A noi no. Ci piacciono vivi.
Sono stati immessi dalle associazioni venatorie, nei boschi e nelle campagne, senza calcolarne le possibilità riproduttive, per cacciarli
Ma qui riportiamo un documento del consorzio dei produttori del Gallo Nero, che ci consente di mettere a fuoco una situazione davvero pesante. E non vederla non salverà la vita a nessun animale.
Siamo altrettanto convinti che non possa valere una autocertificazione dei danni procurati dagli animali e che si debba verificare sempre la loro reale esistenza. Quindi pensiamo che le statistiche e le cifre diramate non possano essere considerate ufficiali ed essere utilizzate per progettare abbattimenti.
Vi è soprattutto la necessità di difendere l'habitat in cui questi animali sono stati inseriti reprimendo il motocross e i fuori strada e limitando il pascolo brado di animali di allevamento in altura.
Uniamo la nostra voce a quella di chi denuncia una politica forestale pessima e un complessivo disinteresse delle amministrazioni alla gestione dei boschi meravigliosi della Toscana.
mv
Comunicato.
Da una parte ci sono ogni anno centinaia di milioni di animali che vengono uccisi dalle doppiette dei cacciatori, un dato sconcertante che mette in evidenza il pessimo rapporto che c’è fra uomo e natura, nonostante i vari tentativi di regolamentare la caccia e combattere chi froda. Dall’altra c’è una pessima gestione (o forse non c’è affatto) del territorio, che fa sì che molte aree siano sovrappopolate di animali dannosi per l’ecosistema. E’ questo sicuramente il caso del chiantigiano (ma problemi analoghi si riscontrano in molte altre zone, anche fuori dalla Toscana, come nelle Langhe piemontesi o in Abruzzo), dove si fa sempre più difficile la situazione per le aziende vitivinicole, che vedono ogni anno devastati i propri appezzamenti dagli ungulati, ovvero cinghiali, caprioli, daini e cervidi in genere.
I dati parlano chiaro: 28.000 quintali di uva distrutti ogni anno, equivalenti a 20.000 ettolitri di vino per una perdita complessiva di circa 6 - 8 milioni di Euro.
Per questa ragione il Consorzio del Chianti Classico ha diramato un comunicato che è una chiara accusa alla cattiva politica di gestione del territorio. Eccolo:
Ungulati: il Chianti Classico non ci sta
Sono gli animali e i produttori, secondo il Consorzio Vino Chianti Classico, le principali vittime di un sistema di gestione del territorio che danneggia l’economia e l’ecosistema del territorio del Chianti.
Firenze, 20 maggio 2009 - 28.000 quintali di uva distrutti ogni anno, equivalenti a 20.000 ettolitri di vino per una perdita complessiva di circa 6 - 8 milioni di Euro. Ecco i veri numeri che negli ultimi anni ha generato l’invasione degli ungulati nel territorio del Chianti.
Numeri che sintetizzano un problema ben più importante di come in certi casi è stato dipinto negli ultimi giorni, numeri che possono mettere in ginocchio le piccole e medie aziende e creare seri problemi a quelle più grandi, soprattutto in momenti difficili come quello dettato dall’attuale congiuntura economica.
L’Assemblea del Consorzio Vino Chianti Classico ha per questo recentemente deciso di promuovere una causa di risarcimento a favore di tutte le aziende associate che possano dimostrare i danni subiti (circa il 50% degli associati). Un’azione che segue le numerose richieste di intervento rivolte sotto varie forme alle autorità preposte nei mesi scorsi, a cui però non sono seguite risposte adeguate alla portata del problema.
Oltre al saccheggio delle uve da parte dei cinghiali, i produttori devono spesso fare i conti con i danni ben più gravi dei caprioli e dei cervidi che divorano i germogli delle piante, compromettendo anche il raccolti dell’anno successivo.
I produttori del vino sono i primi e più appassionati guardiani del proprio territorio e della natura che lo anima e lo alimenta. Per questo le azioni risarcitorie del Consorzio saranno rivolte verso i soggetti istituzionali e non che hanno la competenza e la gestione operativa della problematica in questione, con particolare riferimento alla Regione Toscana, alle Provincie di Siena e Firenze e alle ATC (Ambiti Territoriali di Caccia).
A causa di una politica troppo accondiscendente verso la caccia e di una gestione inadeguata delle aree protette, sono state infatti importate negli ultimi 20 anni specie animali che erano totalmente estranee al territorio. I caprioli non facevano parte dell’originario ecosistema chiantigiano e i cinghiali che oggi popolano queste terre, importati dall’Europa dell’est, sono ben diversi da quelli nativi, sia per la loro stazza che per le loro capacità riproduttive. Così si è prodotto un aumento esponenziale di ungulati in zone dedicate a coltivazioni intensive e, quindi, facilmente danneggiabili.
Ma prima ancora del danno economico i produttori del Chianti Classico denunciano uno stravolgimento pericoloso dell’equilibrio ambientale del territorio condiviso anche da non addetti al settore i quali sottolineano come lo sviluppo incontrollato di cinghiali e caprioli abbia compromesso l’ecosistema del Chianti, visto che ai danni ai vigneti debbono purtroppo aggiungersi quelli ai boschi, alla fauna e alle altre colture agricole.
Il consorzio e le aziende chiantigiane, quindi, non possono che ribadire ulteriormente la gravità del problema in questione e sollecitare, come già fatto in diverse occasioni, le autorità preposte a prendere atto della reale misura dei danni provocati dagli animali e promuovere un efficace piano di intervento. L’onere della risoluzione del problema è di chi lo ha creato e non dei produttori che ne sono vittime.
Il Chianti Classico non chiede tiri al bersaglio selvaggi, ma politiche ragionate per la salvaguardia del proprio ecosistema.
Ufficio stampa
Consorzio Vino Chianti Classico
stampa@chianticlassico.com
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