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da Il Tirreno del 01/08/08
«A Prato il clima è pericoloso»
Il sindacalista Uil Zeijnati lancia l’allarme
L’atmosfera in questo paese è cambiata. Sicurezza ha preso a far rima con straniero e per chi, in quest’Italia e ora anche a Prato, ci vive e ci lavora sentirsi discriminato è terribile. Zeijnati è convinto che si debba fare un passo indietro. «E’ come se in questa città ci si fosse svegliati un giorno - dice - e ci si fosse accorti per la prima volta che c’erano i cinesi. E si è cominciato a fare di tutta l’erba un fascio. I politici hanno cominciato a parlare solo di controllo e repressione e le parole dialogo, confronto, integrazione sono uscite dal dibattito. Se questo è solo una strategia elettorale posso anche accettarlo ma ricordo che gli amministratori dovrebbero guardare al futuro della propria comunità e studiare soluzioni di ampio respiro».
Per Qamil né a Prato né nel resto del paese questo sta accadendo. «Si parla di togliere gli assegni sociali, si creano leggi che rendono difficile anche fare atti normali come cambiare la residenza. La gente anche a Prato ha già cominciato a guardarci come nemici. Ti tolgono il saluto se perdono il lavoro e invece tu continui ad averlo. Solo perché non sei pratese. Eppure io mi sento di questa città: è qui che ho gli amici, è qui che mia figlia è nata e cresciuta. Eppure, io e gli altri extracomunitari e perfino mia figlia che pratese lo è di certo, non siamo considerati uguali agli altri».
Una situazione che per il sindacalista della Uil comincia a farsi pericolosa. «La sinistra anche in questa città è diventata come parte di un coro polifonico albanese. Canta insieme agli altri. Se poi quel che dice è di destra, non fa parte della sua storia, non tiene conto di principi per cui si è sempre contraddistinta nessuno sembra accorgersene. La politica con la “P” maiuscola credo sia un’altra cosa: è lavorare per una città multirazziale e non discriminare chi è nato in un luogo diverso dal tuo. E non dico che non si debbano fare i controlli. Anzi. Ma tutto non può ridursi a blitz, a rifiutare i militari o a partecipare a una cena al ristorante Hong Kong e poi tutto torna come prima».
Gli stranieri si sentono come merce. Lo dice e lo ripete Zeijnati. «Da quando c’è questo nuovo clima negli uffici, anche per piccole cose, ti rimandano gli appuntamenti anche di due mesi. Perfino chiedere un’informazione è diventato impossibile. E avere un ricongiungimento familiare quasi una missione: ci sono lavoratori che avviano la procedura, dopo un anno e mezzo non hanno ottenuto niente e magari devono ripartire da capo perché nel frattempo la moglie incinta ha partorito». Riprendiamo il dibattito dove l’avevamo lasciato. E’ l’invito di Qamil. Parliamo di voto per gli extracomunitari, creiamo consulte per affrontare insieme i problemi, riprendiamo a considerarci tutti persone. «E magari - conclude - diamo il permesso di soggiorno a chi denuncia gli abusi. Solo così avremo la possibilità di veder bussare alle nostre porte anche quei cinesi sfruttati dai loro connazionali. E’ conquistando la loro fiducia che costruiremo senza distruggere».
Ilenia Reali
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