INTERCETTAZIONI E PRIVILEGI ECCLESIALI
Maria Bonafede, moderatore della Tavola Valdese
Da Il Manifesto del 10.07.'08.
Ha ormai quasi un mese il disegno di legge approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri in materia di intercettazioni telefoniche: voglio entrare nel merito soltanto dell'articolo 12 comma 2, lettera C del decreto in cui si prevede che un magistrato che indaga su reati imputati a un religioso cattolico, debba informare il vescovo competente; qualora l'indagine riguardi un vescovo il magistrato deve informare la Segreteria di stato vaticana.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta ha subito specificato che non si tratta di un favore riservato alla chiesa cattolica, ma che potrà essere applicato anche alle confessioni religiose che abbiano stipulato un'intesa con lo stato. Poiché la chiesa valdese ha un'intesa con lo stato, anzi ha firmato nel 1984 la prima delle intese previste dall'art. 8 della Costituzione, come moderatore della Tavola valdese mi sento interpellata dal dott. Letta, lo ringrazio del pensiero che comprendo come un pensiero inclusivo, ma mi sento di rispondere: «Caro dr. Letta, no grazie», e provo a argomentare.
Il primo argomento è che credo profondamente che la legge debba essere uguale per tutti. Questa dichiarazione che campeggia in ogni tribunale d'Italia e che fa sì che ogni cittadino/a sia uguale davanti alla legge, è a mio avviso un pilastro di giustizia e una garanzia fondamentale per ogni persona. Una deroga a questo principio, anche se estesa a più soggetti, rimane una deroga a mio avviso insostenibile senza far crollare l'assunto, e per questo inaccettabile. Il fatto che, come è stato detto, questo articolo del decreto legge si limita a esplicitare una norma già contenuta nel Concordato del 1984, non mi consola affatto, anzi mi preoccupa, perché non il Concordato né le intese con le altre confessioni religiose possono essere in contrasto con un caposaldo della Costituzione come quello che mette tutti i cittadini allo stesso livello davanti alla legge. Ma ci sono altri due ordini di motivi con cui vorrei argomentare il nostro diniego: uno civile e laico, l'altro propriamente teologico.
Non ci interessa un privilegio di questo tipo perché crediamo fermamente che chiesa e stato abbiano competenze diverse: e se non possiamo tollerare che lo stato interferisca nella libera testimonianza della chiesa o di qualsiasi altra comunità di fede, al tempo stesso non vediamo la ragione per la quale la chiesa dovrebbe essere coinvolta nell'azione di un organo dello stato quale la magistratura.
Come cittadini italiani fatichiamo davvero a comprendere come e perché la giustizia italiana, ad esempio nel caso di reati sessuali nei confronti di minorenni, sarebbe meglio tutelata se si informassero le autorità religiose cattoliche dei procedimenti in corso. Non lo crediamo affatto e ci pare davvero anomalo che un provvedimento di questa natura sia stato inserito nel quadro di una norma sulle intercettazioni telefoniche. La seconda ragione è strettamente connessa alla nostra idea della testimonianza cristiana. Siamo convinti che la chiesa debba testimoniare l'Evangelo senza i condizionamenti che le derivano da riconoscimenti speciali, privilegi, concessioni da parte del potere politico. Come cristiani evangelici sentiamo che il Signore ci ha chiamati a essere testimoni della sua Parola: e la sua Parola, libera e disarmata, è la nostra forza.
TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!
La mer, la fin...
venerdì 11 luglio 2008
Laicità e giustizia. Privilegi al clero nelle indagini.
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