Viene poi da chiedersi come l'amministrazione non si sia accorta delle questioni messe in luce dallo stesso perito della Procura nell'analisi del progetto sulla Fattoria Medicea: forse sarebbe il caso di andare più a fondo...
MV
da Il Tirreno del 27/07/08
«Nulla osta radicalmente illegittimo»
Accuse pesanti nel dispositivo di sequestro del cantiere alle Cascine
Secondo le carte dell’inchiesta non c’è stata conservazione Stravolte anche le parti più pregiate del complesso
Perizia e conseguentemente dispositivo, mettono un punto fermo: la conservazione avrebbe dovuto essere un «limite invalicabile» nella rosa di proposte progettuali possibili per il recupero della villa medicea - definita «di inestimabile valore di testimonianza materiale, giunto quasi integro fino al nostro tempo» - per mantenere la struttura «il più possibile immutata - si legge - se non nella funzione, almeno dell’articolazione degli spazi» e per «garantire la protezione dei suoi valori culturali». Ma così, secondo il perito, non è stato. Anzi.
E se le carte dell’indagine fino a questo momento assolvono col dubbio il Comune in quanto ritenuto “gregario” rispetto alle decisione della Soprintendenza, affondano invece su scelte e decisioni della funzionaria. «Resta quasi incomprensibile - scrive il gip - comprendere e condividere le ragioni del cambio totale di orientamento tra i parere espressi dalla Soprintendenza tra il 1995 e il 1997 sul piano di recupero e l’approvazione del progetto del gennaio 2004». Si tratta, appunto, di uno degli aspetti meno chiari del lungo iter del piano di recupero rimasto in ballo, tra “no” e mezzi “sì”, dagli anni Ottanta fino, al 2004 (è del 2006 la cessione del complesso agli attuali proprietari La Fattoria Medicea srl per 17 milioni e 700mila euro). La Soprintendenza - altro funzionario responsabile - per ben due volte ha rispedito al mittente il progetto ed ha richiesto modifiche sostanziali all’intervento per poi - epoca Facchinetti - dare il nulla osta a una ristrutturazione che prevedeva nella parte storica, il quadrilatero, la creazione di un’ottantina di residence e in quella più recente del 1929 un’altra ventina di abitazioni. Pesante il giudizio conclusivo sulla scelta della soprintendente: «L’autorizzazione rilasciata - scrive il giudice - è radicalmente illegittima perchè si pone in totale e insanabile contrasto con il decreto legislativo che prescrive che i beni culturali “non possono essere adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da creare pregiudizio alla loro conservazione o integrità”». E per quattro motivi individuati al perito: il primo - secondo Pretelli - riguarda «l’estrema povertà di informazioni sia nell’identificazione sia nella descrizione degli oggetti costitutivi il complesso» reperiti nella documentazione visionata dalla soprintendente; fatto ancora più grave - scrive il consulente - perchè la funzionaria «ha affermato di aver proceduto all’effettuazione di un sopralluogo allo scopo di verificare lo stato di fatto senza ravvisare tali carenze». In secondo luogo «le proposte di modifica contenute nel progetto - sottolinea il perito - conducono a uno stravolgimento profondo del complesso, soprattutto nella corte quadrata. Poi ci sono «le proposte di modifica materica e strutturale», con riferimenti particolari alla decisione di eliminare, sostituendoli tutti, gli intonaci, anche quelle «segnate dalle medesime carenze»; infine i criteri progettuali «improntati - secondo Petrelli - a soluzioni del tutte inapproriate alla conservazione dei valori proprio del manufatto». Alla faccia del restauro.
Cri.Or.
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