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La mer, la fin...

sabato 5 luglio 2008

No Dal Molin: La subdola lettera di Costa.

Il Comitato No dal Molin e i Verdi Veneti hanno chiesto le dimissioni del commissario governativo preposto alla relizzazione della Base Usa di Vicenza. Il motivo è il contenuto di una lettera inviata dallo stesso Costa all'ex ministro Parisi e resa pubblica di fronte al Consiglio di Stato e che vi riportiamo qui di seguito.
Leggetela perchè è molto inquietante sì, ma anche istruttiva.
MV


Ill.mo Signor
On. Prof. Arturo PARISI
Ministro della Difesa

Caro Ministro, Caro Arturo,
è giunto il momento di prendere decisioni definitive circa il progetto di ampliamento dell'insediamento militare americano all'aeroporto Dal Molin di Vicenza.
Sono decisioni che si possono prendere oggi sfruttando le premesse poste in questi mesi di lavoro del Commissario (e che sono amministrativamente riassunte nella determina del Direttore Generale del GENIODIFE, gen. Resce) e che devono esser prese ora per imprimere una inerzia positiva alla realizzazione del progetto ed eliminare alla radice le componenti locali del dissenso.
Sulle componenti non locali (pacifismo apodittico e antiamericanismo) occorrerà comunque intervenire con una accorta campagna di comunicazione che naturalmente non può riguardare il solo Commissario.
La tre giorni di protesta a crescente caratterizzazione no-global svoltasi da giovedì 13 a sabato 15 settembre a Vicenza, a conclusione di un presidio-campeggio "pacifista" durato dal 6 al 16 settembre, può diventare l'ultima manifestazione di un dissenso sostenuto anche localmente; ma solo se si interviene tempestivamente per togliere le cause ragionevoli, perché fondate, di questo dissenso. Mi riferisco alle preoccupazioni relative alla viabilità di accesso al nuovo insediamento militare, che avrebbe potuto aumentare i disagi di un traffico cittadino già difficile per la conformazione storica di Vicenza, e a quelle relative all'utilizzo ai fini di ampliamento della base dell'ultima grande area verde pregiata della città.
Motivi ragionevoli che vanno definitivamente separati da quelli legati all'antiamericanismo, all'antimilitarismo e/o pacifismo apodittico, cioè dai motivi che nulla hanno a che fare con le caratteristiche del nuovo insediamento militare americano a Vicenza.Dopo i mesi di relativa tranquillità, garantiti sia dall'estate sia dalla prospettiva di soluzione meno impattante fatta intravedere dal Commissario nella sua comunicazione e nei suoi atti di autorizzazione all'avanzamento del progetto, questa è oggi di nuovo a rischio per le attività del Presidio Permanente sostenuto dai movimenti no-global del Nord Est, se non italiani e oltre. E' facile prevedere che la tensione salirà non appena si darà il via al programma di bonifica bellica dell'area già contrattualizzato.E' questo dunque il momento per intervenire decisamente e trasformare le prospettive di soluzione, già fatte intravedere, in soluzioni certe, a utilizzare fin d'ora anche a fini di comunicazione.
Occorre poter arrivare molto presto a dire -fondatamente- che il nuovo insediamento militare americano altro non è che un riuso, con qualche espansione, della sola area ad ovest della pista di aviazione già utilizzata dall'aeronautica militare italiana e che, quindi, l'area ad est della pista, il grande prato verde che sarebbe stato distrutto dall'intervento previsto nella proposta che ha scatenato l'opposizione locale, rimane intatto. Questa affermazione, assieme a quella già acquisita che si organizza, sia in via temporanea sia in via definitiva, una accessibilità viaria che non interferisce con la viabilità normale soprattutto quella di attraversamento del centro storico di Vicenza, toglierebbe ogni motivo di opposizione ragionevole.
Se si può aggiungere, come si deve aggiungere, che Vicenza verrà ricompensata per questo suo "sacrificio" con il completamento della tangenziale a nord della città e con eventuali altri interventi in tema di università e di sanità, il pacchetto completo dovrebbe spianare la strada al progetto.
Ma occorre poter spendere tutto e subito.
Per farlo, occorre completare il lavoro che ho condotto, anche durante agosto, con gli americani (a Vicenza, con il comando americano della Ederle, a Roma, con l'Ambasciata USA, e a Venezia, in un incontro con l'on. Loretta Sanchez, Presidente della Commissione Difesa del Congresso Americano) per convincerli che la soluzione ad ovest, tecnicamente più complicata, è invece la sola che, se definita immediatamente, può passare attraverso le forche caudine delle autorizzazioni e del possibile contenzioso in tempi compatibili con quelli previsti dagli Stati Uniti per il trasferimento del contingente di paracadutisti dalla Germania all'Italia.
Ho dimostrato ai responsabili USA come i tempi siano rispettabili anche con la soluzione ovest, mentre li ho avvertiti che la stessa soluzione è sicuramente più costosa (e che quindi si devono attrezzare per procurarsi l'incremento di finanziamento da qui al 2011).
Il Presidente del Consiglio è a conoscenza di questa ipotesi di soluzione e mi ha dato il via libera al riguardo.

