La nuova Democrazia Cristiana ha bisogno di entrambi per continuare ad esistere. Mentre Carlesi stende il pelo, Abati lo taglia.
Un meccanismo coordinato e perfetto per far uscire tanta gente dall'inverno dello scontento della loro tana, e poi abbandonarla nelle nevi perenni.
Non fatevi ingannare dalle fontanelle o dagli abecedari per i poveri studenti. La musica è la solita.
Il Favorito e l’Outsider, la lotta è aperta La gara tra i due candidati del Pd, strategie e slogan a confronto
PRATO. Il Favorito e l’Outsider stanno rispettando i loro ruoli. Il Favorito parla più da manager e amministratore, propone già un disegno di città, si rivolge ai cittadini ma anche ai poteri della città. L’Outsider parte dal basso, incontra cittadini delusi dalla politica e dal Pd, privilegia i temi della vita quotidiana, in attesa di proporre la sua “idea di Prato”. Ma intanto la battaglia è vera, checché ne dicano alcuni osservatori distratti. E i conoscitori del partito sostengono che la sfida è aperta.
Gli schieramenti. Più aperta di quanto potrebbe sembrare. Perché se si guardano gli schieramenti in campo, non dovrebbe esserci partita. Dietro a Paolo Abati, il Favorito, c’è più o meno tutto il Pd che conta: leader, dirigenti, assessori, il partito di chi ha una poltrona e quello di chi aspetta di averla, secondo i maligni. Con Massimo Carlesi, l’Outsider, ci sono molti cittadini comuni, dirigenti periferici, e quegli assessori e dirigenti di primo piano critici nei confronti del partito, soprattutto per come è stata gestita la liquidazione di Romagnoli e Logli.
Le sorprese. Ma attenzione, chi pensasse a una candidatura tutta blindata nelle stanze dell’establishment potrebbe avere delle sorprese. Partita in sordina, la campagna di Abati sta crescendo e si consolida un’impressione di maggior spessore del candidato. La prova di giovedì sera al Politeama ne è un segnale. Poteva essere un azzardo presentarsi alla città in un luogo impegnativo come il Politeama. C’era il rischio di un flop. Invece la serata è stata un successo. Politeama pieno, 6-700 persone in platea, non tutte precettate, come sostengono ancora i maligni. C’erano, è vero, molte facce note, ma anche molti giovani, molte presenze meno abitudinarie nella fascia dei 20-40enni. Abati ha condotto con sicurezza il suo “one man show”, tirando fuori alcune idee interessanti; ha lasciato intravedere la capacità di smarcarsi dalle pastoie dei soliti vincoli, la volontà di ribaltare i rapporti tra Comune e cittadini, di «aprire le finestre per fare entrare aria fresca, chiamare a raccolta le intelligenze». Lodevoli intenzioni che dovranno essere misurate al primo banco di prova per ciascuno, quando sarà il momento: la scelta degli uomini. Ma intanto ha invaso il campo di Carlesi, che finora ha costruito la sua campagna proprio sul contatto con la “base.”
Il contatto con i cittadini. E’ il punto comune ai due candidati e ha un particolare valore politico, perché segna l’elemento di maggior critica nei confronti dell’azione della giunta in carica. Abati l’ha detto chiaro, riecheggiando concetti già espressi da Giacomelli in un’intervista al Tirreno: «Prato è stata bene amministrata, ma la buona amministrazione non basta. Bisogna dare un’anima a quello che si fa. E bisogna fare le cose insieme, ricostruire un rapporto di fiducia e condivisione per affrontare i problemi». Un’accusa implicita alla giunta Romagnoli di aver fatto crescere la distanza tra amministratori e amministrati. “Insieme” è la parola d’ordine del messaggio di Abati. E fa il paio con “partecipazione” che è forse la parola più usata da Carlesi.
L’esempio-simbolo è la proposta di un numero verde al quale i cittadini potranno segnalare i problemi, le cose che non funzionano. «E chi riceverà le segnalazione dovrà intanto dire grazie, anziché mostrarsi scocciato - dice Abati - e magari richiamare per dire se il problema è risolto». E’ la rivoluzione copernicana dei rapporti tra Comune e cittadini, secondo Abati. Ma l’idea del numero verde l’aveva lanciata anche Carlesi («Abati ce l’ha copiata», dicono papale papale nel suo entourage). In più Carlesi aggiunge una sottolineatura etica sulla razionalizzazione dei costi della politica. Annuncia la riduzione degli assessorati, quantifica un possibile risparmio di 1 milione e mezzo di euro l’anno da destinare alla città in crisi.
Le due linee. Posto che in questi giorni, per forza di cose, tutti incontrano tutti, ci sono comunque delle linee prevalenti. Carlesi ha scelto la linea “dal basso” che è un po’ la cifra della sua campagna. E quindi incontri nei circoli, nei saloni parrocchiali, nei quartieri, con le cooperative che si occupano del disagio, con il volontariato, i precari, i cittadini delusi dal Comune e dalla politica. E’ la scelta logica dell’Outsider che sa di non essere graditissimo al partito e allora raccoglie anche la protesta di chi del partito ha criticato la gestione recente e le ultime mosse. E raccoglie anche quel tanto di anti-politica che alligna anche nel Pd e dintorni e che vede in Abati appunto l’uomo di partito chiamato a garantire tutti gli equilibri di potere e cioè, alla fine, i posti dei soliti noti e dei nuovi aspiranti.
