Ottimo motto per sintetizzare le "differenze" esistenti tra i due candidati alle primarie del PD. Perché, come ha ben sintetizzato la giornalista, magari hanno storie diverse, hanno stili diversi (anche se Abati lo preferivamo con l'orecchino), ma il concetto di città che portano avanti è lo stesso. Ci verrebbe anche da dire che è lo stesso portato avanti dall'amministrazione precedente, con i quali entrambi hanno strettamente collaborato. Forse perché "figli" dello stesso aggregato politico?
MV
da il Tirreno del 02/02/09
Due sfidanti e un’idea comune di città
Il primo faccia a faccia: Abati prevale, ma Carlesi non sfigura
PRATO. Due uomini completamente diversi, due stili diversi, due storie non parallele, due candidature concepite in modo diametralmente opposto eppure un concetto di città convergente. Tante idee e, per entrambi i candidati Pd alle primarie del centrosinistra, un livello della discussione di qualità.
Il vero vincitore del primo faccia a faccia tra Paolo Abati e Massimo Carlesi, ieri al circolo Cherubini, è stato forse proprio il centrosinistra.
Dopo tante polemiche che stanno dilaniando questa campagna pre-elettorale e il percorso travagliato che ha portato a oggi, la percezione è che comunque c’è un unico comune denominatore. E che il centrosinistra, se ne condividano o meno le idee, sarà un cavallo di razza quando la campagna elettorale entrerà nel vivo e a confrontarsi saranno i candidati a sindaco. Chiunque vincerà.
Abati è stato convincente, preparato fin nei minimi dettagli. Ha dimostrato di essere un buon comunicatore. E se un punteggio deve esser dato, è colui che più è emerso dal confronto e ha vinto il primo round. Dall’altra parte però, Carlesi, penalizzato probabilmente da un po’ di emozione iniziale, ha confermato di essere una risorsa, di avere idee. Un diesel che ci ha messo un po’ a mettersi in moto, ma che una volta partito è riuscito a trasmettere affidabilità.
Abati, fine conoscitore di ogni dettaglio. Carlesi, buon padre di famiglia.
LA CRISI DEL DISTRETTO Carlesi: «Stanno aumentando fallimenti e pignoramenti. Questo secondo dato dimostra che le famiglie non ce la fanno più a far fronte alle spese. Servono risorse da attivare. Si deve rivedere il bilancio del Comune e trovare un milione, un milione e mezzo di euro, per i bisogni urgenti. Soldi che potrebbero essere racimolati riducendo il numero di assessori, consiglieri delle partecipate e razionalizzando la politica cittadina. Soldi con cui si potrebbero aiutare le famiglie che si trovano oggi in difficoltà, pagare i libri di testo per i figli di chi è in cassa integrazione o ha perso il lavoro. Il Comune inoltre dovrebbe farsi garante delle banche per permettere alle famiglie di superare questo momento».
Abati: «Siamo di fronte a una crisi difficile da gestire. Prato non vive solamente le difficoltà di un ciclo internazionale ma anche le problematiche irrisolte dentro il distretto. Si devono trovare soluzioni alla guerra tra poveri sulle tariffe e su questo l’Unione industriale sta lavorando così come è all’attenzione il problema dei concordati preventivi che drogano, attraverso la riapertura di nuove società che hanno scaricato le precedenti pagando una piccola percentuale dei debiti, la concorrenza interna al distretto. Inoltre c’è da risolvere il problema dei tempi di riscossione della cassa integrazione. Servono sei mesi prima di avere lo stipendio. E allora è necessario far anticipare i soldi alle banche mentre il Comune con un fondo speciale pagherebbe loro gli interessi. Sarebbe un segnale di attenzione della politica verso i cittadini, un messaggio di rassicurazione a chi perde il lavoro».
L’ECONOMIA DEL FUTURO Carlesi: «Si dovrà puntare su innovazione e ricerca, creare un nuovo modo di progettare l’industria e sostenere quegli imprenditori che hanno voglia di rischiare. Penso inoltre a una borsa di studio per aiutare i nostri studenti con un patto: che utilizzino le loro conoscenze per la città. Il Polo ex Banci dovrà essere letto anche in versione congressuale e come luogo per il sostegno alle aziende innovatrici comprese quelle provenienti da fuori che portano progetti con una ricaduta su Prato».
Abati: «E’ necessario pensare a cosa porteremo nel 2020 e creare una nuova vocazione. Si deve rinunciare a un po’ di profitto di oggi per la Prato del domani. E lo devono fare anche i proprietari del Macrolotto 2, un’area che costa il triplo rispetto ad altre zone industriali d’Italia. Le imprese devono investire in processi di innovazione e non si possono più vedere realtà industriali premiate come modello di eccellenza che dopo tre anni falliscono. Vuol dire che quei contributi non sono stati spesi nel modo giusto».
LA CITTA’ Carlesi: «La città che vorrei è una città normale. Meno buche, più illuminazione. Creerò un numero verde affinché i cittadini possano richiedere degli interventi e poi vorrei rafforzare il ruolo delle frazioni, con un ruolo importante dei circoli, delle associazioni, delle parrocchie».
