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La mer, la fin...

sabato 22 novembre 2008

Beni Storici e Ambientali. Una Carta dei Diritti!

PER UNA CARTA DEI DIRITTI DEI BENI
STORICO-AMBIENTALI E DEL PAESAGGIO
Prof. G. Centauro

“Tutto sembra impossibile, finchè non si realizza” (Nelson Mandela)

CODICE ETICO IN DIFESA DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI
PER LA TUTELA DELLE RISORSE AMBIENTALI E CULTURALI, ARCHEOLOGICHE E DEL PAESAGGIO ANTROPICO DEL TERRITORIO PRATESE

La nostra è una terra di qualità, con diffuso patrimonio storico ambientale e paesaggistico da salvaguardare. Le recenti politiche nazionali e locali per la tutela e la valorizzazione di tali risorse, in primis per i beni archeologici ed architettonici, demoantropologici e storico artistici, hanno fondamentalmente disatteso i diritti sanciti dalla Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, tradendo in molte occasioni i principi fondamentali in essa contenuti.[1]
Ciò premesso

- ritenendo che i beni storico-ambientali e del paesaggio del nostro territorio, segnatamente quelli archeologici, siano ormai da considerarsi “a rischio” per la loro stessa integrità e conservazione, quindi “negati” alla pubblica fruizione e loro valorizzazione;
- ribadendo, altresì, che tutto ciò è reso manifesto dalla disaffezione dimostrata dal soggetto pubblico, dalla cronica mancanza di investimenti nel settore, dalla derubricazione della voce “beni culturali ed ambientali” dall’agenda programmatica sia dei governi locali sia del governo centrale;
- rivendicando per queste ragioni il diritto costituzionale alla salvaguardia del “valore primario ed assoluto” del paesaggio nel sovrano giudizio assegnato per legge alle comunità insediate che ne hanno completa ed esclusiva giurisdizione nell’ambito dei territori di appartenenza;
- precisando, ancora, che il dettato costituzionale è riconoscibile anche nello “Statuto del territorio”, già indicato nelle regole primarie della pianificazione urbanistica della Regione Toscana;
- uniformandosi, infine, ai principi della “Carta del Paesaggio Europeo”, che stabiliscono come elemento di diritto internazionale il ruolo decisionale e partecipativo alle politiche pubbliche da parte dei cittadini e delle comunità insediate, attraverso il raggiungimento dell’obiettivo di qualità paesaggistica che, in particolare, designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni. segnatamente per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita.

La “Carta dei Diritti” dei beni storico-ambientali e del paesaggio si fonda sul principio che tutte le testimonianze della cultura materiale, al pari delle opere d’arte, hanno quale diritto inalienabile quello di essere mantenute in un dignitoso stato di conservazione per essere fruite dai cittadini nel contesto territoriale di appartenenza.

La “Carta dei Diritti”, partendo dal preliminare e condiviso riconoscimento di come:

