Editoriale. Prato non deve chiudere... o forse si?

"Prato non deve chiudere"..."Prato non deve chiudere"... L'abbiamo sentita, letta e scritta ormai innumerevoli volte, questa frase.

Lo slogan per la "grande" manifestazione, di grande impatto mediatico (addirittura foto sui siti di Repubblica e del Corriere della Sera, servizi sui tg nazionali, etc) ma di scarso impatto civico: perché i numeri sono ben diversi da quelli sbandierati (ottomila! ma dove???), e noi che eravamo lì abbiamo visto bene l'inizio e la fine del corteo... Tremila, nella migliore delle ipotesi...
Uno slogan che, in fondo, a ben vedere ha poco senso.
Cosa non deve chiudere? Forse non si deve chiudere, a Prato, il periodo nel quale si pensava che la gallina dalle uova d'oro del tessile avrebbe continuato a sfornarne "ad libitum", senza pensare minimamente al futuro? Forse non dobbiamo chiudere con una classe dirigente, imprenditoriale e politica (da destra a sinistra), che in questi anni ha tirato avanti i propri interessi di breve periodo nascondendosi dietro mille scuse (quando la concorrenza sleale, quando la congiuntura internazionale... a quando le cavallette???), e non affrontando mai i nodi strutturali del distretto?
Forse non è l'ora di chiudere la parentesi del tessile "di massa" (che non potrà comunque più essere tale), che mentre dava lavoro e reddito devastava la città con capannoni e cemento, senza remore e scrupoli? O forse non è l'ora di chiuderla con una città tanto ricca - una volta - quanto egoista e chiusa in se stessa - ancora oggi - dove nemmeno la paura per il futuro e la crisi riesce a mobilitare, ormai, le persone?
E allora, forse, è bene che Prato chiuda, e riparta...
Forse è bene che chiuda con i proclami ipocriti e gongolanti dal palco delle "autorità" cittadine, forse è bene che chiuda con le manifestazioni "a più alto tasso di Ray-Ban" mai visto.
E, una volta chiusa, iniziare a pensare a cosa vuol diventare "da grande".

Municipio Verde