TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

venerdì 5 settembre 2008

Stampa ed Imprenditoria pratese

E' proprio vero che le notizie si possono dare in tanti modi diversi (e se volessimo aggiungere una nota maligna, ci chiederemmo pure il perché...).
E' la sensazione che si ha leggendo l'articolo a mo' di strappalacrime pubblicato dalla Nazione (e che riportiamo integralmente in calce) su un'altra delle grandi avventure della illuminatissima imprenditoria pratese.
Veniamo infatti a sapere quanto drammatico sia per Massimo Cangioli e la sua famiglia lasciare Prato, ed andare ad aprire una ditta tessile a ciclo continuo in Tunisia. E così, tra la poetica nota dell'acqua del Bisenzio torba, che costringe a bere altrove, la decisa affermazione della tempra pratese, la glorificazione del coraggio pioneristico, si finisce per glorificare l'ennesima fuga per motivi strettamente legati al proprio portafoglio (legittimi, per l'amor di dio...).
Certo, come far passare altrimenti la notizia che mentre aumentano le persone in mobilità, mentre la crisi strutturale del tessile impoverisce un numero sempre più elevato di nuclei familiari, quegli stessi imprenditori che hanno pesantemente contribuito all'intorbidimento delle acque del Bisenzio - ovviamente quando tornava utile... - veleggiano tra la Lucania e la Tunisia , magari con qualche puntatina in Romania e in Cina, con la più classica delle mentalità speculative? Come spiegare, se non con artifici retorici degli dei peggiori pamphlet, la preferenza accordata alla delocalizzazione e al trasferimento della produzione in aree più "convenienti" (vuoi per il bassissimo costo della manodopera, vuoi per gli incentivi alla devastazione.. pardon, allo "sviluppo".. del territorio), nonostante l'esistenza, a Prato, di strutture e professionalità consolidate?
Certo, meglio riservare i toni "di denuncia" e "scandalizzati" per i cinesi e per gli immigrati in generale, magari gridando all'invasione e facezie simili...
E così, non ci resta che augurare ai coniugi Cangioli le migliori fortune per la loro avventura a quel paese (la Tunisia, ovviamente... che avete capito???): non vediamo l'ora, infatti, di leggere un'altro capolavoro del genere...

Kritias
per Municipio Verde



da La Nazione del 05/09/08
Aprono ditta con 150 operai. In Tunisia L’ex giocatrice di basket Isi Vannucchi e il marito scommettono sull’Africa
PARTONO stamani alla volta di Tunisi Massimo Cangioli, la moglie Isi Vannucchi e i due figli. Hanno scelto l’Africa per creare una ditta tessile a ciclo continuo (rifinizione, lavaggio, tintoria e finissaggio) destinata nel volgere di poche settimane a dare lavoro a circa 150 dipendenti. L’azienda nascerà a Grombalia, a metà fra la stessa Tunisi e Hammamet, e proverà a lavorare anche col distretto laniero (Cangioli ha due soci, i pratesi Iacopo Salimbeni e Luciano Fragola).
Ha le lacrime agli occhi lui, ha le lacrime agli occhi lei, che gli amanti del basket ricordano come capitano dell’Athena capace di trascinare tutte le altre sia in campo che fuori, come istruttrice delle squadre del Centro giovanile di formazione sportiva e titolare della società Scuola basket Prato (180 ragazzi dai 13 ai 21 anni): «Partire è sempre un po’ morire, ma l’acqua del Bisenzio è sempre più torba e ci costringe ad andare a bere altrove», dice Isi con un’allegoria che tradisce il travaglio di una rinascita industriale al momento problematica.

LA DITTA NUOVA ha già un’identità precisa: si chiama MTT (Mediterranee Textile Tecnology) ed è stata accolta già nel suo avvio con grande favore dalle autorità locali, che hanno fatto di tutto perché anche alla famiglia fossero riservate attenzioni particolari: Isi insegnerà basket nella scuola italiana di Tunisi che frequenteranno i figli e c’è anche la possibilità di una collaborazione con la squadra di Nabeul, la più forte della Tunisia.
Nel composto dolore dell’addio ci sono anche Fiorello e signora Vannucchi, genitori di Isi, entrambi sull’ottantina, che si vedono portar via dal progetto industriale l’unica figlia a cui avevano riservato le attenzioni premurose di ogni genitore, avviandola al basket proprio nella squadra di cui Fiorello Vannucchi era presidente e assecondandola poi in tutte le sue iniziative. Quella tunisina è un’avventura stimolante sì, ma anche un’avventura col groppo in gola, come fa intendere Fiorello che non ha la voglia e la forza di parlare. Un arcobaleno sul domani è dato dai nipoti di 7 e 12 anni, che promettono di tornare presto. Il maggiore ha prenotato a Prato anche la visita di idoneità allo sport agonistico, facendola cadere nei giorni finali del ramadan nei quali l’industria tunisina è in sosta. Lui ed i genitori faranno di nuovo tappa a Prato per ritrovare i nonni e la stessa Isi non nega di voler tornare a vivere in Italia «fra un anno o due per portare avanti i rapporti con le società di basket».

INTANTO L’ATTIVITÀ lavorativa e le incombenze connesse stanno occupando già i pensieri di Massimo (anche lui ex giocatore di basket) ed Isi, che nel tessile continuano a confidare sulla scorta anche di altri esempi di connazionali, e qualche pratese, che hanno avviato in Tunisia le prime esperienze positive. Le distanze non più incolmabili, la crescita civile e industriale che si va registrando in Tunisia in questi ultimi anni sono il viatico di una speranza non effimera, che Massimo e Isi alimentano col coraggio pionieristico solito dei pratesi.

«VIVIAMO UNA realtà e un’epoca — dicono a una sola voce — che impongono di guardare oltre i propri confini, magari per riportare poi l’esperienza straniera nel tessuto cittadino». E ancora: «Della Tunisia dobbiamo ancora scoprire tante cose, è un’avventura che comincia adesso e che si basa comunque su presupposti di validità verificati fin dal momento in cui abbiamo presentato la proposta alle autorità competenti ed abbiamo iniziato la prima esperienza lavorativa. Ora tocca a noi dimostrare che la tradizionale tempra pratese è capace di riciclarsi ovunque e noi siamo convinti che ce la faremo». Li accompagnano gli auguri dei molti amici che in queste ultime ore sono stati a trovarli per un addio che nelle aspettative di tutti vorrebbe tradursi in «arrivederci».

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