Al movimento antinucleare serve un'agenda.
di P. Cento e M. Bulgarelli
Il governo ha deciso che l'Italia deve tornare prioritariamente al nucleare. Stiamo assistendo anche al rilancio del carbone e all'inaugurazione della centrale di Civitavecchia. In Parlamento di fronte a questa «restaurazione» energetica del governo Berlusconi, l'opposizione fino a oggi balbetta, incapace di dire un chiaro no al nucleare e di indicare una scelta energetica alternativa. Già nel governo Prodi - scorsa legislatura - sul nucleare e sul carbone ci sono stati tentativi più o meno diretti per anticipare questa restaurazione energetica e se non fosse stato per presenza dei Verdi e del resto della sinistra radicale forse queste scelte sarebbero già in stato avanzato.
La stessa vicenda del Cip6, che i Verdi hanno fatto esplodere nella scorsa legislatura, ci conferma che il settore energetico e quello dei relativi finanziamenti hanno un ruolo nell'individuazione di scelte strategiche capaci di condizionare la qualità del modello economico.
Basta questo scenario per dire sì alla necessità di partecipare all'incontro nazionale del 15 settembre di cui ha parlato Alfiero Grandi ( il manifesto del 27 agosto) in cui , riteniamo, che l'obiettivo debba essere quello di verificare le condizioni per promuovere in tempi rapidi un «Comitato nazionale contro il nucleare» che faccia del referendum non l'unico strumento di questa mobilitazione.
C'è bisogno di costituire un comitato scientifico capace di mettere insieme i migliori saperi delle nostre università, i centri di ricerca, di studiare l'applicazione di modelli energetici alternativi per contrapporre, dal punto di vista tecnico, economico- finanziario, ambientale, le ragioni della nostra contrarietà al ritorno al nucleare.
C'è inoltre bisogno di ricostituire nuovi comitati popolari capaci nel territorio - Caorso, Montalto di Castro, Trino Vercellese, Borgo Sabotino - di riaffermare una nuova critica sociale e collettiva a questa scelta e al suo modello energetico. I recenti decreti sui rifiuti del governo Berlusconi hanno introdotto un modello autoritario della gestione ambientale del territorio militarizzando i siti prescelti, aumentando le sanzioni penali per chi vi si oppone, estromettendo le autonomie locali da qualsiasi potere decisionale. La questione energetica attraverso la scelta nucleare si intreccerà sempre più con la questione democratica della partecipazione decisionale dei cittadini e dei territori. Proprio il nesso tra modello energetico e democrazia dovrà essere uno dei nodi costituenti del «Comitato» che da un lato deve esssere un luogo aperto alle forze politiche, sindacali, associative, di movimento, a singoli individui e personalità e dall'altro raccogliere anche le esperienze più vive che proprio sul terreno dei rifiuti, della difesa del territorio si sono manifestati negli ultimi mesi: dalla resistenza a Chiaiano a quella del comitato No da Molin a Vicenza.
Uno dei nodi fondamentali è anche quello del rapporto tra il nucleare civile e le sue connessioni con il quello militare. In Italia ci sono ancora almeno 90 testate nucleari in alcune basi del centro e del nord. I tempi di questa agenda antinucleare sono stretti: ci sono notizie sulle grandi manovre della lobby nuclearista per la localizzazione dei siti, l'individuazione dei depositi di rifiuti radioattivi e la verifica sulle condizioni delle centrali nucleari chiuse nel 1987. Nelle settimane scorse, infine, il ministro Scajola ha annunciato una conferenza nazionale sull'energia da fare entro Natale. Ecco, proprio per quell'occasione dovrà essere pronta una contro-conferenza sull'energia dove il comitato scientifico di cui parlavamo prima dovrà emettere in campo idee e proposte. Di tutto questo vorremmo parlarne il 15 settembre in una prima riunione nazionale che pensiamo possa tenersi la presso la sede di Carta a Roma in via dello Scalo di San Lorenzo, dalle ore 15 in poi.
Siamo tutti invitati a partecipare.
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