MV
da la Nazione del 30/01/09
Se il controesodo cinese è possibile
Un questionario svela le prospettive
PRATO–ZHEJIANG: biglietto di sola andata. Perché se ancora non è controesodo, è qualcosa che s’avvicina molto a questo concetto.
Calano gli investimenti e gli acquisti di immobili, cresce appena dell’8% il trend di iscritti all’anagrafe tra il 2006 e il 2007: tutto farebbe pensare a un bisogno diffuso dei cittadini dagli occhi a mandorla di fare ritorno in patria. E dunque a spostare le loro ricchezze verso la Cina con fiumi di rimesse da Prato verso il paese d’origine. Lo fa pensare l’indagine presentata ieri mattina in prefettura nell’ambito del progetto “Analisi ed elaborazione dati sull’immigrazione cinese”: sotto la lente d’ingrandimento il fenomeno dell’immigrazione orientale, attraverso una serie di questionari che a Prato, come in altre sei province italiane, sono stati somministrati ai cittadini cinesi, raggiunti attraverso la rete dei consigli territoriali e degli sportelli unici.
E sono 369 le persone che hanno risposto a domande come “Quali problemi hai in Italia?” oppure “Quante volte sei tornato in Cina?”, “Frequenti italiani?” o ancora “Aiuti la tua famiglia in Cina?”. È proprio quest’ultimo quesito, secondo il curatore dell’indagine Ulisse di Corpo, a generare il pomo della discordia incrociando i dati della Banca d’Italia che vedono lievitare le rimesse degli immigrati dalle 56.037 migliaia di euro nel 2006 alle 431.846 nel 2007. ”Se andiamo a verificare le risposte relative alla domanda sugli aiuti inviati alla famiglia in Cina, scopriamo che solo il 48,67% ammette di spedire denaro a casa ‘solo quando può’. Evidentemente — chiarisce il ricercatore — si preferisce investire le proprie risorse nelle guanxi locali, ovvero nella rete dei rapporti familiari e affettivi che gli immigrati si costruiscono nella loro città d’adozione. Qui sta la ‘stranezza’ dei numeri forniti dalla Banca d’Italia sui volumi vertiginosi di rimesse mandate in Cina. Probabilmente questi soldi preparano il terreno per il successivo rientro in madrepatria: ciò avvalora la tesi del progressivo controesodo di popolazione cinese dalle nostre terre”. Sconosciuto è invece il fenomeno dei flussi di denaro dalla Cina verso Prato. “Cifre che arrivano anche a 100mila euro e servono a finanziare macchinari e progetti aziendali con ricadute positive sul territorio. Un dato che sfugge ai più e che meriterebbe ben altre considerazioni”, fa notare Matteo Ye Huiming, intervenuto durante il dibattito. Un altro capitolo d’approfondimento è quello relativo alla discriminazione. Dai giovani di Associna, intervistati sui problemi di inserimento arriva la proposta di creare degli asili nido ad hoc evitando così che i genitori rimandino i figli dai nonni. “Questa ricerca finanziata dal Ministero sulla comunità cinese – conclude il prefetto Eleonora Maffei – ha finalità positive perché che si basa su una lettura di dati statistici per cercare dl cogliere la realtà in tutte le possibili sfaccettature, lontano da pregiudizi e luoghi comuni”.
M.L.
Troppi luoghi comuni contro i cinesi
Una ricerca sfata le false verità sull’immigrazione orientale a Prato
Muoiono meno perché sono mediamente più giovani e non arrivano solo dallo Zhejiang
PRATO. E’ in gran parte dedicato a sfatare i troppi luoghi comuni che circolano sui cinesi d’Italia il volume dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) presentato ieri in Prefettura dall’autore Ulisse Di Corpo.
La ricerca, intitolata “Analisi ed elaborazione dati sull’immigrazione cinese in Italia”, mette in fila una serie di numeri (alcuni attuali, altri datati) sul fenomeno migratorio, analizza una serie di casi, tra cui Prato, e mette a confronto quello che si dice sui cinesi con l’opinione degli esperti.