Ne conseguono alcuni atti dei Ministeri competenti, prima di tutti il Ministro della Difesa.
Il primo, decisivo, è la definizione e il rispetto di una data non posteriore al 30 giugno 2008, per la liberazione da parte dell'aeronautica militare delle ultime presenze al Dal Molin. So che ci sono difficoltà anche di ordine finanziario legate anche al programma di manutenzione elicotteri, ma queste vanno superate -magari approfittando della sessione di bilancio che si apre a fine mese- perché la definizione della data in questione è condizione essenziale per rassicurare gli americani sul rispetto dei tempi di realizzazione dell'insediamento. La decisione andrebbe presa entro il mese per trasformarla in un emendamento al bando di gara da pubblicare entro il 30 settembre 2007 e mettere i concorrenti in condizione di tenerne conto nell'offerta che dovranno presentare entro il 16 ottobre p.v.E' evidente che di questa decisione dovrebbe essere tempestivamente informato il gen. Enrico Pino nella sua veste del COMIPA (comitato misto paritetico) della Regione del Veneto al quale verrà sottoposto il progetto -nelle due soluzioni ad est e a ovest della pista- il prossimo 26 settembre.
Il secondo riguarda la decisione da prendere circa l'assoggettamento o meno del progetto di ampliamento dell'insediamento americano a Vicenza alla VIA (Valutazione di impatto ambientale).
E' chiaro che il punto rappresenta un'insidia fin troppo evidente alle possibilità di procedere in tempi definiti; ed è capace addirittura di compromettere la decisione finale, dal momento che è assolutamente prevedibile (ed è già praticamente stata annunciata) l'intenzione del Ministro dell'Ambiente di voler sottoporre il progetto a VIA. Dal che non possono che derivare intuibili ostacoli - la vicenda del progetto MOSE è un precedente assolutamente indicativo al riguardo - capaci di essere superati con l'estremo rimedio della delibera del Consiglio dei Ministri, ma con le conseguenti lacerazioni che in un momento come questo penso sia preferibile evitare.
Secondo i pareri da me raccolti -e che l'avvocato dello stato Marco Corsini che mi assiste nell'attività di Commissario è pronto a confrontare con quelli dei Tuoi uffici- si può fondatamente sostenere che il progetto di insediamento americano al Dal Molin non sia soggetto a VIA in quanto procedimento amministrativo relativo ad "opere destinate alla difesa nazionale" (alle quali sono assimilate le infrastrutture finanziate con fondi NATO e da utenti alleati) introdotto con istanza anteriore al 31 luglio 2007, data di entrata in vigore del predetto decreto legislativo 152/2006,e quindi sottoposto alle norme vigenti precedentemente (vedi art.52, comma 2), che per tale tipo di interventi escludevano la VIA.
Riterrei quindi, in attesa dei dovuti approfondimenti, di evitare espressioni di disponibilità verso le posizioni del Ministero dell'Ambiente, espressioni che forse nell'ottica della opportunità politica potrebbero attenuare qualche pressione corrente, ma che poi sarebbe difficile revocare.
Mi pare evidente, comunque, che la non sottoposizione al VIA sarebbe molto più sostenibile se riferita al progetto di sostanziale riuso degli insediamenti militari italiani esistenti (soluzione ovest) che non alla utilizzazione del grande prato (soluzione est).Il terzo atto, da costruire a partire dalla Difesa e da concludere sotto la regia della Presidenza del Consiglio, riguarda la stesura e la firma di un "accordo di programma quadro" con tutti i soggetti interessati per ufficializzare tempi, azioni, impegni al quale dare la giusta pubblicità.
Con i migliori saluti,
Paolo Costa

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