consultazione, nonostante le dichiarazioni del Commissario, si dà molta importanza. Chi per motivi politici, chi per problematiche legate all’ambiente, arrivando a legare l’opposizione alla Ederle 2 con le discariche campane e la Tav: «C’è un filo rosso che collega Chiaiano a Vicenza alla val di Susa—dice Cinzia Bottene portavoce dei No Dal Molin —. Si tratta sempre della difesa dei beni comuni, del territorio che viene da popolazioni che non sono d’accordo con la destinazione decisa dal Governo ».
Inoltre, l’8 ottobre, sui lavori di ampliamento della Ederle 2 tornerà a pronunciarsi anche il Tar del Veneto che, accogliendo un ricorso del Codacons, in giugno aveva congelato il progetto per «irregolarità procedurali ed errate valutazioni ambientali », ordinanza poi ribaltata dal Consiglio di Stato. Ma nulla potrà fermare i lavori perché in gioco c’è «l’affidabilità dell’Italia». Gli Sati Uniti difficilmente avrebbero compreso un dietrofront dopo che gli accordi sulla base Ederle sono stati confermati da tre esecutivi (Berlusconi 1 e 2, Prodi 2) e dal presidente della Repubblica Napolitano. La cessione dell’area dell’aeroporto Dal Molin (che rientra nel piano di riposizionamento delle truppe Usa in Europa), secondo gli accordi con Washington è un aiuto di retrovia, una moneta di scambio: vi diamo la base, in cambio non ci chiedete di inviare altri soldati in zone di guerra (Iraq e Afghanistan). E i vicentini? Chi tra loro è contrario all’ampliamento della base si consoli con la circonvallazione. Il Governo, a titolo di «risarcimento», ha promesso il suo impegno per completarla.
Roberto Rizzo

30 settembre 2008

Prato verso le amministrative. L'ignavia politica del PDL

Evidentemente incapaci, in ormai oltre quattordici anni di opposizione, di costruire un'alternativa credibile, la coalizione di centrodestra pratese si è messa alla finestra in attesa di capire chi sarà il candidato a sindaco del PD, per poter poi fare la propria mossa.
Detta fra noi, non ne sentivamo sicuramente la mancanza, visto quello che normalmente riescono a produrre i "think thank" della destra pratese, ma come non rimanere stupiti di fronte a questa vera e propria "ignavia" politica ("
mancanza di volontà e di fermezza di carattere, che determina l’incapacità di agire, di fare scelte ", dal dizionario De Mauro)?
Anche di questo i cittadini dovrebbero tener conto!
MV

da La Nazione del 30/09/08
Il Pdl attende le mosse degli avversari Obiettivo dichiarato: il ballottaggio

PER IL PD è ormai questione di un paio di settimane: entro il 15 ottobre si saprà se Romagnoli sarà o meno il candidato sindaco del centrosinistra alle elezioni del 2009. Così il Pdl ha deciso di aspettare, congelando ogni decisione, ma anche ogni discussione, sull’uomo da schierare in vista del voto. L’obiettivo del centrodestra è chiaro e dichiarato: arrivare per la prima volta al ballottaggio e poi sperare nell’impresa clamorosa. «Le condizioni non sono state mai così favorevoli, mai così vistoso il malcontento dei cittadini, mai così evidenti il vuoto di idee e la mancanza di fatti come con la giunta Romagnoli», hanno ripetuto negli ultimi mesi i leader del Pdl, da Alberto Magnolfi, a Giovanni Luchetti, a Maurizio Bettazzi. Un nome però ancora non c’è. E intanto si aspettano le mosse dell’avversario.

Prato verso le amministrative. Gli "arcana imperii" del PD

Ormai siamo alla resa dei conti, ovviamente tra riunioni "in gran segreto" e diecimila voci di corridoio...
Veniamo quindi a sapere che, di fronte ad un sindaco che ha già dato, da tempo, la sua disponibilità a ricandidarsi, il PD continua a nicchiare. Niente di nuovo, direte voi...
In effetti, è così: ma continua a farci sorridere il pensiero che il PD voglia scaricare sul sindaco Romagnoli - che per inciso non ha fatto nulla per farsi volere un po' più bene - la responsabilità del proprio fallimento negli ultimi cinque anni di amministrazione: infatti, in consiglio comunale, chi siede???
Altra nota: sappiamo che fanno comunque parte "di diritto" dell'esecutivo del PD pratese, ma da quando i presidenti di ASM, di Consiag e dell'ATO fanno anche parte della segreteria politica, e ne sono talmente tanto parte integrante da poter partecipare a "vertici" che possono decidere il futuro candidato a sindaco?
Niente male, eh?
MV

da La Nazione del 30/09/08
Candidato sindaco
Squittieri, via al ‘giro d’ascolto’ Su incarico dei big del Pd, dopo un vertice ristretto e segreto

E’ STATA una riunione davvero ristretta quella di sabato scorso in via Carraia, ristretta e riservata. Gli stati maggiori del Pd si sono incontrati per la prima volta per confrontarsi sui mille problemi della città, sulle prossime scadenze elettorali, sulla situazione del partito. Un incontro rinviato più volte, che la leader dei Democratici pratesi Benedetta Squittieri ha deciso alla fine di convocare, anche in preparazione dell’assemblea provinciale che è terminata ieri a tarda notte. Il dibattito è stato franco, non teso. Il sindaco Romagnoli ha detto in sostanza: «Ribadisco la mia disponibilità a ricandidarmi, ma con l’appoggio convinto del partito. Non voglio essere considerato un ripiego».

LO DISSE per la prima volta ormai quasi tre mesi fa, alla festa del Pd di Maliseti, che era pronto a fare il bis. Da allora nessun pronunciamento ufficiale è arrivato da parte dei vertici del Pd. Sabato pomeriggio in via Carraia c’era lui, c’era il presidente della Provincia Massimo Logli, c’era la segreteria al gran completo, c’erano i parlamentari Andrea Lulli e Antonello Giacomelli, i presidenti di Asm e Consiag, Adriano Benigni e Paolo Abati, i capigruppo in Comune e Provincia Luca Roti e Fabio Rossi, il consigliere regionale ed ex sindaco Fabrizio Mattei, il presidente del consiglio comunale Daniele Mannocci e quello dell’Ato dell’acqua Gianni Del Vecchio, l’ex segretario dei Ds. Pur con accenti diversi, tutti hanno riconosciuto la situazione critica di Prato, la necessità di «un cambio di passo», come si usa dire in politichese e «di mettere al servizio della città le energie migliori», di preparare il migliore dei programmi elettorali possibili, sul quale costruire le eventuali e future alleanze.

NON CI SONO state frizioni, né scontri. Ma la consapevolezza condivisa della complessità del momento e delle scelte da fare, molto presto. Il regolamento del Pd prevede infatti che i sindaci e i presidenti della Provincia al primo mandato debbano comunicare ufficialmente la volontà di ricandidarsi entro il 15 ottobre. Lo dovranno fare a un apposito comitato organizzativo per le primarie, che è stato costituito ieri notte, all’assemblea provinciale convocata alla casa del popolo di Coiano. Così la riunione ristretta di sabato scorso ha stabilito di comune accordo i prossimi passi: la segretaria Squittieri in queste due settimane procederà a un «giro d’ascolto», sentirà cioé il partito, in tutte le sue espressioni (ma non solo quello), prima di sciogliere il suo riserbo e presentare agli stati maggiori del Pd la sua posizione, la sua proposta. Non saranno giorni facili per la giovane leader dei Democratici pratesi.

CI SONO i problemi della città, c’è un malcontento che cresce, ci sono giudizi non sempre lusinghieri sull’operato della giunta comunale. C’è un sindaco al primo mandato e ci sono anche mille equilibri di cui tener conto. Ora però non c’è più tempo. Da tre mesi Romagnoli dice di essere pronto. Entro il 15 ottobre il partito gli dovrà una risposta. Squittieri ha già iniziato ad ascoltare. Poi sarà lei a dover parlare.
an. be.