Abati: «Io invece non vorrei una città normale, ma una città viva. Una città curata e bella da vivere. I vigili devono smettere di fare i poliziotti e tornare ad avere il loro ruolo. Gli orari da fabbrica di Prato devono modificarsi, i locali dovrebbero rimanere aperti più a lungo. Non basta il pane, servono anche le rose. E quindi più tavolini fuori, più serate di cultura, più momenti di intrattenimento».
LA POLITICA Carlesi: «Voglio essere chiaro. Penso di poter vincere queste primarie, ma se non accedesse continuerò a lavorare per il centrosinistra. Non cercherò incarichi perché credo che la politica si possa fare anche da volontari. La politica è un nobile esercizio di tutti i cittadini».
Abati: «Se non vincerò tornerò a fare il mio lavoro. Stiamo facendo primarie vere che hanno riaperto il dialogo. Ma dobbiamo non perdere di vista che l’obiettivo è vincere le elezioni. Siamo forti delle idee, dei nostri uomini, delle capacità. Il centrodestra non ha una proposta alternativa: è un deserto popolato da gnomi. C’è pochezza mentre noi abbiamo palle e polvere».
Ilenia Reali
1 commento:
Agli incontri in vista delle primarie c'è un nome che salta sempre fuori: Obama. L'ho sentito anche ieri mattina durante il faccia a faccia tra Abati e Carlesi al circolo Cherubini.
Personalmente non condivido l'attesa di tante persone perché Obama riesca a migliorare il mondo, né sono in grado di giudicarne il suo programma politico. Io voglio parlare di un'altra persona a cui Obama fa pensare: di colore come lui, per un certo periodo è stato sulla scena politica degli Stati Uniti d'America.
Martin Luther King, che in un suo libro ha scritto: "Ho un sogno".
Ebbene, io ne ho due di sogni, per quanto riguarda la politica.
Il primo è il sogno di Martin Luther King (come non condividerlo?) e riguarda il mondo intero: sogno un mondo dove riusciremo a lavorare insieme, a lottare insieme, a pregare insieme, a difendere la libertà insieme, sapendo che un giorno saremo liberi, sogno che un giorno riusciremo a estrarre dalla montagna della disperazione una pietra di speranza.
L'altro è un sogno che riguarda l'Italia: sogno di vivere in un giardino chiamato Italia, dove tutti hanno cura del territorio, e la terra ringrazia offrendo buoni prodotti a chi la lavora; un giardino dove la gente lavora in tante piccole fabbriche che nel loro complesso producono di tutto, in particolare ciò che può soddisfare i bisogni veri delle persone; un giardino dove possano venire da vicino e da lontano per godere della bellezza della natura e dell'arte …
Apro gli occhi e cosa vedo? Una nazione stravolta dal mercato, che fa abbandonare l'agricoltura, che sposta le strutture produttive nei paesi dove si può sfruttare manodopera a basso prezzo, fino ad estremi immorali, che si serve di una finanza talmente velenosa da renderci contenti quando gli indici salgono (dovrebbe invece essere il contrario). E che faremo quando alle multinazionali sembrerà più conveniente rifornire i supermercati della Cina piuttosto che quelli dell'Europa occidentale?
Ce n'è da fare di strada per ricreare un paese economicamente funzionante, che tragga da se stesso le risorse per soddisfare ai suoi bisogni; e allora dico: "Cominciamo da Prato": ridiamo all'agricoltura la poca terra rimasta (poca per una città di quasi duecentomila abitanti), riprendiamo a produrre, ma non solo tessile, facciamo di Prato un giardino (la natura) e un salotto (l'arte).
Cominciamo da Prato, senza paura: "Ogni viaggio, anche il più lungo, comincia sempre con un primo passo" (Gandhi).
Io sto scrivendo sul piano dell'utopia, mentre la politica è l'arte del possibile: Massimo Carlesi è una possibilità che Prato ha a disposizione: quanto dice denota buon senso, coraggio e attenzione ad ogni cosa. Non mi piace usare l'onnipresente lingua inglese, ma penso che se sarà sindaco, terrà sempre presenti quelle due paroline "I care" (mi sta a cuore – Don Milani).
Oppure, e chiudo il cerchio tornando a Martin Luther King, "Se un uomo è chiamato ad essere spazzino di strada, egli dovrebbe spazzare le strade proprio come Michelangelo dipingeva, o Beethoven componeva musica, o Shakespeare scriveva poesie. Dovrebbe spazzare le strade così bene che tutte le genti del cielo e della terra si fermeranno per dire: Qui è vissuto un grande spazzino di strade, che faceva bene il suo lavoro".
Mi ritengo una persona semplice che presta attenzione a quello che fa: se a cena devo scegliere tra zuppa e pan bagnato, non dico "Non ho fame", nè "E' uguale", voglio scegliere a gusto mio: e ieri mattina, all'uscita, mi sono sforzato di valutare obiettivamente, e mi sono ritenuto soddisfatto delle mie scelte perché la vittoria ai punti, al contrario della Signora Reali, l'avrei data a Carlesi ...
Simone Puggelli
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