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La mer, la fin...

sabato 6 settembre 2008

Scuola. Il tempo vuoto di Magnolfi e Gelmini.


Nonostante che la maggioranza degli italiani abbia abboccato all'amo e crede che il problema Alitalia sia il più importante in corso di discussione, e non è affatto vero, resiste un barlume di dibattito anche sui problemi della scuola.
Anche dalle nostre parti, Toscana e Prato in particolare, si discute e sembrerebbe affidato ad Alberto Magnolfi il compito di difendere le "riforme" del ministro Gelmini. Infatti il noto politico di Forza Italia ha attaccato l'assessore comunale all'istruzione Giuseppe Gregori e quello regionale Simoncini accusandoli di fare disinformazione. Dice Magnolfi che il "tempo pieno" non si tocca e che anzi verrà allargato e potenziato; quindi chi afferma il contrario lo fa per gettare benzina sul fuoco e basta. Ha poi aggiunto che verrà abolita soltanto la compresenza di più insegnanti.
Difficile capire se Magnolfi sa veramente qualcosa di scuola o improvvisa.
Proviamo noi a mettere qualche punto fermo.
La scuola primaria, prima frazione dell'obbligo scolastico, fu riformata alla fine degli anni ottanta abolendo il vecchio modello orario delle 24 ore mattutine compreso il sabato, e istituendo un'organizzazione diversa, conosciuta come "moduli".
A parte il nome demenziale, i moduli funzionano con tre insegnanti su due classi parallele, per esempio due prime, due seconde, ecc...
Laddove però non vi siano le condizioni, per esempio nelle scuole con una sola sezione, si possono istituire moduli verticali, per esempio una prima e una seconda oppure anche una prima e una quinta. In certi casi si è vista anche l'istituzione di moduli con cinque insegnanti su tre classi. In alcune parti d'Italia, prevalentemente a sud, questa organizzazione non è stata mai attuata ed è rimasto un modello simile al precedente, soprattutto perchè gli enti locali non sono stati in grado di provvedere al servizio di mensa, loro spettante.
Parallelamente in alcune regioni è sopravvissuto il tempo pieno, nonostante il tentativo di demolirlo, in parte riuscito, da parte soprattutto della ex ministra Moratti.
Il Tempo Pieno, orgoglio degli insegnanti progressisti, sostenitori della scuola attiva, del ruolo sociale di promozione umana e di uguaglianza dell'istruzione, costituisce un allungamento della vecchia scuola del mattino, fino a 40 ore settimanali, quindi più del modulo (30/33h).
In seguito la legge sull'autonomia degli istituti scolastici, voluta dai governi di centrosinistra, ha fatto sì che si sia sviluppata una grande quantità di possibili modelli, sulla base dei criteri fin qui descritti: tempi pieni accorciati, moduli allungati, tempi flessibili, sabato sì, sabato no e molte altre possibilità ideate dai docenti e approvate dai consigli d'istituto, non sempre partendo da considerazioni pedagogiche. Non sempre mettendo il bambino al centro del ragionamento.
Ma, a parte l'organizzazione creativa, stimolata da capi d'istituto molto concentrati a far quadrare bilanci e a contentare le famiglie, l'istituzione del modello modulare è stata globalmente un fallimento. Tre insegnanti su due classi, diventati spesso cinque con lo specialista di inglese e quello di religione cattolica (sottolineo cattolica), sono risultati una soluzione peggiorativa. Prima di tutto il rapporto reale insegnante alunno è di fatto aumentato perchè ciascun maestro deve seguire il doppio degli alunni e poco importa se insegna un minor numero di materie.
Ne consegue un minor tempo da dedicare ai singoli bambini e un'organizzazione frazionata molto simile a quella delle medie, grado di istruzione che ha sempre funzionato meno bene delle elementari proprio per la maggiore rigidità dei tempi della didattica e per la distanza fra i professori, costretti a volare da una classe all'altra, e gli alunni, sempre più anonimi e sconosciuti agli occhi degli adulti.
In sostanza i moduli hanno preso dal tempo pieno il concetto di lavoro di gruppo degli insegnanti, ma specializzandoli e incanalandoli in un rapporto più distaccato e frettoloso con gli studenti.
Non basta. Il tempo pieno ha avuto dalla sua origine la caratteristica di scuola al servizio degli alunni in difficoltà: adatta agli svantaggiati, all'inserimento dei disabili, a chi non poteva contare sull'aiuto della famiglia. Per coprire questo ruolo si poteva contare su un certo numero di ore di compresenza dei maestri, i quali potevano programmare attività a gruppi più piccoli o seguire individualmente i bisognosi di cure. Si "poteva" perchè da uno sciagurato accordo con i sindacati, le ore di compresenza furono dimezzate anni fa, sempre dal centrosinistra.
Questa sovrapposizione di più insegnanti nello stesso tempo, faceva sì che ci fosse il giusto tempo per dedicarsi ai singoli e alle loro specifiche esigenze. D'altro canto, l'argomento delle compresenze ci porta al cuore del problema poichè ne fa parte: il numero di alunni per ogni classe in rapporto al numero degli insegnanti.
Questo è il discrimine, questa è la linea di differenza, questo è ciò che caratterizza una scuola dalla parte dei bambini e dei giovani.
E sull'argomento ci viene prontamente in aiuto il consigliere forzista Alberto Magnolfi, il quale, per rassicurarci precisa che il tempo pieno non verrà abolito ma bensì le ore di compresenza. Inoltre verranno tolti definitivamente tutti i limiti nel numero di alunni per classe, anche in presenza di portatori di handicap e in barba alle leggi sulla sicurezza e alla proporzione fra spazi, servizi e livello di affollamento.
E' detto tutto.
Morale.
Centrosinistri e centrodestri cooperano da anni in Italia a demolire la tradizione educativa dei maestri italiani, formatasi dagli insegnamenti di grandi pedagogisti: da Maria Montessori a Don Milani, da Gianni Rodari ad Alberto Manzi, da Lamberto Borghi a Mario Lodi. Lo fecero democristiani e socialisti quando attivarono il modulo, lo fece Berlinguer quando cominciò a copiare malamente i modelli anglosassoni, lo fece la Moratti con la sua finta riforma in gran parte inapplicabile. Stessa sostanza la espresse il ministro Fioroni e l'attuale titolare Gelmini.
L'unica azione praticata è sottrarre fondi all'istruzione, è la costante depauperazione della scuola e l'avvilimento dei docenti.
Tutto segue una logica economicista, lontanissima dal bene dei nostri figli e dai principi educativi della scuola democratica.
Ma, nonostante l'ipocrisia dei politici tenda a dissimularlo, dei bambini non frega niente a nessuno.