Piste ciclabili. Buone solo per le gite domenicali... e per le campagne elettorali

Da tempo sosteniamo che le piste ciclabili a Prato, per come sono strutturate, servono poco più che alle gite domenicali. Se a questo aggiungiamo le condizioni nelle quali versano, il panorama diventa ancor più desolante.
Ma era ovvio che in piena campagna elettorale si riuscisse a trovare qualche migliaio di euro per rifare il "lifting" alle ciclabili: potrebbero sempre tornare utili... E allora, ben vengano le elezioni!!!
MV


da Il Tirreno del 30/09/08
Piste ciclabili “ vietate” al calar del sole

Percorsi poco illuminati e auto parcheggiate lungo i tratti
A cinque anni dall’inaugurazione fontane rotte e scarse indicazioni

FRANCESCA GORI

PRATO. Sessanta chilometri dalle Cascine di Tavola a Gonfienti, frequentati ogni giorno da podisti e ciclisti, da sportivi e da semplici appassionati. Domenica mattina abbiamo percorso tutta la pista ciclabile in sella alle due ruote per vedere, a distanza di cinque anni dall’inaugurazione, ciò che va e ciò che potrebbe essere migliorato. A partire dal collegamento con il centro.
Dal parco delle Cascine per raggiungere il centro della città, ci troviamo di fronte a due alternative: percorrere la ciclabile fino a Santa Lucia e poi prendere la Gino Bartali, pedalando almeno 18 chilometri oppure cercare di tagliare dal polo scolastico di Reggiana. Ma qui capire dove si prende la pista Fazio Mario, quella che va da via Galcianese a via Monnet o la pista del polo scolastico, che collega Reggiana con via Viareggio, è un’impresa perché la segnaletica lascia un po’ a desiderare.
Optiamo per la strada più semplice, che è anche quella più lunga e ci decidiamo a pedalare fino a Galceti, per poi ripiegare su Santa Lucia e viale Galilei.
La strada è lunga e ci serve un po’ d’acqua. La prima fontana la troviamo al Parco delle Cascine, all’ingresso di via del Crocifisso. Ma già arrivati all’uscita del parco, in via della Fattoria ci imbattiamo nella prima fontanella rotta. Il primo ostacolo che incontriamo nel tratto di pista Costante Girardengo, dalle Cascine all’innesto del torrente di Iolo, oltre al manto stradale divelto dalle erbe infestanti, l’attraversamento della rotatoria con la tangenziale dove gli automobilisti rallentano di malavoglia, sono i lampioni mezzi spenti la sera e le auto che, scansati i panettoni nel tratto che va verso il Coderino, entrano sulla pista ciclabile. Una cattiva abitudine segnalata più volte in tratti diversi della pista ciclabile. Che in alcune zone non è raccomandabile assolutamente frequentare la sera.
Riprendendo il nostro viaggio, arriviamo alla fontanella del Coderino che però perde acqua. Qualcuno ha messo sotto il rubinetto un bidone per raccogliere l’acqua, senza pensare che così bere o riempire una borraccia diventa un’impresa. Con qualche difficoltà (la segnaletica lascia un po’ a desiderare), ci lasciamo alle spalle la Costante Girardengo per l’ Alfredo Binda, che collega Iolo a Maliseti. Il primo stop alla nostra pedalata è l’attraversamento di viale Manzoni a Iolo. Qui bisogna stare davvero attenti perché le auto, in barba alla segnaletica, sfrecciano a tutta velocità, creando una situazione di pericolo costante. Pochi metri più avanti, una piazzola di sosta, con la pavimentazione divelta e un tratto in sottopasso da appassionati di cross. Pista vietata, in questo tratto, la sera dopo il tramonto, perché manca completamente l’illuminazione. E l’unica fontanella per dissetarsi che si trova a metà strada, dopo l’attraversamento di Galciana (altro incrocio pericoloso), è rotta. Attraversato il ponte alla Dogaia (nel tratto di fronte al carcere una miglior definizio della pista non guasterebbe), dove ci sono pendenze da veri scalatori che ci costringono a scendere di sella, arriviamo sulla pista Ruggero Balli, che da Galceti ci porta dritti sul viale Galilei. Qui un po’ di segnaletica non guasterebbe e nemmeno qualche sistema di protezione.
Se la pista Gino Bartali, fatta salve per un dislivello da limare nel punto d’ accesso e la pavimentazione di qualche area di sosta da risistemare passa complessivamente l’esame, sulla pista Fausto Coppi, quella che corre a sinistra del Bisenzio fino a Gonfienti, qualche lavoro in più sarebbe necessario. Perché se è ancora impossibile raggiungere Vaiano, chi vuole avventurarsi su quel tratto di pista deve fare scorta d’acqua qualche chilometro prima, al ponte di piazza San Marco. L’unica fontana che c’è da lì alla Cartaia, è a Santa Lucia, ma il rubinetto è stato rotto. E anche le rotatorie che si trovano sulla pist, potrebbero essere ripensate perché in alcuni casi possono diventare addirittura pericolose.

200.000 EURO PER FARE LAVORI DI MANUTENZIONE SULLA RETE
I soldi, stanziati dal Comune, saranno spesi nei punti segnalati da runners e ciclisti

PRATO. Duecentomila euro per la manutenzione della pista ciclabile. L’assessorato all’Ambiente ha deliberato lo stanziamento lo scorso giugno, e i lavori, affidati ad Asm inizieranno a metà ottobre. Manutenzione che risponderà alle segnalazioni e alle lamentele di runners e ciclisti arrabbiati perché mancano le fontanelle per bere o perchè la segnaletica stradale non è abbastanza chiara, oltre che per eliminare i dislivelli e le erbe infestanti e installare parapedonali per separare la pista ciclabile dalla strada.
E forse l’assessorato all’Ambiente riuscirà a rispondere anche alle richieste di chi vorrebbe vedere la pista ciclabile tra il Monteferrato e le Cascine di Tavola completamente illuminata e utilizzabile così anche la sera. «La copertura elettrica era già stata predisposta - spiega l’assessore all’Ambiente Camilla Curcio - ma il genio civile ha espresso più volte parere negativo alla nostra richiesta di installare l’illuminazione, per problemi legati al rischio idrogeologico». Problemi che l’assessore Curcio sta cercando di risolvere. Nel progetto per illuminare quel lungo tratto di pista ciclabile infatti, i tecnici stanno pensando a due sistemi: installare dei fari orientabili sui pali della luce già esistenti e utilizzare impianti a pannelli fotovoltaici là dove non arriverebbe la luce dei fari.
«La scelta che abbiamo fatto - continua l’assessore - è quella di mantenere quel che abbiamo: un sistema di piste ciclabili che ci invidiano tante altre città. E’ vero che è bello avere strutture nuove, ma è importantissimo anche mantenere quel che abbiamo. E questo stanziamento va proprio in questa direzione».
Su tutti i tratti di pista ciclabile saranno installate apposite segnalazioni e segnaletica stradale nei vari punti in cui i ciclisti potrebbero avere difficoltà a seguire il tracciato e saranno rimodulate in alcuni casi le piccole rotatorie che costituiscono un ostacolo soprattutto per i ciclisti, sarà ripristinato il manto stradale in asfalto eliminando le erbe infestanti. Su buona parte delle piste ciclabili sarà anche risistemata la segnaletica orizzontale e le barriere parapedonali, oltre al ripristino del fondo in materiale stabilizzato sui tratti di pista ciclabile sterrati. Tra gli interventi previsti, anche la realizzazione di una nuova rampa di accesso alla pista ciclabile all’altezza del Ponte alla Dogaia, grazie al quale sarà eliminato il dislivello in corrispondenza della passerella.
E per gli incivili che viaggiano sulla ciclabile in auto o in motorino? Dal libro dei sogni dell’assessore Curcio, un nucleo di Polizia municipale dedicato alla tutela del verde. «E’ una richiesta che inoltrerò al comando - dice l’assessore - perché sia le piste che i giardini, oltre alla manutenzione hanno bisogno anche di essere frequentate dagli agenti per scoraggiare comportamenti scorretti».
Fra.Go.


ASM e il tetrapack

Incredibile ma vero! ASM, dopo 16 anni, ha deciso che forse era il caso di ricordare come si ricicla il tetrapack, anche ai tanti nuovi residenti...
Meglio tardi che mai!
MV

da Il Tirreno del 30/09/08
Prato pensa al tetrapak

PRATO. Ottantamila depliant, tradotti anche in cinese, spiegheranno ai cittadini di Prato cos’è il tetrapak, da cosa è composto, dove e come conferirlo.

E’ la campagna d’informazione lanciata da Asm Spa, società partecipata del Comune di Prato, in collaborazione con il consorzio Tetrapak.
I depliant informeranno le famiglie pratesi su uno dei materiali di uso comune per il quale l’azienda Asm è stata la prima in Italia, nel 1992, ad avviare la raccolta differenziata nell’ambito di un progetto a livello europeo. «Riciclare il cartone per bevande (tetrapak) - spiega l’azienda - significa rispettare l’ambiente e diventare protagonisti di grossi benefici: si risparmiano risorse, si riducono le emissioni inquinanti e si dà nuova vita al materiale che rinasce ogni volta che viene riciclato correttamente».
Il depliant spiega anche che il tetrapak va sciacquato, schiacciato e poi buttato in uno dei 2.100 cassonetti gialli destinati a carta e cartone posizionati a Prato e provincia.ù

