MV
da il Tirreno del 29/03/09
Un buon risultato se si tiene conto che l’operazione è costata in tutto (informazione e processo partecipativo) sette mesi di lavoro e oltre 200 mila euro, di cui 75 mila dalla Regione. «Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto e del livello di discussione raggiunto - dice l’assessore all’Urbanistica Stefano Ciuoffo - le persone si sono fidate e hanno superato la diffidenza. D’ora in poi il mio impegno sarà di tener conto degli spunti emersi e di estendere questo metodo di democrazia diretta ad altre iniziative importanti come quelle che riguardano il futuro di piazza Mercatale e la tramvia».
I comitati. A questo evento si è arrivati con un iter abbastanza lungo che non aveva considerato la pressione di un’azione di controinformazione messa in atto dai comitati cittadini insieme a molte associazioni del territorio. Fuori dal centro sportivo dove si svolgeva il meeting a porte chiuse, c’erano infatti i rappresentanti dei comitati che chiedevano ai partecipanti di rispondere a un questionario provocatorio sull’effettivo livello di consapevolezza del processo partecipativo svolto dal Comune.
Cos’è il Town Meeting. Il Town Meeting è uno strumento democratico adottato negli Usa più di 200 anni fa per discutere e deliberare su temi di città e territori. Il Comune ha scelto così di sperimentare la legge regionale sulla partecipazione. «Il successo di oggi dimostra come i temi della partecipazione debbano svilupparsi in futuro - spiega il sindaco Marco Romagnoli - Siamo orgogliosi di essere stati i primi a sperimentare la legge della Regione su un terreno di rilievo come il piano territoriale».
A questo proposito non è mancato l’intervento dell’assessore regionale Agostino Fragai che ha ribadito l’importanza della legge sulla partecipazione: «Le città sono sempre più complesse, solo affrontando le questioni con i cittadini ci si può accorgere che esistono delle risorse importanti, che mai arriverebbero all’interno dei palazzi senza l’aiuto di questi strumenti. Tuttavia, il confronto serve a scoprire che tra le differenze, ci sono anche molti punti di contatto».
Tutto quello che è stato deliberato nel corso del Town Meeting farà parte di un atto pubblico stilato dal garante regionale per la partecipazione Rodolfo Lewansky.
Il programma della giornata. Come in ogni squadra che si rispetti i giocatori si devono prima conoscere. La discussione è avvenuta in gruppi di 15 tavoli ciascuno composto da otto o nove persone guidate da un facilitatore, esperto nella gestione dei gruppi di lavoro a disposizione per chiarire dubbi e facilitare il dialogo.
Le domande sottoposte sono emerse dalle considerazioni rilevate dal processo partecipativo del Piano strutturale curato dall’Università di Firenze, su tre aree tematiche considerate di maggior interesse: economia e società; città e insediamenti; territorio e paesaggio.
Il procedimento prevedeva prima domande aperte, per stimolare la discussione e raccogliere opinioni, poi domande chiuse, alle quali si rispondeva con il televoto attraverso un telecomando individuale.
I sondaggi. Una parte della città pensa che il tessile possa avere ancora un ruolo centrale nel futuro di Prato, un’altra parte guarda invece a nuove forme di occupazione. Tra quelle più osannate ci sono le nuove economie: il riciclo dei rifiuti e il business del benessere. Certamente, occorre riconvertire le fabbriche, rimaste in molti casi capannoni vuoti. Il 61% delle persone chiede dunque più spazio per uffici e negozi, ma anche per parchi, fontane, parcheggi, luoghi di culto e università, in ugual misura. Solo il 3,5% sente la necessità di costruire nuove abitazioni.
Un capitolo a parte è occupato dal centro storico. E’ forte l’esigenza di una politica urbanistica più sensibile alla qualità degli spazi comuni e alla sicurezza. Dalle risposte è emerso infatti che i pratesi vorrebbero passeggiare con più tranquillità la sera e magari, che i negozi aprissero in orari più compatibili con quelli di chi lavora.
Barbara Burzi
Italiani e stranieri, stessi temi: lavoro e sicurezza
I giovani: «Basta con i quartieri ghetto più integrazione»
PRATO. Erano presenti proprio tutti, o quasi: i pratesi da generazioni ma anche gli stranieri, differenti solo nel colore della pelle o nel taglio degli occhi, per il resto stesso entusiasmo. Ciascuno con le proprie esigenze, tutti per unico scopo: una città migliore.
David Chiaverini: «Ho fatto molti sacrifici per essere qui oggi, spero che questo sforzo serva a qualcosa. Vorrei davvero vivere in una città più sicura, in cui poter uscire la sera senza aver paura».
Rachelle, Camerun: «La Prato ricca che conoscevo dieci anni fa non esiste più, oggi resta la miseria. Lavoravo come mediatrice culturale e sono rimasta disoccupata, mi hanno suggerito di imparare il cinese. Spero davvero che le cose cambino presto soprattutto nel mercato del lavoro».
Cuddusan, Eritrea: «Ricordo quando vivevo in Eritrea e i miei parenti venuti in Toscana, mi raccontavano di questa terra meravigliosa, dove c’era lavoro per tutti e il tessile era una ricchezza. Oggi non è più così. Io un giorno tornerò nel mio paese, ma sogno di dare un futuro ai giovani di questa città. Ecco perché sono venuta qui oggi».
Francesco Melani, Andrea Bartoletti, Lorenzo Gori e Mouad Elaoufy (Marocco): «Frequentiamo la stessa scuola, l’istituto tecnico per geometri “Gramsci” di Prato. Ci piacerebbe trovare un lavoro una volta diplomati. Al di là di questo, pensiamo che serva una riqualificazione edilizia più adeguata a una città dove ci sono tanti stranieri. Basta con i quartieri ghetto, vogliamo più integrazione».
Diego Franco: «Vorrei vivere in una città con più centri culturali e luoghi di incontro per socializzare ed evitare così l’emarginazione».
Alex Lin, Cina: «Basta parlare di crisi, dobbiamo iniziare a cambiare mentalità. Quella di oggi è un’occasione importante».
Ba. Bu.
Nessun commento:
Posta un commento