TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

venerdì 30 gennaio 2009

Prato. Il dibattito sul razzismo culinario

A leggere le dichiarazioni di Silli, sembra che in centro esistano solo negozi "etnici" o esercizi di ristorazione che fanno del kebab il loro piatto principale. E si ritorna alla paranoia della "invasione" a "macchia d'olio".
Ovviamente, riflettere sui motivi di questi fenomeni sarebbe troppo gravoso per la politica pratese: si preferisce andare quindi per "slogan", cercando di trovare "soluzioni" a problematiche e criticità che hanno altre radici.
Perché, si badi bene, di fondi commerciali vuoti in centro ce ne sono tanti: quanti sono gli "imprenditori" italiani che stanno investendo per portarci "l'artigianato locale" o i "negozi pratesi"? E soprattutto, cosa vuol dire "negozi pratesi"? Gestiti da pratesi? che vendono solo ed esclusivamente prodotti "Made in Prato"? Ci piacerebbe avere una risposta, a questo giro, da Milone.
E, ancora una volta, si pensa che tutto possa essere risolto da regolamenti più o meno fantasiosi (e magari, come nel caso di Lucca, evidentemente razzisti), e si da per scontato che dietro ad ogni esercizio gestito da un cittadino straniero ci sia per forza un problema di regolarità e legalità. Ed in questo, Abati e Carlesi poco si differenziano dagli altri, a leggere quanto riportato sulla stampa (i locali "che danno fastidio",o che "non rispettano le regole"): era veramente difficile dire che quella lucchese è una iniziativa vergognosa, senza stare a concionare su altro? Molto probabilmente si...
MV

da La Nazione del 29/01/09
«Sì ai kebab in centro storico Ma solo di qualità e in regola»

Candidati a confronto dopo lo stop deciso dal Comune di Lucca
SE IL COMUNE di Lucca ha vietato in centro storico l’apertura di ristoranti, bar e fast food (kebab) «riconducibili ad etnie diverse» per cercare di «salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo» della città, che cosa dovrebbe fare Prato? Il primo a chiederselo è stato il coordinatore comunale di Forza Italia Giorgio Silli, rispondendosi che anche qui ci sarebbe bisogno di un provvedimento simile. Un tema del genere, però, riguarda da vicino anche e soprattutto i tre candidati alla poltrona di sindaco che sono già scesi in campo, ovvero Aldo Milone per la lista «Prato libera & sicura», e i due candidati Pd alle primarie di coalizione del centrosinistra Massimo Carlesi e Paolo Abati. Che cosa faranno se dovessero succedere a Romagnoli? Basta il nuovo regolamento del commercio appena approvato (prevede nuovi standard di qualità ma non fa cenno alle tipologie di esercizio che possono o non possono stare in centro storico), oppure serve qualcosa di più incisivo?

IL PRIMO a rispondere è Milone: «Le norme approvate a Lucca non mi trovano del tutto contrario. Uno dei primi atti che farò in caso di elezione è la chiusura delle attività che causano il degrado e possono creare problemi di ordine pubblico. In centro storico bisogna mantenere soprattutto le attività del vecchio artigianato locale». Quindi via i kebab? «Non dico che devono sparire — precisa Milone — Qualche kebab in centro ci può essere, purché rispetti certi requisiti da stabilire con un regolamento apposito e solo in certe zone, ma in centro ci devono essere soprattutto negozi pratesi». L’ex assessore alla sicurezza non risparmia una critica alla giunta: «Il nuovo regolamento del commercio non è sufficiente, perché non sana l’esistente, non incide su attività come la pizzeria di via Magnolfi. Quel tipo di locali va chiuso».

ABATI INVECE, prima di tutto, punta il dito contro «una norma che sembra discriminatoria», ma anche lui si prepara ad usare il pugno duro: «Il punto vero è se ci sono locali che danno fastidio alla comunità oppure no — sottolinea — La priorità è far rispettare le regole: a Prato ci sono esercizi che andrebbero chiusi a prescindere dal prodotto che vendono e non dimentichiamo che anche quelli gestiti da italiani a volte creano difficoltà». Nel dettaglio Abati si dice «favorevole a regole che prevedano la chiusura dei locali che compromettono il normale vivere della città», apprezza il nuovo regolamento comunale perché ritiene fondamentali «il decoro dei negozi, la presenza di insegne in italiano e la qualità», ma riconosce che «le diverse tipologie di esercizi vanno distribuite bene per evitare assemblamenti».