Toscana. Riciclato solo un terzo dei rifiuti

La notizia pubblicata dal Tirreno non stupisce...
La Toscana riesce a riciclare solo il 34% circa della propria produzione di rifiuti, mentre l'obiettivo, nel 2010, sarebbe quello di arrivare al 50%.
Il perché, a nostro parere, è sotto gli occhi di tutti: le resistenze, da parte di comuni e municipalizzate, ad investire pesantemente in sistemi di differenziazione spinta e porta a porta (magari sempre con la solita scusante del "dover prima sperimentare"), che hanno già dato frutti positivi. L'esperienza di Capannori, non a caso il comune più "riciclone", è lì a testimoniarlo.
Insomma, ancora una volta sembra più mancare la volontà politica che altro, e sarebbe l'ora che qualcuno ci spiegasse il perché!
MV

da Il Tirreno del 30/09/08
Ricicliamo solo un terzo dei rifiuti

I toscani pigri al cassonetto. Entro 2 anni dobbiamo arrivare al 50%

In Lucchesia i più bravi: il record a Capannori (59%)

L’aumento è quasi impercettibile, ma dimostra che anno dopo anno la Toscana sembra diventare sempre più convinta a fare la raccolta differenziata. La lieve crescita, in dati numerici, significa nel 2007 quota 33,77% contro il 33,42% del 2006. Vuol dire che ogni cittadino toscano ha gettato in media nei cassonetti della raccolta differenziata - vetro, plastica, carta, lattine, potature - poco più di 217 kg. a testa. Gli aretini ne hanno gettati meno di tutti, solo 144 kg, mentre Prato è salito al top con 274. In vista dell’obiettivo del 50% di raccolta differenziata fissato per il 2010, l’assessore regionale all’ambiente Anna Rita Bramerini ha detto di «ritenere necessario e urgente che gli Ato della Toscana, e soprattutto i tre nuovi in fase di costituzione, utilizzino i soldi già in parte messi loro a disposizione dalla Regione, 23 milioni del piano regionale di azione ambientale e 8 derivati dall’ecotassa, per implementare il servizio e fare gli impianti che servono come compendio alla differenziazione dei rifiuti, in particolare quelli di compostaggio per l’organico e di selezione per il multimateriale».
Chi è al top. Il primato toscano, a livello di Ato, spetta a Siena dove la raccolta differenziata ha raggiunto il 41,45%, mentre come città al primo posto c’è Lucca con il 47,22%. In Regione dicono che i risultati dell’Ato senese dimostrano come l’investimento mirato ad avere una buona dotazione impiantistica dia risultati: è stato infatti il primo a realizzare tutti gli impianti previsti, termovalorizzatore compreso.
La percentuale minima. La soglia del 35%, quella minima prevista per la raccolta differenziata (normativa nazionale del 2006), è stata comunque superata anche in altri Ato che non pagheranno né tasse né addizionali. Negli Ato meno virtusi - quelli che invece dovranno pagare l’addizionale del 20% per il conferimento in discarica oltre all’ecotassa regionale - i singoli Comuni che hanno scavalcato la soglia del 35% di “differenziata” saranno esonerati dai pagamenti.
Dopo il primato di Lucca città, ecco quindi - fra gli Ato che ce l’hanno fatta - proprio quello lucchese che è a quota 38,33%; quindi Firenze al 37,19%, Pistoia e Circondario Empolese al 35,14%, Prato al 38,9%. Fra i Comuni la performance migliore è stata quella di Capannori con il 59,69%, seguito da Tavarnelle Val di Pesa al 55,29%, Colle Val d’Elsa al 52,83% e Buonconvento al 52,15%. Bene anche Castagneto Carducci con il 49,64%, Pontedera con il 43,08%, Massa e Cozzile con il 43,26%, Volterra con il 40,9%, Empoli con il 39,48%, Viareggio con il 38,39%, Aulla con il 37,85%.
La fiducia di Bramerini. «Anche se il miglioramento è lieve - ha spiegato l’assessore Bramerini - siamo fiduciosi per il futuro. Dal 2008, infatti, la Regione ha scelto di non gestire autonomamente i fondi destinati alla raccolta differenziata, ma di affidarli agli Ato. In tutto abbiamo messo a disposizione 31 milioni: per utilizzare parte di queste risorse gli Ato hanno già predisposto i bandi a cui possono partecipare Comuni e aziende toscane del settore e molti di questi sono già in scadenza. Ci aspettiamo di vedere presto i risultati, per avvicinarci a quel 50% previsto a livello nazionale e regionale».
I materiali recuperati. La raccolta differenziata ha permesso di certificare oltre 289mila tonnellate di carta e cartone (35,4% del totale); 135mila di rifiuti organici (16,9%); quasi 100mila di potature (12,3%); 78mila di legno (9,7%); 72mila di vetro (9%); 40mila di metallo di metallo (5%); 33mila di plastica (4,1%); 32mila di rifiuti ingombranti (4%): 7mila di stracci (0,9%); 4mila di lattine (0,5%); oltre 2mila di rifiuti urbani pericolosi (ad esempio le pile esaurite) che rappresentano lo 0,3%, ed infine 14milatonnellate di materiale di vario genere (1,7%).
I controllori. E c’è anche chi mette le mani nel sacco della raccolta differenziata: possono essere gli stessi operatori ecologici oppure personale (ci sono anche neolaureati in scienze ambientali) formato ad hoc da alcune aziende: armati di guanti e mascherina aprono i sacchetti e verificano cosa c’è dentro. Chi è sorpreso a mettere plastica nel sacco o nella campana del vetro rischia una multa che in alcuni Comuni può arrivare a 500 euro.
In alcune città, invece, operano le guardie eocologiche volontarie di Legambiente. In Toscana controllori o mediatori del genere per adesso non ne risultano. A Livorno da domani al Picchianti (periferia cittadina di abitazioni e piccola industria) si comincia la raccolta porta a porta: «Ne abbiamo parlato con aziende, residenti e circoscrizione - spiega Filippo Di Rocca presidente dell’Aamps, l’azienda dei rifiuti - Abbiamo detto di verificare senza bisogno di mediatori, nel caso invece se ne dovesse presentare la necessità decideremo sul da farsi».
E.A.

Alimentazione/economia. La civiltà della carne.

Una mucca salverà la terra!

(di Jeremy Rifkin)


