Tirocini non retribuiti, utilizzo delle classiche "conoscenze" per trovare un impiego, scarsa aderenza dei programmi di studi alla realtà del settore di riferimento (si sta parlandi di istituto tecnico, quindi teoricamente in grado di fornire un background di competenze utili).
Un classico della scuola italiana...
Ma vogliamo far notare una piccola cosa: altro grossissimo errore di prospettiva oggi - ma è un errore che si trascina ormai da almeno un quindicennio buono - è quello di pensare di poter indirizzare dei giovani in un percorso pluriennale destinato all'inserimento lavorativo, anche solo semplicemente per il fatto che sono cambiate le dinamiche temporali di tutti i settori produttivi. L'idea che la scuola potesse fornire "chiavi in mano" un lavoro è legata ad una concezione che poteva andar bene trent'anni fa.
Oggi, a ben vedere i tanti giovani che si affacciano sul mondo del lavoro - spesso affetti da una specie di "analfabetismo di ritorno" che li porta ad ignorare persino le nozioni elementari della grammatica italiana - forse la scuola si dovrebbe concentrare di più nella formazione della persona, piuttosto che in quella di presunti tecnici che, una volta finito il quinquennio, si ritrovano da una parte senza lavoro, e dall'altra senza gli strumenti culturali e personali per "reinventarsi". Anche a Prato...
MV
da la Nazione del 01/03/09
ARRABBIATI, increduli, stupiti, così siamo rimasti dopo aver letto l’intervista al preside del Buzzi. Come può ancora sostenere la tesi che un perito tessile o tintore trovi subito una occupazione al termine del corso di studi; talvolta possono essere offerti dalle aziende tirocini non retribuiti alla scadenza dei quali vieni “ringraziato” per il lavoro svolto gratuitamente senza possibilità di reale impiego. È grande la distanza tra la scuola e il distretto tessile, noi diplomati nel 2007, ce lo siamo andati a cercare da soli il lavoro, con pazienza, sfruttando un po’ di conoscenze, poiché dalla scuola non è arrivata nessun tipo di offerta. È incredibile il fatto di come una scuola importante come il Buzzi ti abbandoni una volta terminato il corso di studi e di quanti pochi contatti abbia con il mondo del lavoro. Dispiace ma è la realtà.
Secondo noi sarebbe indispensabile una collaborazione proficua tra scuola e aziende in modo che queste ultime spieghino al buzzi che tipo di periti cercano, con quali competenze e caratteristiche, impegnandosi a loro volta per una futura assunzione. Sarebbe utilissima la presenza di tecnici impiegati nelle varie ditte pratesi nei laboratori della scuola perché coloro che oggi sono prof e assistenti di laboratorio vivono una realtà che non è quella che si respira fuori e molti di essi non sono al passo coi tempi.
Certi che questa lettera possa far riflettere preside, scuola, imprenditori e tutto il distretto tessile.
Claudio Menchi, Mario Lavanga, Marco Bellini, Samuele Linza
Ex allievi indirizzo tessile e chimica tintoria
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