Carlesi punta sui temi che toccano direttamente la vita quotidiana di ognuno: ecco allora la proposta di ripristinare le fontanelle in città per dare acqua gratis e depurata a tutti, i libri di scuola gratis ai figli dei cassintengrati, una soluzione al problema delle file al pronto soccorso, il sostegno ai gruppi di acquisto solidali. E’ un altro stile di vita e comunque un’idea di città che piano piano si delinea dal basso: solidale, attenta all’ambiente e ai consumi responsabili. Manca ancora una visione più compiuta della città “dall’alto”: quali ricette per la crisi del distretto, sul futuro economico della città, sull’immigrazione. Arriveranno nell’incontro di presentazione previsto tra pochi giorni.
Sulla visione d’insieme Abati ha detto la sua. Ha parlato di energia e inceneritore (a costo dell’impopolarità), di ex Banci e urbanistica, cassa integrazione, crisi del tessile e diversificazione. Ha detto chiaro che «gli assessori devono tornare a fare le scelte e i funzionari a trovare gli strumenti per attuarle» e non viceversa (altra stilettata alla giunta uscente), è apparso un po’ sbrigativo nella lettura della questione immigrazione.
La corsa è entrata nel vivo. E il finale non è poi così scontato.
Paolo Toccafondi
1 commento:
Municipio Verde,
a me sembra esagerato dire "Democrazia Cristiana".
Mi avete fatto andare a ricercare un ritaglio di giornale del 1991, ancora nell'era del CAF, alle soglie di Tangentopoli, ritaglio contenente una mia lettera diretta a coloro cui intendevo inviare il messaggio e aperta ad alcuni giornali.
Ne ricopio alcuni brani:
"Mi ritengo un cattolico impegnato: ... (descrizione) ... Vorrei esprimere la mia opinione circa l'unità del voto politico dei cattolici. Dalla dottrina sociale della Chiesa mi sembra che l'impegno politico dei cristiani debba indirizzare i propri sforzi per costruire una società basata sì su un'economia di mercato libera da ingerenze burocratiche, ma anche sulla solidarietà, sul risparmio, e sulla migliore utilizzazione delle risorse naturali, sul rispettto per l'uomo e la natura; di questa visione ho trovato conferma anche nell'enciclica "Centesimus annus", inoltre sono presenti, a partire dalla "Gaudium et spes", fino alla "Sollicitudo rei socialis", richiami al disarmo, specialmente atomico, al ricorso alla diplomazia per la risoluzione dei problemi internazionali, alla riduzione delle spese militari a beneficio di quelle sociali. Ora, la CEI ha recentemente ribadito, almeno da come hanno riportato giornali e TV, che i cattolici debbano votare per la DC.
Penso che la DC non si sia comportata, almeno ultimamente, secondo la dottrina sociale della Chiesa: non riesco a vedere, nell'azione della DC, l'attenzione agli ultimi, il rispetto per la natura, il risparmio delle risorse, la rinuncia all'uso della armi (si pensi alla recente volontà di intervenire nel Golfo Persico) ... (segue un brano in cui ho contrapposto Forlani che invoca la pena di morte a Giovanni Paolo che dichiarò di aver perdonato al suo attentatore) ...
Un partito politico è una struttura formata da uomini: i cittadini ripongono la loro fiducia sia negli uomini che votano, che in quelli che guidano il partito; da quanto ho scritto è chiaro che io non ripongo la mia fiducia nel segretario della DC e ritengo che i motivi che mi spingono a non obbedire all'indicazione della CEI trovino una giustificazione nel messaggio evangelico".
Purtroppo (e ora mi spingo in un'analisi politica molto grezza) siamo passati dal predominio di quella cattiva compagnia DC / CAF al bipolarismo che si è alternato tra un centrodestra populista, mediatico, che nell'azione di governo (si è visto più volte) privilegia i propri interessi ed in particolare quelli del suo leader (c'è qualcuno che non lo vota e se la sente di negarlo?), e un centrosinistra che vuole governare per davvero ma vuole fare gli interessi di tutti (e non solo di coloro che non riescono a farli valere, non i propri interessi ma i propri diritti, come secondo me dovrebbe essere); non solo ma anche, come si dice, politicamente corretto, tanto che in 5 anni (1996-2001) non gli riuscì di spedire Rete4 sul satellite, come già sentenziato (se penso alla correttezza governativa dell'operazione scuola pubblica da Giugno in qua ...).
Nel 1991 scrivevo "Un partito politico è una struttura formata da uomini: i cittadini ripongono la loro fiducia sia negli uomini che votano, che in quelli che guidano il partito": ho sempre avuto difficoltà a riporre la fiducia e da quando esiste il colore verde, sono stato abbastanza verde, un po' rosso e sempre rossoverde ma questa definizione di nuova Democrazia Cristiana applicata al Partito Democratico è un'esagerazione che non accetto.
Tornando a Prato, la fiducia che non avevo in Forlani ce l'ho in Carlesi, che nel 1991 avrebbe potuto, conoscendolo, controfirmare la mia lettera; si è buttato con passione in questo impegno e penso che ce la possa fare a diventare sindaco, tanto che quando l'ho saputo dai giornali mi sono detto: è una buona cosa, è giusto dargli una mano.
Simone Puggelli
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