La produzione di carne è responsabile delle carestie e del cambiamento del clima. Ecco perché le popolazioni più ricche dovrebbero cambiare dieta
L’impressionante aumento dei prezzi energetici dello scorso anno ha determinato un aumento altrettanto impressionante dei prezzi dei generi alimentari in tutto il mondo. La crisi è stata esacerbata dalle ripercussioni ‘in tempo reale’ che il cambiamento del clima sta avendo sull’agricoltura, in primis siccità, alluvioni e altri cataclismi climatici che hanno pesantemente inciso sulla produzione degli alimenti di base in molte aree del mondo. Le proteste di piazza ormai dilagano in oltre 30 Paesi e i leader politici paventano che gli ulteriori aumenti dei prezzi dei generi alimentari e l’escalation della rabbia e della disperazione dell’opinione pubblica possano esautorare i governi di buona parte del mondo in via di sviluppo e condurre a preoccupanti quanto difficili conseguenze per l’umanità. Inopinatamente, la crisi alimentare è stata trasformata da sfida umanitaria in una questione di sicurezza planetaria. Nelle scorse settimane sono stati organizzati in tutta fretta vari vertici internazionali sulla crisi alimentare globale per analizzare in particolare il rapporto di causa-effetto tra l’aumento dei prezzi energetici, l’impennata dei generi alimentari e le ripercussioni del cambiamento del clima sulla produzione agricola.
Al vertice della Fao di giugno si sono dati appuntamento oltre quattromila rappresentanti di oltre 180 paesi, tra i quali capi di Stato, uomini d’affari, esponenti delle più importanti organizzazioni della società civile, con l’intento di discutere della crisi alimentare, del cambiamento del clima e dei problemi energetici. Alla fine della conferenza, tuttavia, nemmeno uno tra i rappresentanti politici ha detto alcunché sulle cause sottaciute della crisi e su come le politiche agricole abbiano un impatto profondo sul cambiamento del clima.
Ciò che tutti hanno sotto gli occhi e nessuno pare essere disposto ad ammettere e tanto meno a segnalare all’attenzione altrui è una mucca. L’industria mondiale delle carni si è divorata fino al 40 per cento delle terre coltivabili del pianeta e ha trangugiato ingenti quantità di riserve di carburanti fossili affinché un’esigua percentuale della popolazione terrestre possa banchettare con gli alimenti più in alto nella catena alimentare globale mentre centinaia di milioni di altri esseri umani si trovano a dover far fronte a malnutrizione, carestia e morte.
Mentre il prezzo del petrolio continua a salire - ci stiamo avviando ormai al picco della produzione globale di greggio - il baratro tra ricchi ipernutriti e poveri sottonutriti non potrà che allargarsi a sua volta, portando, senza mezzi termini, a un mondo di ingordi assediati da popoli nella morsa della carestia. Ad acuire ancor più il problema è il fatto che la produzione della carne è la seconda più importante causa del cambiamento del clima e neanche Al Gore ne parla. L’umanità non sopravviverà se i più ricchi del pianeta non attueranno una drastica inversione di rotta nella loro alimentazione. Questa è la realtà.
Tanto per cominciare, lo strabiliante aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali ha avuto l’anno scorso un ruolo eloquente nell’escalation dei prezzi dei cereali. L’agricoltura moderna dipende in ogni sua fase di produzione dei generi alimentari dal petrolio e dai derivati dei combustibili fossili. Nei fertilizzanti, nei pesticidi, negli imballaggi si usano sostanze petrolchimiche, e per far funzionare i macchinari agricoli e trasportare i prodotti in mercati anche molto lontani serve naturalmente la benzina. Il risultato è che l’impennata dei prezzi dei carburanti ha inciso assai sulla coltivazione dei cereali in tutto il mondo: in media negli ultimi 12 mesi i prezzi sono aumentati del 54 per cento. Quelli dei cereali, in particolare, in quello stesso arco di tempo sono saliti del 92 per cento; il riso e il grano costano il doppio rispetto all’anno scorso.
Per i 2,7 miliardi di persone che guadagnano meno di due dollari al giorno aumenti di questa portata fanno vacillare gli equilibri: per loro scatta l’instabilità che li spinge dalla sopravvivenza alla fame fino addirittura alla morte. Jacques Diouf, direttore generale della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, afferma che attualmente sono circa 862 milioni gli esseri umani privi di adeguato accesso al cibo.
Molti esperti imputano l’aumento dei prezzi degli alimenti alla conversione dei terreni agricoli, passati a produrre biocarburanti. L’idea di fondo di questa teoria è che aumentando le terre coltivabili destinate ai biocarburanti si faccia decollare il costo dei cereali destinati all’uomo. In altre parole, la questione si riassume in un interrogativo: è meglio alimentare le automobili o sfamare gli esseri umani?
Mentre i biocarburanti rivestono un ruolo indiscusso nell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, e potrebbero tuttora continuare a farlo salire, il loro impatto di fatto è ancora marginale: nel 2007 meno del 3,5 per cento dell’intera produzione alimentare mondiale è stata convertita alla produzione di biocarburanti.
Tutto ciò ci conduce di conseguenza al nocciolo della questione, rimasta per ora in secondo piano e senza soluzione. Il problema infatti non si riduce a un insolito dilemma - alimentare le automobili o sfamare gli esseri umani - né semplicemente nell’aumentare a breve termine la produzione di petrolio. Il vero problema, nel momento in cui il prezzo del petrolio continua a salire innescando aumenti dei generi alimentari negli anni a venire, è capire se dovremmo usare i cereali per nutrire le bestie o per sfamare gli uomini. Ed è proprio questo ciò di cui nessun leader pare preparato a parlare.
La Fao delle Nazioni Unite ha affrontato questo tema in uno studio pubblicato nel 2006 e intitolato ‘Livestock’s Long Shadow: Environmental Issues and Options’. Da tale rapporto risulta che nel solo 2002 sono diventati mangimi per il bestiame 670 milioni di tonnellate di cereali, pari più o meno a un terzo della produzione globale di cereali.
Il punto è che sempre più terra coltivabile del pianeta è adibita alla coltivazione di mangimi per gli animali, il che significa che di conseguenza sempre meno terra è riservata alla produzione di cereali per l’alimentazione umana e tutto ciò influisce negativamente sul prezzo degli alimenti accessibili ai più poveri del pianeta. A peggiorare le cose, la Fao ha stimato che la produzione di carne raddoppierà entro il 2030, a discapito dei terreni coltivabili che in futuro produrranno mangimi per animali in percentuale sempre crescente.
Ma la crisi nata dalla contrapposizione di cereali per l’alimentazione umana e mangimi per animali (’food versus feed’) non si ferma alle centinaia di milioni di persone affamate. Altrettanto importante, infatti, è il rapporto di causa-effetto tra mangimi, aumento della produzione di carne, consumi e riscaldamento globale, anche se a quanto pare nessuno al summit mondiale si è sentito di parlarne apertamente. In verità la carne (ottenuta da bovini cresciuti a mangimi) che portiamo in tavola è la seconda causa per importanza di riscaldamento globale dopo gli impianti di riscaldamento delle case. Rajendra Kumar Pachauri, presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (che ha ricevuto il premio Nobel 2007 della Pace insieme ad Al Gore) ha invitato i consumatori di tutto il mondo a ridurre il loro consumo di carne, primo passo per affrontare il cambiamento del clima.
Da uno studio Fao delle Nazioni Unite pubblicato nel 2006 risulta che il bestiame produce il 18 per cento delle emissioni di gas serra, ovvero complessivamente più di tutti i mezzi di trasporto. Il bestiame, soprattutto i bovini, è responsabile del 9 per cento dell’anidride carbonica prodotta dalle attività umane, ed è responsabile altresì di una percentuale nettamente superiore di gas serra ancora più dannosi. Al bestiame si deve infatti il 65 per cento delle emissioni di protossido d’azoto rilasciato dalle attività umane: il protossido d’azoto ha un effetto sul riscaldamento terrestre pari a 300 volte quello dell’anidride carbonica. La maggior parte delle emissioni di protossido d’azoto è dovuta al letame. Inoltre il bestiame emette il 37 per cento di tutto il metano riconducibile alle attività umane, gas che rispetto all’anidride carbonica incide nella misura di 23 volte sul riscaldamento del pianeta.
Mentre deploriamo l’inefficienza energetica e lo spreco dovuto alla scelta di automobili che consumano molta benzina, l’inefficienza energetica e lo spreco legati allo spostamento verso un regime alimentare a base di carne è infinitamente peggiore. Si consideri infatti che un ettaro coltivato a cereali produce il quintuplo delle proteine di un ettaro utilizzato per la produzione di carne. I legumi producono dieci volte quelle proteine, e i vegetali a foglia 15 volte le proteine per ettaro di terreni di pari dimensioni destinato alla produzione di carne.
Per produrre mezzo chilo di carne cresciuta negli Stati Uniti a base di mangimi, l’industria del bestiame utilizza l’equivalente di quattro litri di benzina. Per sostenere le esigenze annuali in termini di consumo di carne di una famiglia media di quattro persone - più o meno 118 chili - sono necessari oltre mille litri di combustibile fossile. Allorché si brucia questa quantità di carburante, si rilasciano nell’atmosfera altre 2,5 tonnellate di anidride carbonica, quasi quanto un’automobile di media cilindrata rilascia in sei mesi di utilizzo normale.
Le implicazioni del rapporto della Fao sono palesi: è giunta l’ora di porre un drastico limite e fissare una soglia per le emissioni di metano e di protossido d’azoto nel settore agricolo, per incoraggiare l’industria dell’allevamento del bestiame a introdurre nuove modalità atte a tagliare le emissioni. Dovremmo altresì prendere in considerazione l’idea di approvare una tassa sui mangimi e sulle carni per incentivare una forte riduzione dei consumi, proprio come oggi si applica un prelievo fiscale sulla benzina per perseguire il medesimo scopo. Una tassa sui mangimi e le carni determinerebbe quasi sicuramente un ritorno alla produzione di cereali destinati all’alimentazione umana e affrancherebbe buona parte delle vaste terre agricole attualmente usate per produrre cereali destinati al bestiame e ad altri animali come mangimi.
Dovremmo altresì incoraggiare gli sforzi miranti a disincentivare le pratiche agricole che ricorrono a combustibili fossili e a prodotti chimici pesanti, ivi compresa la tecnologia di produzione degli Ogm, indirizzando di preferenza al ricorso a pratiche più biologiche e agro-ecologiche: a quel punto i costi legati alla coltivazione di cereali destinati all’alimentazione umana scenderebbero ulteriormente.
La nostra determinazione a ridurre sensibilmente lo spreco di energia e il nostro impatto sul riscaldamento globale, dovuto al riscaldamento degli edifici e all’alimentazione dei mezzi di trasporto, dovrebbe essere eguagliata dall’altrettanto aggressivo impegno a seguire lo stesso l’esempio nelle nostre pratiche agricole. In definitiva il passaggio dalla produzione di mangimi alla produzione di alimenti destinati all’uomo e il passaggio da un’agricoltura sostenuta da sostanze chimiche a un’agricoltura biologica sostenibile sono gli unici mezzi ai quali possiamo ricorrere a lungo termine per affrontare la duplice sfida della crisi alimentare globale e del cambiamento del clima. I consumatori ricchi e benestanti del mondo dovranno effettuare una scelta ponderata in fatto di regime alimentare, a beneficio dei loro consimili e del pianeta che tutti abitiamo. I governi dovranno fare altrettanto. Il tempo a disposizione si sta esaurendo.


*Jeremy Rifkinpresiede la Foundation on Economic Trends, Stati Uniti.

Ha scritto 17 libri, tra i quali ‘Ecocidio: ascesa e caduta della cultura della carne’

traduzionedi Anna Bissanti

lunedì 29 settembre 2008

Prato. Il problema di capire se i cinesi sono davvero un problema.