a) La profonda crisi economica e sociale del distretto pratese, che oggi si viene a sommare con la crisi finanziaria internazionale, abbia reso ancor più palese la profonda discrasia esistente nelle politiche attuate per il territorio tra le scelte operate negli ultimi anni attraverso un massiccio consumo territoriale e il rispetto dei valori costituzionali per i diritti dell’ambiente e del paesaggio;
b) L’applicazione dei principi costituzionali sopra detti sia stata ulteriormente negata, abbandonando al loro ineluttabile destino le risorse culturali, vieppiù trascurate dalle politiche locali;
c) La sbandierata conduzione urbanistica del cosiddetto “sviluppo sostenibile”, verso la quale erano state riposte forti speranze, sia stata usata per realizzare surrettiziamente scopi ben diversi da quelli auspicati, intendendosi piuttosto questo “sviluppo sostenibile” come “sfruttamento delle risorse fino alla soglia dell’insostenibilità”, così come è stato accertato alla verifica dei fatti;
d) L’attesa partecipazione della popolazione alle politiche di tale “sviluppo sostenibile” sia stata ridotta a mero strumento di registrazione dei consensi elettorali precedentemente acquisiti, quindi relegata nella specificità dei ruoli democratici partecipativi al riduttivo scopo di analisi post quem, o peggio ancora, di esclusiva giustificazione a posteriori di scelte operate in modo del tutto verticistico dai governi locali;
e) La generale disinformazione che caratterizza la conoscenza dei fenomeni territoriali e le questioni che interessano le aree urbane, abbia creato una situazione di forte tensione sul piano sociale con ricadute ancor più negative sul piano territoriale;
f) Non si sia tenuto minimamente conto, per quanto riguarda il rispetto dei diritti costituzionali per l’ambiente e il paesaggio, degli appelli dei cittadini, delle associazioni e dei comitati spontaneamente costituitisi, come delle molteplici e circostanziate denunzie provenienti da molte parti della società civile, sovvertendo anche in questo fondamentali regole democratiche;
g) così facendo, non si sia affatto garantita la tutela delle risorse ambientali e culturali del territorio.

Afferma che

1) Si passi dall’ipocrita politica dello “sviluppo sostenibile” che ha prodotto equivoci e storture di ogni genere, che è risultata estranea alle necessità delle popolazioni, al riconoscimento dei valori culturali propri dell’ambiente e del paesaggio antropico.
2) Si ristabilisca certezza di diritto previa indicazione preliminare delle incompatibilità ambientali esistenti nelle trasformazioni territoriali e con esse, si precisi effettivamente i limiti dello sviluppo, indicando gli elementi caratterizzanti la qualità della vita ricercata dalla popolazioni insediate e le salvaguardie da attuare allo scopo di porre fine all’indiscriminato consumo del territorio.
3) Nessuna politica territoriale possa costruirsi in futuro al di fuori di una condivisione preliminare, chiara ed assoluta dei valori etici sopra richiamati, quindi nel rispetto dell’ambiente e per la tutela dei beni culturali.
4) Infine, che prioritariamente si sani la situazione “aberrante” che si è generata nel sito archeologico di Gonfienti[2] , muovendosi in difesa dei diritti sovrani della cultura, della storia e del paesaggio antropico, condividendo ed applicando subito per questa emergenza una prima, articolata espressione del codice etico per la tutela delle risorse ambientali e culturali, archeologiche e del paesaggio antropico del territorio pratese, fissando un primo decalogo della carta dei diritti per le risorse archeologiche del paesaggio antropico pratese (cfr. appendice).


