Nigeria, la guerra dimenticata del petrolio del Delta
Secondo l’agenzia stampa dell’Onu Irin, migliaia di civili sono in fuga dai lori villaggi nel Delta del Niger, incalzati dalle Forze armate della Nigeria che il 13 maggio hanno lanciato un’offensiva senza precedenti contro i miliziani del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) e di altri gruppi ribelli. Gli abitanti del regno di Gbramatu, nello Stato del Delta, assicurano che i villaggi di Oporoza e di Okerenkoko sono stati fatti segno di mitragliamenti da parte di elicotteri dell’esercito nigeriano e Lucy Freeman, una militante nigeriana di Amnesty International, riferisce di aver visto nella zona almeno 100 morti.
I dati impressionanti di questa nuova guerra petrolifera sono confermati dalla Croce Rossa: almeno 1.000 persone hanno abbandonato Ogbe Ijoh, il capoluogo della regione autonoma di Warri-South e si sono rifugiati in scuole ed ospedali per sfuggire ai bombardamenti dell’esercito. Secondo altre testimonianze le persone costrette ad abbandonare le loro case sono oltre 3.000 ed Amnesty International dice che gli sfollati in tutta l’area sarebbero almeno 10.000.
La maggior parte dei profughi sono donne e bambini, gli uomini sono scomparsi, temendo di essere arrestati o uccisi dalle forze governative. Secondo Egbero Ococity, il rappresentate della Croce Rossa nigeriana a Ogbe Ijoh «Numerosi uomini si sono nascosti nella foresta, dove non hanno né acqua potabile, né viveri, né rifugio».
Il governo federale nigeriano ha inviato nel Delta una Forza di intervento speciale congiunta (Jtf) composta da esercito, marina ed aviazione e polizia, che ha lanciato un’offensiva senza recedenti contro le comunità delle regioni autonome di Warri-South e Warri-Southwest, accusate di sostenere i guerriglieri del Delta che avevano attaccato i soldati governativi.
Il Mend ha dichiarato “guerra aperta” alle forze armate lealiste ed ha confermato che la lotta non terminerà fino a quando le popolazioni locali non avranno una parte delle entrate petrolifere che secondo loro finiscono tutte al governo centrale di Abuja mentre il Delta sprofonda nella miseria. Intanto a pagare le conseguenze di questa strisciante guerriglia tramutatasi in Guerra petrolifera sono i civili: «Siamo molto preoccupati nel vedere che gli spettatori di questo conflitto sono stati uccisi, feriti o sfollati» dice la Freeman.
Gli abitanti dei villaggi denunciano una vera e propria caccia all’uomo da parte dell’esercito e di essere stati mitragliati mentre cercavano di fuggire con le loro barche dalla zona degli scontri che si svolgono nel reticolo di canali del Delta del Niger. Nessuna Ong può ancora avvicinarsi al teatro di guerra: «E’ troppo pericoloso. Non possiamo che aiutare le persone che riescono ad abbandonare la zona».
Intanto le fila dei profughi si ingrossano e le Ong e la National Emergency Management Agency cercano di distribuire aiuti alimentari, un rifugio e kit igienici alle popolazioni. Ococity spiega che la maggior parte dei profughi «Dormono per terra. Sono traumatizzati dagli attacchi e perché hanno dovuto sopravvivere tra le mangrovie mentre tentavano di scappare. Sul loro viso si vede la frustrazione. La fame li fa soffrire, la maggior parte di loro non ha da mangiare da almeno 4 giorni».
Le autorità locali filogovernative negano qualsiasi attacco da parte delle Forze speciali governative nigeriane e dicono che sono presi di mira solo i criminali e il colonnello Rabe Abubakar, portavoce dell’esercito federale, conferma: «Chiunque dirà che abbiamo attaccato una comunità, che dimostri di quale comunità parla. Noi conduciamo dei raid, conformemente alle nostre informazioni, nei nascondigli e nei depositi d’armi dei militanti. Si tratta in sostanza di assicurare la sicurezza nella regione. Noi non prendiamo di mira alcun gruppo, alcuna comunità, né alcun individuo. Noi prendiamo di mira I criminali responsabili di questi attacchi atroci, selvaggi e barbari».
Le eterne parole dei militari di ogni Paese davanti ad una ribellione violenta, fatta anche di sequestri, che ha avuto il difetto di alzare il tiro e di “disturbare” un po’ troppo le multinazionali petrolifere in tempo di calo del prezzo del greggio e mentre la Nigeria sta aprendosi al nuovo e lucroso mercato del gas. Alle parole legalitari dei militari non crede Amnesty International che vede nell’offensiva in corso «un inquietante cambiamento di direzione» da parte del governo. Solo pochi mesi fa si parlava di una possibile amnistia per gli oppositori politici e i guerriglieri del Mend, nel febbraio 2009, il governo del presidente nigeriano Umaru Yar’Adua aveva assicurato al Consiglio dei ditti dell’uomo dell’Onu che si sarebbe astenuto da ogni offensiva militare nella regione del Delta perché avrebbe nesso in pericolo la vita di numerosi innocenti.
Invece la guerra divampa nelle paludi del Delta e gli innocenti bruciano come sempre in questo ennesimo conflitto per il petrolio, dimenticati dal mondo, ad un passo dagli impianti petroliferi italiani e degli altri Paesi del libero occidente, che volta la faccia sperando di essere liberato presto dai fastidiosi ribelli del Mend e incurante dei profughi che andranno a gonfiare di disperazione le fila dei migranti verso l’Europa.
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