Avevamo già pubblicato questa notizia ma vogliamo ricordarvi ancora questo incontro. Ce ne ha dato notizia il garante della comunicazione del Comune di Prato, Laura Zecchini. Qualche tempo fa ci si chiedeva la stessa cosa dei rifiuti: problema o risorsa? Noi anche in questo caso siamo per la raccolta senza incenerimento. mv


Convegno "La comunità cinese di Prato. Problema o risorsa?"

che si terrà a Prato il 3 ottobre 2008 alle ore 21,00

presso il laboratorio della Città per il Piano Strutturale -

Palazzo Pacchiani, Via Mazzini, 65 (ex sede Marconi).


Per ulteriori informazioni potete consultare il sito: http://partecipazione.comune.prato.it/

Nucleare. Frassoni bacchetta Scajola



NUCLEARE: "QUELLO RAPIDO, SICURO E PULITO E' UN SOGNO DI SCAJOLA E DELLA LOBBY DELL'ATOMO".


Dichiarazione di Monica Frassoni, Co-Presidente del Gruppo dei Verdi/ALE al Parlamento europeo, Roma, 29-09-'08


"E' facile manipolare una materia così delicata e complessa come il nucleare: la promessa di Scajola a Confindustria è irrealizzabile, ma è anche dannosa perche distrae attenzione e risorse alle vere priorità, rinnovabili e risparmio energetico"
Così Monica Frassoni, Co-Presidente dei Gruppo Verde al Parlamento europeo, commenta le affermazioni odierne del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, a margine di un convegno sull'energia organizzato dal Sole 24 ore."Costa un sacco di soldi (pubblici) ed è complicato costruire una centrale nucleare fatta perbene, come ben sa la lobby nucleare che in trent'anni non ha risolto nessuno dei problemi che ne decretarono il declino 30 anni fa, sicurezza e scoria e che da Chernobil ad oggi ha visto più di 100 incidenti prodursi nel mondo spesso passati sotto silenzio. - spiega Frassoni.
Secondo i dati dell'Autorità per la sicurezza nucleare francese (ASN), occorrono almeno cinque anni per scrivere una legge, creare un'autorità e renderla operativa mobilitando le competenze adeguate in materia di sicurezza e controllo. Dai due ai dieci anni sono poi indispensabili per l'iter di autorizzazione alla costruzione di una centrale e che non meno di cinque anni (nello scenario più roseo) sono richiesti per la costruzione della centrale stessa: tempi lunghi per quella che alcuni vedono come la tecnologia meglio in grado di ridurre le emissioni di carbonio.
La posa della prima pietra entro la fine della legislatura è dunque un sogno di Scajola e della lobby dell'atomo.
Ma il Ministro è disposto a sprecare molti soldi degli italiani, mentre allo stesso tempo dice di non averne per investire nel solare e nell'eolico. Peraltro, se il modello del governo italiano è la Finlandia, è bene si sappia che l'unico reattore in costruzione in Europa, dopo la chiusura di quello francese dell'Epr, è appunto il finlandese dell' Olkiluoto-3 i cui costi hanno già raggiunto la ragguardevole di cifra di 4,5 miliardi di euro rispetto ai 3 inizialmente preventivati. Quanto ai ritardi dei lavori, sono già sono stati accumulati più di due anni. Non è un caso se negli Stati Uniti da 34 anni tutte le richieste di autorizzazione per la costruzione di una centrale nucleare vengono seguite regolarmente da un abbandono del progetto da parte dei proponenti, che non hanno alcun desiderio di imbarcarsi in un impresa i cui rischi economici nel medio termine hanno una probabilità di gran lunga superiore ai benefici economici sul lungo termine. La verità - conclude la parlamentare europea - è che senza ingenti investimenti pubblici il nucleare semplicemente non produce profitto ed il ministro Scajola, nonostante le promesse, lo sa bene".

Nuovo stadio di Firenze. Del Lungo: partecipazione non cogente e meno traffico in città.


Raccogliamo questa INTERVISTA dell'assessore verde Del Lungo e ve la serviamo così com'è. Diciamo che non siamo d'accordo con lui.
Mv

Firenze, Del Lungo: «Con lo stadio a Castello forte riduzione del traffico»
di Diego Barsotti


Il progetto avanzato dai Della Valle per il nuovo stadio di Firenze, un progettino chiavi in mano firmato Fuksas, che andrebbe a insediarsi nell´area di Castello trasformandola in una cittadella dello sport, della cultura e (soprattutto) dello shopping, sta infiammando il dibattito fiorentino e rappresenterà sicuramente uno dei temi attraverso i quali saranno sfogliati i petali dei possibili candidati a sindaco delle elezioni della prossima primavera.
Ma al di là del merito del progetto, sul quale ovviamente non mancheranno occasioni di confronto, ci piacerebbe oggi tentare di mettere a fuoco i contorni procedurali dell´intera vicenda e per farlo abbiamo chiesto lumi all´attuale assessore all´ambiente del comune di Firenze, Claudio Del Lungo.(Nella foto)
Assessore Del Lungo, al di là del merito, oggi il nocciolo della vicenda ci sembrano le procedure urbanistiche e non solo. Fino ad oggi sono state rispettate e saranno rispettate anche nel caso di una delibera di Giunta che vada a modificare il piano regolatore rendendolo pronto all´eventuale realizzazione del progetto Della Valle?
«Allora, intanto bisogna ricordare che il piano strutturale di Firenze è in dirittura d´arrivo. Ha raccolto tutte le osservazioni, le ha recepite o contro dedotte, ha risposto a tutte le prescrizioni della Regione e quindi è pronto per essere approvato. L´approvazione deve avvenire sicuramente entro questa legislatura, quindi entro la prossima estate, ma l´assessore Biagi sperava di riuscire ad arrivarci già entro la fine di dicembre».
Questo piano strutturale ovviamente non contempla l´ipotesi del nuovo stadio. In che modo potrà essere modificato il piano regolatore?
«E´ evidente che se si introduce una modifica sostanziale bisognerebbe rifare tutto daccapo e mi sembra improponibile. L´unica cosa possibile credo sia quella di una previsione di larga massima che prevede la delocalizzazione dello Stadio ma che non individua il luogo».
Per un progetto del genere che tipo di verifiche ambientali devono essere fatte? Nessuno finora, mi sembra, ha parlato per esempio di Via.
«Lo stadio in sé non è nelle elenco delle opere soggette a valutazione di impatto ambientale, a meno che il riassetto urbano non interessi un´area superiore ai 10 ettari, quindi bisogna capire bene di quale progetto si parla. Lei giustamente parla solo dello stadio e quindi in quel caso la Via non serve, ma ai Della Valle ovviamente interessa più il contesto intorno allo stadio che lo stadio stesso, perché il loro obiettivo è che quest´investimento produca soldi per la fondazione che li reinvestirà nella Fiorentina. Ecco, se quindi insieme allo stadio rimane anche tutto il resto allora la Via dovrà essere fatta e comunque a naso direi che in ogni caso i benefici ambientali saranno maggiori degli svantaggi».
Facciamo uno strappo, stiamo entrando nel merito del progetto. Perché secondo lei vi saranno vantaggi ambientali?
«Noi abbiamo tutti dati di chilometraggio per i 4mila cordoni fiorentini di origine/destinazione, sappiamo quanti veicoli vanno verso lo stadio ogni volta che c´è una partita o un concerto. Lo stadio a Castello sposterebbe il traffico fuori città e i chilometri percorsi sarebbero molti meno, anche perché a Castello domani ci arriveremo con il treno che avrà una sua stazione, con il tram che arriva lì attraversando tutto il parco e con l´aeroporto che è a due passi».
Ovviamente l´impatto ambientale non potrà misurarsi esclusivamente attraverso il pur importante parametro del traffico, ma tornando al metodo: non crede che un progetto destinato a cambiare una parte della città, ma anche probabilmente ritmi e spostamenti dei cittadini, dovrebbe essere affrontato fin dall´inizio attraverso il percorso partecipativo elaborato dalla nuova legge regionale sulla partecipazione?
«Il piano strutturale ha un percorso fortemente partecipato. Le leggi 5 e 1 fanno entrambe riferimento al garante dell´informazione inventato da me e Franchini nel 2004: una volta adottato il cittadino fa le osservazioni che devi accogliere o contro dedurre una per una. Il passaggio successivo è in Regione che poi lo rimanda al Comune per le eventuali correzioni». Siamo d´accordo, ma l´introduzione nel piano strutturale di una "previsione di larga massima per la delocalizzazione dello stadio" non avrebbe passaggi partecipati.
«Ma questa modifica saranno 3 righe da aggiungersi magari nella parte introduttiva del piano strutturale, la partecipazione in questo caso non è cogente, mentre la attiveremo nel momento in cui si fa la modifica del piano strutturale. Ora si tratta soltanto di un atto di indirizzo che si studierà un´ipotesi del genere. Comunque le assicuro che se oggi andassimo a chiedere ai 50mila cittadini di Campo di Marte troveremmo il 99% favorevoli alla delocalizzazione. E anche i tifosi che fino a poco tempo fa erano contrari soprattutto per ragioni affettive, oggi sono molto più favorevoli».
A parte il fatto che così come la partecipazione non determina a prescindere la decisione migliore, così non la determina la maggioranza delle opinioni. Comunque c´è anche un altro elemento da tenere in considerazione, ovvero il piano del commercio.
«Infatti la Regione ha subito detto che di nuovi centri commerciali non se ne parla almeno fino al 2010, come previsto dal piano del commercio. Inoltre un altro elemento su cui stiamo discutendo troppo poco è il futuro dell´Artemio Franchi, che è anche tutelato dalla sovrintendenza: è chiaro che abbandonarlo sarebbe un´offesa grave a tutta la città, per quello che rappresenta e per quello che può ancora dare. E´ quindi necessario sviluppare un dibattito e un confronto anche su questo tema».