PIÙ ESPLICITO il sì ai kebab di Carlesi, anche se il candidato non manca, come i suoi avversari, di vincolare il via libera al rispetto di norme sulla qualità commerciale e ambientale: «E’ difficile fare un’ordinanza selettiva, perché le ordinanze prima di tutto devono definire i criteri igienico sanitari e le regole da seguire. Scegliere quali esercizi possono stare in centro e quali no non è corretto, senza considerare che ci sono anche tanti cittadini che apprezzano altre cucine». Grande attenzione però sul fronte dei controlli: «Occorre essere molto determinati, semmai, nelle ordinanze che regolano la qualità e chiudere i locali che non rispettano le regole — aggiunge il candidato Pd — L’importante è stabilire le condizioni di partenza come fa il regolamento comunale. Per quanto mi riguarda, poi, mi preoccupano più gli internet point dei kebab, perché è più facile aggirare le normative».
Leonardo Biagiotti

da la Nazione del 29/01/09
«Regolamento ad hoc Il sindaco si muova»

Riceviamo e pubblichiamo:
KEBAB, ristoranti etnici, fast-food e locali gestiti da persone di etnie diverse da tempo stanno «invadendo» a macchia d’olio i nostri centri storici. A Lucca il Comune ha assunto una posizione finalmente decisa, forte, in merito a questo fenomeno, emanando un regolamento ad hoc. Le polemiche (direi prevedibili) non mancano, ma ritengo che con questo importante provvedimento si sia creato un precedente di primaria importanza. Se a Lucca la situazione è tale da richiedere un intervento specifico del Comune, cosa potrebbero rispondere i cittadini pratesi? Dobbiamo ancora restare inermi passeggiando lungo via Santa Trinita mentre esterrefatti notiamo che ogni 5 metri c’è un kebab o un altro locale gestito da stranieri, dove magari non figurano neanche le insegne in italiano? Dove grossi dubbi pervadono in merito al rispetto di elementari norme di igiene? E’ inoltre palese e insostenibile che si vengano a creare all’interno delle mura pratesi delle vere e proprie “zone” ove è difficile persino trovare un negozio gestito da italiani. Se il centro storico di Prato sta andando a morire è anche a causa di una cattiva (direi pessima) gestione sotto il profilo urbanistico ed estetico della città: si rende possibile l’apertura di centinaia di locali etnici ma non si pensa alla tradizione dei prodotti pratesi. Serve un intervento come a Lucca. Non è una questione di razzismo, ma di regolamentazione e disciplina di queste attività. Non è più sostenibile un silenzio vergognoso su temi come questo: auspico quindi un celere intervento del sindaco. Intanto su Facebook è già nato un gruppo «Anche a Prato come Lucca»...
Giorgio Silli

1 commento:

Anonimo ha detto...

Penso che nel Comune di Prato il commercio in generale sia disciplinato da regole e che queste regole, risultato di decenni di vita collettiva, siano quelle più giuste (non ho esperienza, mi fido).
Penso che l'osservanza di tali regole sia sufficiente per l'apertura di un esercizio commerciale, qualunque esso sia. Che poi siano in crecita i kebab e in calo i negozi di specialità tradizionali pratesi, è un fatto che dipende molto dai consumatori: ora è il momento in cui a tanti piacciono i prodotti venduti dai kebab.
Personalmente non gradisco molti prodotti non tradizionali pratesi (oltre a ciò che si vende nei kebab, quello che si vende nei Mac Donald, e via e via, fino alla banana e al panettone), anzi, a parità di gusto, preferisco un prodotto tradizionale locale proprio per il legame che sento con la mia terra.
Ma divieti speciali per motivi culturali non si possono mettere (semmai ai MacDonald per motivi sociali e ambientali ...). Piuttosto, il Comune potrebbe offrire opportunità ed incentivi a favore delle produzioni a carattere tradizionale pratese.
Simone Puggelli