Oggi, la notizia viene commentata da Antonino Cardaci, presidente dell'EEP (Edilizia Economica Popolare) sul Tirreno. I numeri che presenta sono agghiaccianti, per una realtà di 180000 abitanti circa: 1100 persone iscritte alla graduatoria per l'alloggio residenziale pubblico, contro una disponibilità totale di 200 alloggi, e uno stato di emergenza praticamente permanente.
In tutta onestà, però, ci convince poco la soluzione: costruire più case popolari e a canone calmierato.
Avanziamo, invece, una modesta proposta alternativa: ma tutti i finanziamenti e le risorse investite sulla cementificazione non potrebbero andare integralmente a sostegno dei nuclei familiari in difficoltà per non giungere ai provvedimenti di sfratto? Non sarebbe una stategia più consona, che eviterebbe da una parte il consumo eccessivo del territorio (a fronte di risorse già esistenti...), e dall'altra la riduzione di carichi sia in capo al sistema giudiziario (che comunque risulta non poco impegnato da attività del genere) sia, e diremmo soprattutto, in capo alle famiglie, costrette in una situazione drammatica?
Forse sarebbe il caso di pensarci sopra...
MV
da il Tirreno del 07/09/08
Sfratti, un triste primato che resiste
Prato da tre anni maglia nera. Ora in arrivo nuove case popolari
Le cause sono la crisi economica del distretto e gli affitti troppo alti Ma la rete sociale c’è
Una situazione, causata da due diversi fattori: la crisi del distretto e i canoni d’affitto troppo alti.
«In città i canoni di affitto inferiori a 600 euro al mese non esistono - dice Antonino Cardaci, presidente della società di Edilizia economica popolare - e se a questa cifra ci aggiungiamo le spese condominiali, le tasse e le tariffe il conto è presto fatto. Per mantenere una casa serve uno stipendio intero. E tante famiglie con due redditi a causa della crisi del distretto sono rimaste con uno solo. E hanno perso la casa perché non possono continuare a far fronte alle spese per l’abitazione».
Il lavoro che non c’è più, i canoni d’affitto troppo alti. E, secondo Cardaci, anche la mancanza di una vera politica della casa in Italia. «Nel 1998 fu tolto il contributo Gescal - ricorda - perché pareva che non servisse più costruire case popolari. Oggi ci rendiamo conto invece che l’abolizione di quella contribuzione è stato un errore che paghiamo caro. E poi dobbiamo tener conto che se una persona decide di acquistare una casa e contrarre un mutuo, oggi come oggi non può permettersi ad esempio di investire anche in un’attività. E’ per questo che l’Italia si è fermata, e con l’Italia anche Prato». Nella nostra città, gli alloggi ad affitto calmierati e quelli in residenza pubblica sono stati costruiti. Ma ne servirebbero altri.
«Il conto è presto fatto - dice - perché abbiamo in graduatoria per l’alloggio residenziale pubblico 1.100 persone che non possono permettersi di pagare affitti a prezzo di mercato». In tutta la provincia, tra appartamenti già costruiti o comunque avanti con i lavori, se ne contano più di 200, e tra qualche settimana dovrebbero iniziare i lavori per la realizzazione di 24 appartamenti a canone calmierato a Montemurlo e una trentina a Prato.
«I numeri da soli non danno comunque l’idea della complessità del problema - aggiunge Cardaci - ma anche se Prato ha la maglia nera per il numero di sfratti, c’è da dire che grazie alla rete creata dall’assessorato ai Servizi sociali del comune con le associazioni di volontariato e gli altri enti del territorio, quelle 750 famiglie sfrattate lo scorso anno non sono state costrette a dormire per strada. Seppure in emergenza, ma una sistemazione è stata trovata».
Francesca Gori
Nessun commento:
Posta un commento