TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

lunedì 3 novembre 2008

Scuola. Zitti ragazzi, ascoltiamo Pennac!


Il nemico della scuola: la società mercantile. Intervista a Pennac.
Studenti-clienti: ribaltamento del '68
Daniel Pennac interviene sulla riforma della scuola al Festival della Letteratura di Mantova

Prima di venire al fenomeno del bullismo, cioè l’eventuale prodotto del maggio ’68, bisogna dire che esiste anche da noi in Francia questo dibattito; ci si chiede se, a quarant’anni di distanza dagli eventi, vi sia un rapporto diretto e se la situazione odierna sia un retaggio del maggio ’68.
La prima volta che ho sentito le massime autorità dell’educazione nazionale in Francia, cioè i rappresentanti del nostro futuro stato (eravamo nel periodo precedente alle elezioni), fare questa affermazione, mi sono detto che stavo assistendo alla gag della commedia politica più comica che avessi mai visto da mezzo secolo a quella parte, credo di non aver mai assistito a nulla di più comico e anche direi di più grottesco.
Adesso sono anzianotto, qualche ricordo del maggio ’68 ce l’ho abbastanza chiaro, parlo della Francia ovviamente, il Paese che meglio conosco, e mi sembra di ricordare una delle caratteristiche precipue del Sessantotto in Francia, sia stata una sorta di movimento spontaneo contro l’iperconsumo di oggetti e per il riavvicinamento fra le persone.
Questo è il mio ricordo del ’68, così si riassume per me il maggio ’68: un movimento spontaneo in Francia contro l’eccesso di consumi e per il ritrovarsi tra le persone, tra gli individui. Sono passati quarant’anni. Oggi constato che, in classe, il principale nemico nell’aula scolastica, degli insegnanti, è quella che io chiamo la straordinaria, inaudita, senza precedenti, clientelizzazione degli allievi da parte della società mercantile. I bambini e gli adolescenti sono dalla mattina alla sera bombardati dalla pubblicità della società mercantile che suscita in loro dei desideri, delle voglie di oggetti, che sia un paio di scarpe da ginnastica, piuttosto che apparecchi elettronici… ogni genere di sciocchezza. Tutta questa situazione ha trasformato i ragazzi in clienti, in consumatori, in utenti, totalmente strumentalizzati dalla società mercantile. Allora non mi sembra che questo possa essere un frutto, un retaggio del Sessantotto, non c’entra niente; chi vuole fare dei collegamenti diretti, sembra che non abbia assistito per niente al Sessantotto.
Il mondo di oggi non ricorda in nulla le istanze, le richieste… del movimento del maggio ’68; mi pare di constatare che le nostre massime autorità politiche comunichino molto bene fra loro perché la stessa disputa e dibattito pubblico che esistono da noi in Francia, esistono anche da voi; c’è il tentativo di stabilire un rapporto tra la situazione attuale e le conseguenze del Sessantotto, quindi evidentemente tutti si mettono d’accordo per cercare di fornire la stessa interpretazione.
Tra i "punti forti" del decreto Gelmini ci sono il ripristino del voto di condotta e del grembiule. Cosa ne pensa?
Per quanto riguarda la reintroduzione dei voti di condotta, del grembiule o l’uniforme, bisogna dire che si tratta di strumenti molto utilizzati, pratiche molto in voga soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Ho visitato tante scuole, in Africa, in India, Sri Lanka, a Cuba… tutti i ragazzini vanno in classe in uniforme. I voti di condotta, le unformi, i grembuli, il concetto stesso di autorità come punizione, come castigo, non sono altro che le forme esteriori, gli abiti dell’autorità a scuola, abiti quindi che non erano gli stessi dieci anni fa e che tra dieci anni potranno cambiare. È normale che sia così. Non è questo il vero problema, o meglio, non è questa la vera autorità. Allora che cos’è l’autorità in rapporto alla scuola? Nella scuola l’autorità può essere soltanto di ordine intellettuale ed esemplare. Io in quanto insegnante non posso affermare il mio statuto di autorità in classe a meno di non essere un insegnante esemplare, autorevole in quanto esemplare come professore.
Che cos’è un professore esemplare?
Tanto per fare qualche esempio, un insengnante che non è assenteista, un insegnante che restituisce i compiti in classe corretti puntualmente, che non fa aspettare i suoi allievi. Dunque per me l’autorità si traduce in un gioco di reciprocità.
E più in generale, come asserire la propria autorità intellettuale, morale, di esempio, a scuola se e quando le più alte autorità dello stato non si mostrano esse stesse esemplari sotto il profilo intellettuale, morale, se non entrano esse stesse in questo gioco di reciprocità?

A cura di Paola Pedrinazzi
03 novembre 2008
da Wuz Cultura & Spettacolo

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