APPENDICE


DECALOGO DELLA CARTA DEI DIRITTI
PER LE RISORSE ARCHEOLOGICHE DEL PAESAGGIO ANTROPICO

1) che riconosca le risorse archeologiche come beni primari dell’ambiente, qui da intendersi anche come matrici del paesaggio antropico.
2) che evidenzi in primo luogo i diritti costituzionali, inalienabili ed insopprimibili, dei beni archeologici presenti e strutturati nel territorio (es. resti di case, di strade, di canalizzazioni, di pozzi, di necropoli, ecc.) nei confronti di qualsiasi trasformazione urbanistica e/o infrastrutturale si pensi di poter realizzare nei siti archeologici interessati dalla presenza di tali reperti.
3) che denunci e sconfessi la prassi, in vero assai discutibile, che è stata applicata per l’ampliamento dello scalo merci dell’interporto, consistente nell’autorizzazione preliminare a costruire a fronte del conseguimento di un’azione di “bonifica archeologica dei terreni”, qui intesa come metodica di recupero di reperti, illogicamente da perseguire distruggendo i resti strutturati dai quali sono tratti (così come sopra descritto); ciò tanto più a valere ed, a maggior ragione, in un luogo come quello della “città etrusca sul Bisenzio”, interessato da porzioni conclamate e straordinariamente rilevanti da un punto di vista scientifico e storico-archeologico di parti “urbane”, sia d’epoca arcaica etrusca sia, di resti d’epoca proto-etrusca e dell’età del Bronzo, ecc.
4) che garantisca l’esclusività della valenza conservativa nella prassi della cosiddetta “archeologia preventiva”, per non incorrere in operazioni equivoche, o di palese incongruenza, come quelle verificatesi per l’interramento della strada etrusca scoperta in prossimità del casello interportuale che, dopo essere stata inglobata in strati protettivi di TNT e sabbia, è stata coperta da piazzali in cemento, con binari e magazzini, con la sola raccomandazione di segnare, a futura memoria, con vernice gialla il tracciato della strada sottostante, evidentemente allo scopo di acconsentire, in via surrettizia, al rilascio di nulla osta, altrimenti non rilasciabile, al fine di rendere autorizzabile la costruzione sopra, o in prossimità, di reperti di tale natura.
5) che i reperti appartenenti ad una determinata area di scavo siano, se contestualizzati a parti strutturali, conservati massimamente in situ (ad es. per quanto concerne i reperti della città etrusca di Gonfienti nell’antiquarium erigendo presso la Villa Niccolini, o rimanere custoditi nel Museo Civico di Prato).
6) che si rispetti in ogni caso la contestualizzazione dei reperti archeologici rispetto all’area di scavo.
7) che si garantisca una continuità di studi e di scavi, anche informando il pubblico con pannelli didascalici.
8) che si dichiari con la massima chiarezza, pur nella riservatezza che si richiede, lo stato delle ricerche.
9) che si costituisca una autorità super partes in grado di controllare l’iter procedurale seguito ed il rispetto delle disposizioni facenti parte della carta etica.
10) che si promuova azioni concrete per la conoscenza diffusa e la valorizzazione delle risorse archeologiche del territorio pratese in attesa della costituzione del parco archeologico (omissis).


Prof. Giuseppe Centauro
Dato al Teatro “La Baracca” (Prato), 20 Novembre 2008



[1] Cfr. Carta Costituzionale, art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tale diritto si sostanzia (cfr. Titolo V- art. 117, punto s) nella tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Il paesaggio è un valore “primario ed assoluto” (Corte Costituzionale, sentenza del 14/11/07 n. 367)
La Repubblica Italiana è tra i pochi stati al mondo che abbiano inserito nella propria carta costituzionale il preciso dovere di custodire un patrimonio storico, artistico e paesaggistico universalmente riconosciuto come unico. Se però il termine “tutela” era inteso sino a pochi anni or sono in senso prevalentemente conservativo, attualmente lo Stato e per esso i cittadini – sono richiamati ad un ruolo attivo, che consenta non soltanto di salvaguardare il patrimonio stesso, ma anche di renderlo sempre più e sempre meglio fruibile, riconoscendogli un ruolo di motore culturale di cui l’aspetto economico non è che un corollario.


[2] Nel territorio pratese, alcuni di questi fondamentali diritti sono stati addirittura negati con il bene placet delle stesse autorità istituzionalmente competenti. Emblematico, a livello nazionale, è il caso della “Città degli Etruschi sul Bisenzio” sacrificata inopinatamente per fare spazio all’ampliamento dello scalo merci della Società Interporto della Toscana S.p.A. (società a partecipazione maggioritaria pubblica, come del resto altre appositamente costituite al fine di realizzare grandi opere o gestire le vecchie aziende municipalizzate).
Sulla scorta di questa inconfutabile verità, a fronte di un’amarissima constatazione sullo status quo di un sito archeologico dimezzato e dismesso, che ha portato, come nel caso dell’area archeologica pratese, a sottrarre alla fruizione pubblica, parti consistenti del patrimonio culturale, qui segnatamente caratterizzato da reperti strutturati di straordinario interesse scientifico e storico, è oggi più che mai necessario ribadire attraverso il dettato di un codice etico, la centralità dei diritti costituzionali a valere per i beni ambientali e culturali, archeologici e del paesaggio antropico.

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