Politica. Ci risiamo

CI RISIAMO ( dal blog di Domenico Finiguerra)

“Se si arrivasse a un sistema presidenziale, Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica dello Stato, perche’ ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il paese”. Lo dice Massimo D’Alema a Bruno Vespa per il libro “Un’Italia diversa”.

Il super tattico baffino è grandioso. Dopo la Bicamerale e il dialogo Veltroniano, ci risiamo.

Mi pare di vedere la scena di un film grottesco in cui un uomo con le spalle al muro e un coltello puntato alla gola, dice al suo aggressore: “Guarda che se fai il bravo ragazzo, ti presto tutti i soldi che ho in tasca. Però me li devi ridare entro una settimana…”.

Ma si!!! Facciamogli fare pure il Presidente della Repubblica.

Il 12 giugno scorso ho lanciato una Petizione Nazionale Preventiva contro l’elezione del Sig. Berlusconi Silvio alla più alta carica dello stato.

L’ho inviata per conoscenza anche ai vertici del PD. Ora capisco perchè qualcuno non ha firmato. Stava già lavorando ad un’altra petizione…

Se volete firmare e fare girare, la petizione è sempre aperta. Ed è piccola e gratuita opposizione…

Firma quì

26 settembre. Giornata Europea delle Lingue

Parigi, Giornata Europea delle Lingue: «Parlare la tua lingua è come abbracciarti»
da cafebabel.com

Waterloo degli Abba negli altoparlanti. Sarà la colonna sonora ufficiale della Giornata Europea delle Lingue di Parigi? Nel corso della conferenza stampa ufficiale tentuasi a Parigi il 16 settembre, vicino al Louvre, il Ministro della Cultura francese, Christine Albanel, e coloro che con lei dividevano la tavola rotonda, hanno spiegato come celebreranno questa giornata. D’altronde siamo in piena Presidenza francese, ricorda Albanel.

L’inglese globale non è la lingua di Virginia Wolf

Il Ministro della Cultura francese, Christine Albanel | (Foto: artypop/Flickr)A marzo il Ministro aveva rilasciato al giornale inglese The Telegraph un’intervista in cui dichiarava che la Presidenza francese «poteva essere un’occasione per incoraggiare l’uso di più lingue, al posto dell’inglese internazionale, o globale, che è una versione attenuata dell’inglese vero e proprio e non ha nulla a che fare con la lingua di Virginia Woolf». E continua: «c’è chi pensa che la diversità linguistica e culturale sia un ostacolo alla comunicazione», dice sostenendo che i francesi si stiano impegnando a valorizzare le altre lingue.

«Parigi, Francia, Europa», è la linea della filosofa di origine bulgara Julia Kristeva, tra i partecipanti alla confernza. Citando il detto del poeta francese Jean de la Fontane, «diversité c’est ma devise» (“diversità è il mio motto”), nel corso della conferenza ha preso in giro l’idea del Presidente Nicolas Sarkozy del «secolarismo positivo» della cultura francese, ribattezzandola «laicità iperpositiva»., Dopo di lei, è la volta della star della canzone portoghese Lio, che si è trasferita in Belgio da piccola per scappare dalla dittatura di Salazar. La cantante, con un cardigan sulle spalle, si scosta dalla fronte la frangia di capelli castani e promette di dare un tocco di hip-hop all’evento. «Se parlo la tua lingua è come se ti abbracciassi», dice l’artista, giudice dell’attuale edizione del reality show musicale francese, Nouvelle Star, sottolineando l’intimità che un rapporto guadagna se si impara la lingua dell’altro. Presente anche Rudi Wester, presidentessa del forum degli istituti culturali stranieri di Parigi (Ficep), che parla sei lingue, compreso il frisone dei suoi natii Paesi Bassi.

In linea con la strategia Ue a sostegno del multilinguismo, il commissario rumeno Leonard Orban, sarà a Parigi il 26 settembre, per quella che Albanel presenta come «una giornata di riflessione sugli stati generali del multilinguismo».

Prato verso le amministrative. Assemblea provinciale del PD

Siamo veramente curiosi di sapere come andrà a finire...
MV

da la Nazione del 29/09/08
Pd, è il giorno dell’assemblea provinciale: stasera a Coiano

E’ IL GIORNO dell’assemblea provinciale del Pd. Stasera alle 21 al circolo di Coiano è fissato un appuntamento molto atteso per capire di più su strategie, programmi e candidati dopo i forum e le riunioni della settimana scorsa. Stasera, in particolare, dovrà insediarsi il comitato organizzativo delle primarie e il partito dovrebbe discutere di quel ruolo di guida che aspira ad assumere in questo momento di crisi, un tema, questo, che è ritornato spesso durante i forum e durante le tappe di avvicinamento all’assemblea di stasera. Un tema che sarà centrale nelle prossime settimane, insieme a quello delle primarie, come ha ribadito anche la segretaria Benedetta Squittieri sia ai dirigenti che nella lettera aperta di risposta all’avvocato Alberto Rocca.
Il regolamento del Pd prevede che i sindaci e i presidenti della Provincia al primo mandato debbano comunicare ufficialmente al comitato per le primarie la loro candidatura entro il 15 ottobre, senza bisogno di firme in appoggio. Eventuali candidature alternative nel partito devono essere presentate a partire dal mese successivo, ovvero dal 15 novembre. In questo caso la scadenza ultima è fissata per il 15 dicembre.
Dopo la riunione di stasera, dunque, si aprirà quel «percorso politico» annunciato ancora da Squittieri nella sua lettera aperta, un percorso che dovrà dire se c’è qualcuno che intende davvero sfidare il sindaco Romagnoli oppure no.

Prato. Segnali

Troviamo positiva la collaborazione tra Legambiente ed alcune associazioni della comunità cinese residente a Prato, in occasione di "Puliamo il mondo".
MV

da la Nazione del 29/09/08
«Puliamo... via Pistoiese»
Aderiscono cinquanta cinesi Rimossi rifiuti, erbacce e i contestati volantini abusivi
CI VOLEVA l’iniziativa promossa da Legambiente per realizzare una parvenza di integrazione tra cinesi e pratesi. Via i volantini abusivi dai muri (oggetto di un’inchiesta de La Nazione proprio pochi giorni fa), via le erbacce e i sacchetti di plastica da Chinatown: ieri mattina ci hanno pensato cinquanta volontari dagli occhi a mandorla a rendere più pulita via Pistoiese.
Tutti armati di guanti e ramazza, hanno risposto all’appello di “Puliamo il mondo” per cercare di sensibilizzare i loro connazionali a un maggiore rispetto della città. Un operatore Asm insieme a un interprete hanno anche datoinformazioni sulla raccolta differenziata. “Non pretendiamo di migliorare le cose in un giorno — ha affermato Junyi Bai, coordinatore di Associna, una delle associazioni orientali coinvolte — ma siamo convinti che mantenere una città pulita sia un dovere di tutti, anche della comunità cinese. È questo il messaggio da trasmettere”. Scettici sulla bontà del gesto ecologista cinese, invece, alcuni residenti pratesi, richiamati dalle telecamere Rai piazzate in via Borgioli. “È inutile festeggiare fuori quando la vera sporcizia si accumula nei condomini dove convivono italiani e cinesi”, ha ammonito un cittadino. A pensarla diversamente l’assessore comunale all’Ambiente Camilla Curcio, secondo la quale “l’adesione della comunità orientale è stata molto convinta e partecipata”. Dello stesso parere anche Franco Di Martino del circolo pratese di Legambiente, che ha richiamato la recente esperienza delle Olimpiadi: “La Cina si è assunta precisi impegni in campo ambientale, proviamo a sollecitare su questi temi anche i cinesi di Prato”.
Il primo a dare il buon esempio, fin dalle prime ore della mattina, è stato il viceconsole Hu Changyuan. Accompagnato un operatore di Asm, il diplomatico si è armato di santa pazienza per levare la miriade di volantini attaccati sui muri del piazzale antistante Unicredit, frutto di una pratica contestata nei giorni scorsi dai residenti italiani per via dei contenuti anche “a luci rosse” di questi annunci. “Per la verità — ha affermato Bai di Associna — nella maggior parte dei casi si tratta di inserzioni di lavoro: comunque imporre divieti sarebbe controproducente perché i volantini abusivi verrebbero attaccati altrove”.
E la soluzione sembra averla in tasca il console Gu Honglin, anche lui volontario arruolato da Legambiente”: “Non mi piace questo sistema di affissione ‘selvaggia’ — ha dichiarato —, per questo ho chiesto all’assessore Frattani di far predisporre nella zona un cartellone per mettere ordine fra gli annunci e ripulire l’intonaco dei muri”. Proposta subito accolta dall’assessore alla Multiculturalità. “Mi attiverò nella direzione auspicata dal console se servirà a risolvere il problema delle affissioni. Non sarà facile visto che l’area in questione è di proprietà privata ma assicuro l’impegno per arrivare a una soluzione di decoro urbano il più rapidamente possibile”.
Maria Lardara

domenica 28 settembre 2008

Municipio Verde. La piazza infinita.