Ne viene fuori una discrepanza tra certe radicate convinzioni che spesso non corrispondono alla realtà.
Anche i cinesi muoiono. Quello dei cinesi che non muoiono mai è forse il luogo comune più antico e sbagliato sulla comunità orientale in Italia. Si è capito da tempo, e Ulisse Di Corpo l’ha ribadito anche ieri, che la spiegazione dei pochi funerali cinesi è semplicissima: l’età media degli immigrati è molto più bassa degli italiani, e spesso tornano in Cina quando hanno superato i 50 anni. Logico dunque che tra i cinesi residenti in Italia ci sia una bassissima mortalità. Agli orientali di seconda generazione non sono piaciute per niente le prime pagine del celebrato “Gomorra” di Saviano, dove si parla di cadaveri cinesi congelati rispediti in Cina, una circostanza mai accertata. I cinesi ormai non hanno bisogno di riciclare i documenti dei morti: arrivano in aereo col visto turistico.
Non solo Zhejiang. Anche questo è ormai noto da tempo: alla prima ondata migratoria proveniente da Wenzhou (Zhejiang) se n’è aggiunta a Prato da qualche anno quella proveniente dal Fujian. La terza è in arrivo dal nord-est della Cina, dove hanno chiuso le grandi fabbriche di Stato e 14 milioni di disoccupati sono a spasso. Una parte arriveranno in Europa e non saranno come i primi: quelli dello Zhejiang hanno una forte propensione imprenditoriale, gli altri sono più poveri, meno istruiti e soprattutto hanno meno amici e parenti qui. Dal 2004 è in vigore l’accordo Ads (Approved destination status) che facilita la concessione dei visti turistici in uscita dalla Cina per gruppi di almeno cinque persone. Chi parte poi deve tornare, ma solo sulla carta. Spesso le agenzie cinesi fanno timbrare i passaporti al rientro anche se i cinesi sono rimasti in Italia.
Non li manda Pechino. Secondo gli esperti è falsa l’ipotesi secondo la quale l’emigrazione sarebbe stata pianificata dal governo cinese. In realtà la maggioranza di chi arriva a Prato lo fa per raggiungere parenti o amici, come nel resto del mondo. L’eventuale spinta a piazzare all’estero i disoccupati sarebbe marginale.
Valigie piene di soldi. La propensione a usare denaro contante anziché servirsi delle banche viene spiegata nella ricerca col concetto di guanxi, la rete di solidarietà senza la quale un cinese si sente perduto. Si dice che è proprio il concetto di guanxi a spingere i cinesi a non fare assegni o bonifici come gli occidentali. Ma la spiegazione appare poco convincente e sembra aver più a che fare con l’evasione. Del resto lo stesso autore della ricerca si è stupito che le rimesse da Prato verso la Cina siano aumentate in poco tempo del 700%, come emerso nelle più recenti statistiche.
Bambine? Sì, grazie. E’ falsa, secondo gli esperti, l’idea che le donne cinesi preferiscano abortire quando sanno che deve nascere una bambina. Il rapporto maschi/femmine dei cinesi nati in Italia tra il 2004 e il 2006 è del 110,8%, pienamente nella normalità.
Evasori? Sì, no, forse. Evadono, sì, ma qualcuno li aiuta. Al Consiglio territoriale per l’immigrazione è stata la guardia di finanza ad affermare che «in genere gli imprenditori cinesi si avvalgono di consulenti italiani, commercialisti di Prato, che guidano verso l’evasione fiscale».
L’integrazione mancata. A chi sostiene che i cinesi non vogliono integrarsi in Italia, gli esperti rispondono che intanto c’è un problema di lingua e poi che gli italiani non fanno a gara per farsi amico un cinese. Gli immigrati di prima generazione hanno pensato soprattutto a lavorare, quelli di seconda hanno meno problemi ma si scontrano con pregiudizi dalla parte opposta e non va dimenticato che anche chi è nato in Italia non ha il diritto di voto e non può prendere la cittadinanza fino alla maggiore età. E anche in quel caso solo pochi ci riescono.
Paolo Nencioni
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