«La famiglia non ha risposto per un anno Critiche ingiuste»
PRATO.«Non sono stati gli eredi di Malaparte ad offrire l’Archivio dell’artista, ma è stato il Comune ad offrirsi per l’acquisizione, senza ricevere alcuna risposta per oltre un anno, così come il sindaco Romagnoli non ha avuto risposta dal Ministero dei Beni culturali sulla proposta di acquistare un patrimonio così significativo». Dopo le affermazioni dell’avvocato Niccolò Rositani, legale rappresentante della famiglia dello scrittore l’assessore Andrea Mazzoni ha ricostruito in Consiglio comunale la vicenda della mancata acquisizione. A tornare sul caso sono stati due question time, presentati da Massimo Taiti della Lista civica Taiti e da Rita Pieri e Roberto Baldi di Forza Italia. Mazzoni è partito dal 2006, quando vennero presi i primi contatti con Rositani, insieme alla Fondazione Cassa di risparmio. Poi nel luglio 2007 ci fu la valutazione del valore dell’archivio da parte del professor Franco Contorbia, consulente per la Regione Toscana dei fondi archivistici, che stabilì la cifra di 450mila euro. Il Comune, come ha spiegato Mazzoni, era disponibile ad aggiungere fino a 100mila euro per il trasferimento dei diritti d’autore sugli inediti in archivio, più un’ampia offerta per la valorizzazione del patrimonio malapartiano, tra cui l’affidamento di due incarichi di alto livello per l’inventariato e la ricognizione bibliografica, la collocazione nelle prestigiosa sede del nuovo Centro culturale Lazzerini che aprirà tra pochi mesi all’ex Campolmi e l’organizzazione di convegni internazionali annuali. «Prato non era fin dall’inizio in cima ai pensieri degli eredi - ha spiegato Mazzoni - anche lo stesso Rositani conveniva che sarebbe stata la sede naturale dell’archivio, essendo la città natale di Malaparte e quella dov’è sepolto. La risposta che non è mai arrivata è il segno non solo della mancanza di considerazione di due istituzioni della città. Che prevalesse una logica puramente legata ai soldi l’abbiamo capito nella primavera dell’anno scorso, quando ci giunse notizia della firma di un contratto di compravendita con un privato per 700mila euro». Alla ridda di polemiche e di interventi in questi ultimi giorni, l’assessore ha così replicato: «Al di là di tutte le reazioni e di questi giorni, rivendico con forza che l’assessorato e la giunta siano stati i primi a porsi l’obiettivo di acquisire l’archivio di Malaparte, pur in un periodo di vacche magre, mentre altri non sapevano che si trovasse da decenni in una villa di Arcetri e non se ne preoccupavano più di tanto». Massimo Taiti ha invitato la giunta a rispondere per le rime all’avvocato Rositani, che ha attaccato la città in modo inaccettabile: «Il Comune, il sindaco e l’assessorato hanno fatto tutto il possibile e anche di più. Ma alla fine di tutto questo Malaparte è stato tenuto per 40 anni ad Arcetri e ora viene mandato nella grigia Milano». Nella sua replica Pieri ha ribadito il rammarico per la perdita del fondo culturale e ha suggerito di intessere rapporti con i proprietari per eventi e mostre da organizzare in città.
Sono molto fortunati i cittadini che vi scrivono e trovano pronta accoglienza sulle pagine del vostro giornale. È un vero peccato che l’immagine che danno del pubblico sia così riduttiva, così vecchia nei contenuti, esprimenti un concetto di cultura che è assolutamente individuale, casalingo, rancoroso, d’antan. La cultura è altro, è il cercare di vivere insieme con civiltà, con rispetto delle istituzioni che ci rappresentano, che per quanto riguarda Prato, sia il Comune che la Provincia, sono fortemente impegnati in iniziative culturali. Lo scopo è che la città viva e cresca, che cresca la cultura e la libertà di pensiero. S’informino, lor signori, e poi scrivano. Credo che si possa riconoscere agli amministratori buona volontà e competenza, rispetto della rappresentatività. I vostri corrispondenti mancano di humour nel parlare del fondo Malaparte: il nostro grande sarebbe indignato dalla mancanza di rispetto dei parenti nei suoi confronti, parenti che vendono quei documenti che lui avrebbe avuto forse il piacere di regalare cultura, che continua a studiarlo per capire i fermenti che ne hanno determinato il pensiero mutevole e originale, inquieto, per comprendere ora più che mai come sia riuscito, a dare in tempi storicamente pericolosi per tutti e confusi, come ora, una caratterizzazione della guerra (che lui stesso aveva voluto e acclamato) così vero e così maledettamente attuale. Per uomo che ha fatto la guerra, non c’è patria, non c’è gloria, non c’è bandiera, non c’è vittoria, non c’è sconfitta, c’è solo il ricordo della guerra. I parenti fiorentini non hanno il torto di aver venduto a Milano, a Dell’Utri o a chi per esso, hanno il torto di non aver rispettato Malaparte, di averlo coinvolto in una squallida querelle con pretese politiche, di giudizio sul Comune di Prato. Che problema c’è? Andremo a Milano una volta di più, stabiliremo con la Fondazione di Dell’Utri dei rapporti di collaborazione, di scambio, studieremo Malaparte dal punto di vista de «il Corriere» e la diversità diventerà....cultura. Curzio Malaparte è stato uno scrittore politico e ci guarda da Spazzavento, dalla sepoltura che si è scelto e che l’amministrazione comunale diretta da Roberto Giovannini si è preoccupata che avesse «sputando nella gola del tramontano».
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