COMUNICATO mv!
piazza Mercatale


Abbiamo riscontrato dalla stampa degli ultimi giorni un risveglio di interesse su piazza Mercatale, soprattutto a seguito della presentazione di un nuovo progetto di ristrutturazione con tanto di attraversamento sotterraneo.
Al di là delle singole critiche sulle soluzioni tecniche proposte, vogliamo far presenti alcuni elementi che ci sembravano chiari già quando si è spento il vecchio progetto Asm, su cui l'Amministrazione aveva fatto marcia indietro.


1 La ristrutturazione della piazza e le sue evidenti conseguenze sociali ed economiche devono necessariamente essere compresi all'interno del Piano Strutturale ed essere inquadrati in un discorso più generale sul futuro della città.


2 Ogni progetto, anche quelli che in passato hanno partecipato ad un pubblico concorso e che sono rimasti nel cassetto, devono essere sottoposti a discussioni per quanto possibile ampie. Non si ricorra a una nuova variante per tenere i cittadini alla larga dalle grandi scelte urbanistiche, come invece prevede una legge regionale.


3 Qualsiasi proposta dovrebbe considerare l'evidente e manifesto desiderio dei cittadini di conservare il giardino e le sue piante, rendendolo magari più bello, curato e ospitale, nonchè il disegno monumentale dell'ovale del Valentini, protetto dalla Soprintendenza.



Ci auguriamo non si debba ricominciare da zero a chiarire questi concetti e che ancora una volta non si calpestino i diritti di partecipazione degli abitanti della città.



MUNICIPIO VERDE

Prato. Meglio morti (o cinesi) che fusi.










Se mister Fusi (http://municipioverde.blogspot.com/2008/09/personaggi-chi-riccardo-fusi.html) l'avesse piantata lì, dove l'aveva lasciata parlando di Prato al Conservatorio di S. Niccolò e dichiarandola una città morta, sarebbe passato tutto come una non rara esternazione da imprenditore indipendente (col piffero) che vuole insegnare ai politici ad amministrare e che considera inefficiente la macchina delle pubbliche istituzioni. Risibile, viste le sue implicazioni e responsabilità, ma comunque non degno di essere criticato.
Quello che invece ci sembra più interessante è la smentita, uscita oggi, delle sue "osservazioni"sul governo della città.
L'imprenditore comincia dicendo che il quotidiano ha riportato benissimo le sue parole ma che lui ha udito e percepito da più parti un fraintendimento intorno a certe frasi che sono state interpretate come un attacco al Sindaco. Giammai.

"Il Sindaco sa di godere della mia personale e disinteressata stima oltre che di poter contare sul mio ruolo di imprenditore per tutte quelle iniziative rivolte al riscatto della nostra città."

Aggiunge Fusi che il Sindaco, grazie all'esperienza acquisita in questi anni, potrà imprimere una maggiore incisività su questioni come: emergenza legalità, governo del territorio, emergenza casa. Oltre al rafforzamento del distretto tessile.


Ma vediamo cosa aveva detto Fusi:

«Prato mi ha deluso è una città morta, nel mio settore una burocrazia infernale blocca tutto. Gli amministratori devono smetterla di vederci come degli speculatori, bensì cominciare a pensare di collaborare con noi in un’ottica diversa – ha detto l’imprenditore pratese – mentre gli altri si stanno muovendo, Prato non ha voglia di crescere. Lo stadio perché si deve fare a Firenze e a Prato no?» (e su questo tema Fusi ha detto di essere disponibile ad esaminare possibilità a Prato). E ancora: «Perché a Prato è tutto fermo, quando anche a Firenze le operazioni più importanti sono compiute da pratesi? Prato non ha niente da invidiare a nessuno. Non possiamo continuare soltanto a restringere le carreggiate e a far rotonde sennò ci trasformeremo davvero solo in un dormitorio». Poi Fusi ha voluto dire la sua anche sulla questione cinese: «Gli stiamo permettendo di metterci in un angolo. Se continuiamo così il prossimo sindaco sarà davvero cinese. La colpa è anche di quelli che spezzettano le fabbriche e gliele danno in affitto. Ben vengano i cinesi ma devono rispettare le regole». Infine Fusi ha lanciato anche qualche idea: «Si deve cercare di attrarre grandi imprese di rilevanza nazionale, di portare avanti il progetto del polo ex Banci, di dotarsi di infrastrutture per un collegarsi all’aeroporto di Pisa e magari creare qualche nuova clinica specializzata».


Come potete constatare non vi era traccia di una critica a Romagnoli.
Quindi, visto che critica non c'era, questo secondo intervento appare di più come un sostegno e un'investitura. Forse richiesta in questi giorni da qualcuno. Forse.
Invece Fusi aveva detto altre cose che non ha smentito.
Ha detto delle sciocche banalità sull'economia cinese, ha minacciato razzisticamente la città di finire in mano ad un sindaco orientale.
Ha detto anche che fra le emergenze c'è il rispetto della legalità, dando ad intendere che la questione riguardasse gli immigrati e non i cantieri edili dove si consuma invece una gran parte di reati, ambientali e sulla sicurezza prima di tutto.
Ha consigliato l'amministrazione di rafforzare il tessile (come?), invece di invitare a trovare nuove strade e nuovi cicli produttivi come quello dell'abbigliamento.

Ha detto che vi è un'emergenza casa e che questa si risolve costruendo tanto e soprattutto più di Firenze, che fa lo stadio mentre noi qui facciamo solo le rotonde. "Gli amministratori ci mettono i bastoni fra le ruote perchè ci considerano degli speculatori."
Però il Sindaco, con la sua troupe Ciuoffo-Giardi-Curcio, gli va bene.
Disinteressata stima.
Vade retro!

Per Municipio Verde
la zia Alma




Oltre il giardino. In Ecuador regnerà il biocentrismo?

Da il Manifesto 27.09.'08
mv


Il coraggio dell'Ecuador
di Marinella Correggia


Un esperimento giuridico inusitato, un salto nel futuro: la scelta del biocentrismo per la sopravvivenza del pianeta. L'Ecuador sarà il primo paese al mondo ad avere una legge che garantisce ai fiumi, alle foreste, all'aria veri diritti legali.
Se gli ecuadoriani domenica voteranno in favore della Nuova Costituzione, entrerà in vigore nel paese una legge già approvata che appunto cambierà lo status legale della natura da semplice oggetto di proprietà - privata o pubblica - a entità che ha diritti.


La legge recita così: «Le comunità naturali e gli ecosistemi hanno il diritto inalienabile di esistere e di evolvere, in Ecuador. I loro diritti saranno auto-esecutivi, e metterli in essere sarà dovere di tutte le istituzioni, di tutte le comunità umane e di tutte le persone».