Per Municipio Verde
R.B.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Aggiungo che il modulo di tre insegnanti su due classi era comunque un tentativo di crescita per la scuola rispetto al tempo di ventiquattro ore mattutine: crescita di competenze professionali, crescita di relazioni, crescita della responsabilità condivisa negli insegnanti.
Se applicato solo su coppie di classi, avrebbe potuto benissimo costituire, insieme al tempo pieno, un modello organizzativo giusto per la scuola elementare, qualora AI GENITORI FOSSE STATA DATA VERAMENTE LA POSSIBILITA' DI SCELTA TRA I DUE TEMPI SCUOLA: invece il numero massimo di classi a tempo pieno funzionanti è stato fissato ormai da vecchia data ad un limite che non tiene di conto delle preferenze sempre crescenti delle famiglie verso il tempo pieno.
In conclusione R. B. svela il criterio ispiratore della politica scolastica degli ultimi anni: sottrarre sempre più risorse alla scuola.
Si cominciò alzando il numero medio degli alunni per classe: nella scuola elementare un valido insegnante riesce a fare un buon lavoro "con" ogni bambino se la classe non supera il numero di venti; da dieci anni personalmente insegno in classi con venticinque alunni, anche con presenza di diversamente abili (apro una parentesi: in un'aula di 36 metri quadrati, tanto che in una disposizione funzionale all'attività scolastica - ci vogliono spazi per passare o per motivi di sicurezza, e c'è una lavagna che tutti debbono poter vedere - a ogni alunno toccano 0,7 metri quadrati, compreso il banco, che ne occupa la metà, e lo zaino dietro la sedia): come si fa a fare un buon lavoro "con" ognuno di così tanti bambini? (in seconda elementare, fine anni '60, eravamo 34: non era più l'epoca dei ricchi nei primi banchi e degli altri alla deriva dietro, ma la scuola non si spendeva ancora per chi era in difficoltà, come adesso, almeno a parole).
Poi, appunto, il blocco dei tempi pieni e norme "assurde" per evitare nomine di supplenti per i primi giorni di assenza.
Infine, adesso, si riduce il tempo scuola.
Per fortuna, ed è questo che mi fa andare avanti pur nelle difficoltà che ci sono a lavaorare come insegnante,
conosco molte persone che pensano e dicono che noi insegnanti lavoriamo per poco tempo e con poca fatica.
S. P.