E ora? Ora c'è chi aspetta "risposte"... Che i problemi vengano "risolti"...
Rimane un punto, fondamentale: ma qualcuno, in questi giorni, ha effettivamente pensato a cosa vogliamo che diventi Prato? Perché, al di là delle preghiere, dei proclami, dei controproclami alla Brunetta e delle strumentalizzazioni alla Gasparri, l'impressione forte è che ognuno punti a salvarsi nel breve periodo, e da lì in poi, l'abisso...
MV
da il Tirreno del 02/03/09
Logli: «Ma c’è bisogno di risposte»
La soddisfazione del presidente della Provincia che dà la sveglia al governo
«Abbiamo raggiunto l’obiettivo di portare Prato a un’evidenza nazionale ma non abbiamo fatto scenografia, i problemi vanno risolti»
PRATO. «Sono proprio soddisfatto, davvero». E ne ha ben donde, il presidente della provincia Massimo Logli, grande regista della manifestazione di sabato e coordinatore del Tavolo di distretto. Ma la legittimazione del Papa Benedetto XVI proprio non se l’aspettava.
Dunque presidente, l’obiettivo che la città si era proposto è stato raggiunto?
«No, abbiamo solo raggiunto l’obiettivo di portare Prato a una evidenza nazionale, come si è visto dall’interesse di tutti i telegiornali nazionali, ma soprattutto dalla parole di Papa Ratzinger all’Angelus di ieri. Ora bisogna che ci siano le risposte da parte del governo nazionale. Non abbiamo fatto scenografia, i nostri problemi sono reali, molto gravi e hanno bisogno di essere risolti».
Eppure il ministro Brunetta non è convinto che la piazza serva a dare soluzioni.
«Al ministro rispondo che sarebbe meglio, invece di pontificare, che provasse a dare qualche risposta. Ma al ministro, che è tanto impegnato a risanare la pubblica amministrazione, dico anche che la Provincia di Prato funziona benissimo da anni e che aveva un’amministrazione virtuosa anche prima che lui entrasse al governo».
Presidente Logli lei ha detto che se le risposte al distretto dovessero tardare, è pronto ad andare a Roma e a “incartare” i palazzi del potere con la bandiera lunga un chilometro. E’ una sorta di dichiarazione di guerra?
«No, nessuna guerra. Semplicemente siamo pronti a portare la protesta a Roma, sempre ovviamente con i nostri metodi che sono più che civili. Ma Prato non può più aspettare e l’atteggiamento distaccato che ha tenuto il governo nei confronti del nostro come di molti altri distretti, è inaccettabile. Spero davvero che non ce ne sia bisogno, che il clima cambi e che finisca questa chiusura nei confronti dei produttori tessili».
Al di là dei numeri, al di là della partecipazione di tante categorie economiche, delle associazioni e dei rappresentanti del mondo della politica, secondo lei sabato la città è scesa in piazza? Ha sentito come propria questa protesta collettiva?
«Credo sinceramente sia stata un successo. Vede, in numeri assoluti ci si sarebbe anche potuti aspettare anche qualcosa di più. Ma c’è stata la massima partecipazione possibile visto il clima che c’è in città che è di grande pessimismo di forte scoraggiamento. Proprio il numero dei partecipati (tra i 6 e gli 8mila ndr) dimostra quanta necessità ci sia di dare stimoli alla gente, di lavorare per alleggerire questo sentimento profondo di disastro imminente».
Come?
«Continuando a sostenere l’idea che ce la possiamo fare, perchè è la verità. La manifestazione di sabato non deve essere vissuta come un punto di arrivo ma come il primo passo verso una ripartenza».
Cri.Or.
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