Le norme ambientali del resto del mondo sono antropocentriche. Thomas Linzey, giurista statunitense che ha collaborato alla definizione di questo nuovo status legale per la natura, ha spiegato al quotidiano inglese The Guardian che «la forma tipica di protezione dell'ambiente nei paesi industrializzati si basa su un sistema di regole e limiti. Allo stesso modo, la compensazione dovuta si misura sempre sulla base del danno a una persona o a un popolo. Secondo il nuovo sistema ecuadoriano, la misura sarà il danno inflitto all'ecosistema. E persone e popoli potranno ricorrere legalmente a vantaggio della natura anche qualora non fossero danneggiati dalla sua distruzione». I giuristi ammettono che legalmente parlando è un salto nell'ignoto. Non ci sono esempi simili nel resto del mondo. Da dove nasce l'idea della legge per la natura in questo paese che contiene tutti gli ecosistemi dell'America latina, comprese le isole Galapagos? Dallo strascico di inquinamento e povertà lasciato dalle multinazionali, delle banane, del gas, del petrolio. Ricordiamo la causa legale contro il gigante Chevron ex Texaco, che in oltre venti anni, sprezzante di ogni normativa internazionale, sversò nella giungla amazzonica 18 milioni di tonnellate di petrolio e residui tossici contaminando le acque e il terreno per oltre 1.700 ettari: questa «Chernobyl dell'Amazzonia» ha minato la salute e le condizioni di vita di oltre 30mila persone. Un danno stimato in 16 miliardi di dollari. Il governo ecuadoriano rifiuta di soprassedere e come conseguenza sta rischiando sanzioni commerciali statunitensi. L'attivista Zoe Tryon dell'Alleanza Pachamama, che ha lavorato alla redazione della nuova legge con il parlamento ecuadoriano sostiene che la nuova costituzione dell'Ecuador farà da deterrente al ripetersi di disastri come quello della Chevron Texaco. Si pensi al parco nazionale Yasuni, una delle aree più ricche di biodiversità al mondo e patria di almeno due tribù amazzoniche in isolamento volontario e assoluto, i Tagaeri-Taromenani e gli Huaorani. Lì sepolti ci sono 1,2 miliardi di barili di petrolio che le compagnie vorrebbero estrarre; la riserva più importante del paese.
Ma sullo Yasuni il presidente Rafael Correa ha lanciato nel giugno 2007 un'altra proposta unica al mondo e la più importante finora avanzata da un paese in via di sviluppo produttore di petrolio: si è impegnato indefinitamente a non sfruttare il campo petrolifero Ishipingo, Tambobocha Tiputini (Itt) nello Yasuni, sempre che (come si legge sul sito dedicato all'iniziativa: www.yasuni-itt.gov.ec) la comunità internazionale riconosca all'Ecuador un rimborso pari al 50 % dei redditi ipotizzabili dallo sfruttamento; il paese utilizzerà il rimborso per la rivoluzione energetica sostenibile.

Prato. Un futuro usa e getta?

A noi, in tutta onestà, pensare una città trasformata in un enorme centro commerciale (dopo i centri commerciali costruiti a mo' di città, come nel caso dell'outlet della McArthur-Glenn di Barberino) non piace proprio!
Favorire il consumo esasperato (e mantenere viva l'ideologia consumistica dominante), sia questo di oggetti, di territorio, di cultura, è agli antipodi di qualsiasi visione che voglia ricondurre le città ad essere luogo di creazione di rapporti sociali e di "civiltà", nel senso più alto del termine. Più cvhe città da morte a vive, si trasformano dei cadaveri in cibo per avvoltoi, buoni solo per essere spolpati fino all'osso!
Oltre a questo, ci permettiamo una piccola nota sull'assessore Giovagnoli: certo, comodo ripensare oggi la "distribuzione dei centri commerciali", ma ci piacerebbe sapere dov'era, e cosa faceva, quando hanno varato il progetto della Multisala...
Ma questo, forse, lo sappiamo già tutti...
MV


Un mega-outlet del tessile in centro L’esempio delle città ex-industriali

Dai casi di Lille Roubaix e Lodz un’idea per Prato Attrazione turistica
VEZIO TRIFONI


PRATO. Un centro commerciale naturale tessile come già ne esistono in diverse città europee. Ad Economia 3 si è discusso anche di spazi che sono diventati luoghi e di come i centri commerciali influiscono sull’economia del territorio. E dalla Francia è arrivato il racconto di come le ex fabbriche nelle adiacenze del centro siano diventati outlet.
«I luoghi sono tali per identità, tradizione, storia - ha introdotto Aiello dell’Università di Firenze - e sono radicati perchè ci svolgiamo attività e ci incontriamo. Invece gli spazi e soprattutto le aree commerciali sono fondamentali per le relazioni contrattuali. Ma piano piano questo modo di essere è variato ed anche gli spazi commerciali sono luoghi dove ci si ritrova». L’intervento dell’assessore allo sviluppo economico del Comune di Roubaix in Francia, Verspieren, sul tema ha dato una nuova idea per Prato.
«La nostra città è molto simile alla vostra realtà ha più di 100.000 abitanti e si trova in mezzo a un aggregazione come la circoscrizione di Lille che ha un bacino di 1.200.000 persone. Era una città tessile e commerciale e pian piano le fabbriche sono state dismesse per riconvertire l’attività nella grande distribuzione grazie agli investimenti delle famiglie tessili. Sono stati creati 10 centri commerciali intorno alla città. A questo punto il centro storico si è svuotato e si è desertificato. Il commercio di prossimità è scomparso. Rispetto alle vostre città non abbiamo un patrimonio storico artistico e non abbiamo difficoltà di flussi come può avere Firenze. Da qualche anno stiamo provando a sviluppare la grande distribuzione nei centri storici riconvertendo le fabbriche in outlet e centri commerciali per 3 obiettivi: il riutilizzo dei siti industriali, ridare stimolo al cuore delle città e lottare contro l’inquinamento». Temi che a Prato sono molto sentiti e che in questo periodo sono sotto l’occhio di tutti soprattutto quello del degrado del centro storico. Ed è proprio l’assessore allo sviluppo economico del Comune di Prato Giovagnoli che conferma questa idea «Bisogna cominciare a ripensare alla distribuzione dei centri commerciali e una possibile prospettiva sono proprio i centri storici dove sono presenti ancora negozi di vicinato». A suggello di questa ipotesi - Cesare Nonnis della McArthurGlen, società dell’Outlet di Barberino - ha evidenziato che l’outlet è uno spazio commerciale ma soprattutto ha suggellato il centro città come nuovo spazio commerciale «A Lodz in Polonia, ex città tessile, qualche anno fa hanno progettato una qualificazione del centro città con centri commerciali, museo della cultura, museo del tessile e diverse attività commerciali prima localizzate fuori dalla città e ora sviluppate all’interno del centro così la città è stata rilanciata turisticamente con afflussi altissimi. Da città morta a viva». E se la Prato del futuro fosse questa?

Economia3. I guru e l'acqua calda al cubo

Riproduciamo l'editoriale di Paolo Toccafondi, che commenta la presenza di alcuni nomi illustri dell'economia alla rassegna pratese di Economia3.
Riflessioni interessanti, anche perché, effettivamente, sembrava che l'occasione dovesse essere propizia per avere chissà quali lumi per indicare una strada all'economia pratese per uscire dal declino industriale degli ultimi anni. Così non è stato, e non poteva essere altrimenti: inevitabilmente, la parati di "chief economist" e premi Nobel è stata sicuramente una iniziativa culturale di rilievo, ma niente di più.
Toccafondi ha ragione: la tiritera su qualità-innovazione-tecnologia oramai la conoscono anche i bambini alle elementari.
E questo però dovrebbe far riflettere, da una parte sulla scarsa volontà (della politica e dell'imprenditoria) di percorrere seriamente strade del genere, e dall'altra sul dubbio, legittimo, che forse questa "triade" andrebbe completata con altre idee-guida per essere effettivamente "funzionale".
Ma queste sono riflessioni che al momento non ci competono...
MV

Da il Tirreno del 28/09/08
I guru e l’acqua calda al cubo

Mentre a Officina Giovani il direttore di Tecnotessile, centro di ricerca pratese, annunciava l’imminente debutto sul mercato di una maglietta che reintegra il corpo umano dei sali minerali perduti durante l’attività sportiva (maglietta prodotta e commercializzata da due aziende pratesi), al Teatro Metastasio, il chief economist di Google, Hal Varian, teneva la sua “lezione magistrale”, ultimo dei tre appuntamenti clou del festival Economia². Tesi di fondo del suo intervento: internet ha rivoluzionato il mondo mettendo in contatto le persone e facendole interagire. Giovedì il premio Nobel Eric Maskin aveva illustrato la sua teoria della torta di Bob e Alice (che gli ha fruttato, appunto, il Nobel) e rispondendo a una domanda sulla Toscana, a margine della conferenza, aveva candidamente ammesso che della Toscana sapeva solo che era un bel posto per esserci stato qualche volta in vacanza. Venerdì Alberto Alesina, economista italiano che insegna all’Università di Harvard, aveva affrontato i temi della globalizzazione. Relazione di grande interesse, anche se non “virata” sui problemi della Toscana. La sua tesi principale: bisogna puntare sulla qualità e sui prodotti di fascia alta.
Una rapida rassegna certo un po’ banalizzata. Ma era per rendere la sensazione di molti al termine della tre giorni di forum economico promosso dalla Regione. Se da qui doveva venir fuori un’idea forte, da tradurre anche in indicazioni operative per il futuro della Toscana, questa idea non è venuta. La triade qualità-innovazione-tecnologia, non c’è funzionario di associazione, politico o economista di quartiere che non la sostenga in qualche convegno da almeno vent’anni. Con questo non si vuol certo negare l’utilità di forum e dibattiti: mettere in circolo idee è sempre lodevole e proficuo. Ma le idee, in questo caso, si era capito dovessero essere ancorate alla realtà toscana, per avere risposte. E’ importante avere dei guru dell’economia. Ma sarebbe più opportuno sapere cosa si vuol chiedere loro, quali indicazioni si cercano e scegliere poi le figure che si pensa possano dare queste risposte. Di guru economici è pieno il mondo accademico e dei manager. Basta scegliere quelli giusti.
Paolo Toccafondi