TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 2 novembre 2008

Scuola. I fascisti con Maroni: cinghiate in piazza Navona.

Riportiamo qui qualche testimonianza delle aggressioni fasciste di Roma.
Vi invitiamo a cercare nel web ulteriori informazioni e immagini.
Ci asteniamo da commenti e ci limitiamo ad ascoltare le parole di illustri esperti: Berlusconi, Gelli, Cossiga...
Orrore.
MV






Da il Manifesto del 01.11.'08


AULA MAGNA PIAZZA NAVONA Ecco come sono andate davvero le cose
Il pestaggio del Blocco che nessuno ricorda
In una Camera svogliata e semideserta arriva la versione «ufficiale» sui fatti di piazza Navona. Per il ministero dell'Interno ad avviare gli scontri sarebbero stati gli studenti di sinistra. Difesa totale per i fascisti del Blocco studentesco. Le immagini che vi mostriamo raccontano una mattinata di aggressioni «nere»
Stefano Milani e Giacomo Russo Spena

ROMA
Anche se nessuno lo dice, o non lo vuole dire, tutto è cominciato la mattina. Mercoledì 29 ottobre, ore 9,45. Il Senato è già pacificamente «assediato» da centinaia tra liceali e studenti delle scuole medie, a manifestare contro il decreto Gelmini che da lì a poco verrà approvato. Quindici, sedici anni al massimo l'età dei ragazzi più grandi che scandiscono i soliti slogan, le solite rivendicazioni, sentite da giorni fuori dalla scuole e dalle università di mezza Italia.
Nella stessa ora, qualche chilometro più in là, un corteo è fermo a piazza Venezia, anche questo diretto verso Palazzo Madama. Ci sono i ragazzi del liceo ginnasio statale Pilo Albertelli e di altri istituti romani. Cinquecento in tutto. All'altezza dell'Altare della patria, dietro di loro, spunta un camioncino bianco, seguito da una trentina di ragazzi. Felpe nere, jeans, caschi in mano: sono i ragazzi di Blocco studentesco. Si aggregano al gruppone stando dietro. Si manifesta insieme in piena tranquillità. Si sentono solo i cori all'indirizzo del ministro Gelmini. E così per via delle Botteghe oscure, Largo di Torre Argentina, Corso Vittorio Emanuele. Ma l'armonia si spezza poco dopo.Ore 10,30, il corteo è ad un passo da entrare a piazza Navona, quando il Blocco decide di non voler stare più dietro, pretende di avanzare. «Fateci passare, ora guidiamo noi», urlano dai megafoni. E con i megafoni spunta anche qualche tricolore, insieme ad un paio di altri vessilli con il loro simbolo, un lampo bianco su sfondo nero. È in quel momento che si accende la miccia. Alcuni studenti dell'Albertelli chiedono di ammainare le bandiere, «la manifestazione non è politica, state dietro», dicono. Ma invano, i ragazzi del Blocco non sentono ragione: vogliono la testa del corteo. L'acceleratore del camioncino va giù tentando di sfondare. Per mettere il «capello», come avvenuto qualche giorno prima al corteo dei medi, all'Onda anomala. C'è troppa gente però, e la viuzza che si riversa davanti il Senato è piuttosto angusta per il mezzo "pesante" che deve arrendersi a piazza Navona, parcheggiato ad una decina di metri dal Caffè Domiziano. Non molto lontano da quello dei Cobas che, fino a quel momento, era il palco degli interventi degli studenti. Il tutto mentre il decreto Gelmini diventa legge dello stato.
Se i manifestanti si organizzano con nuovi cori di dissenso, il Blocco decide di forzare. Di mettere il proprio camion al centro di Piazza Navona, al posto di quello della confederazione dei comitati di base. Gli attivisti neri si incordano e avanzano a spinta. Gli studenti medi provano a frapporsi. A fare muro. Ma è tutto inutile. Il Blocco carica stile stadio, sguainando le cinghie dai pantaloni e dando cascate chiunque capitasse sotto tiro. Qualcuno giura di aver visto anche qualche mazzetta di legno (non quelle con avvolto il tricolore usate da lì a poco). È panico. Qualche studente più coraggioso prova a resistere, aiutato da qualche attivista che si stacca dal camion dei Cobas, ma è tutto inutile. Blocco studentesco inizia una mattanza. «Mi hanno circondato e colpito ripetutamente - testimonia Valerio, uno studente di RomaTre - Sono caduto a terra e lì ho preso altri calci». Viene lasciato a terra, sanguinante. Portato all'ospedale Santo Spirito gli metteranno due punti in testa e gli diagnosticano un brutto ecchimosi all'occhio destro (avrà 10 giorni di prognosi). La gente attorno lo soccorre. Ma Valerio non è il solo che farà le spese della violenza nera.Parte infatti a Piazza Navona, tra gli studenti spaventati che scappano, la caccia all'uomo. Contro chiunque abbia osato mettersi contro la «prepotenza nera». La caccia dura almeno 15 minuti. Dagli altoparlanti del camioncino dei camerati si infonde tranquillità. «Rimaniamo compatti, siamo tutti studenti. Stiamo qui contro la Gelmini», gridano i ragazzi del Blocco con le note di Rino Gaetano che gonfiano i subufer. Ma se il cielo è sempre più blu, la terra continua a tingersi di rosso. «Ho preso una bottigliata da dietro e almeno quattro colpi di casco», dice Maurizio che riporta ancora addosso i segni dell'aggressione.
Anche intorno al Senato è caccia all'uomo. Se ne accorgono tutti tranne la polizia. Una docente delle elementari che passava per via delle Coppelle vede un ragazzo, «tredici, quattordici anni al massimo» con la cinta in mano mentre insegue un suo coetaneo. Trenta metri più avanti, a piazza delle Cinque lune, scena analoga. Stavolta sono «due ragazzi più grandi, ma non arrivano a vent'anni. Uno ha una cinta, l'altro due caschi e li sbatte addosso alla schiena di un giovane che riesce a scappare». La signora prova ad urlare: «Ma che fate!». Non si vede un uomo in divisa nei paraggi. Solo un vigile urbano, anche lui ha visto la scena, «Bisogna chiamare la polizia», dice. A trovarla. Passa qualche secondo, poi finalmente fa capolino un gruppo di caschi blu. La docente racconta ad uno di loro quel che ha visto poco prima. «Rimanevano indifferenti, "so' ragazzate, stia tranquilla signora non si fa male nessuno" mi dicevano».
Le mazzate date da Blocco fanno, nel frattempo, il giro della città. «Cosa? Veramente i fascisti si sono presi la piazza a furie di aggressioni», dice un universitario esterrefatto, parlando al telefono con un concitato liceale che a piazza Navona sta assistendo ai pestaggi. Poi prende il megafono, per raccontare agli altri universitari in quel momento alla Sapienza cosa stia succedendo sotto Palazzo Madama. Scatta l'indignazione. Ma anche la rabbia. In giro di un'ora all'ateneo accorrono a dar manforte attivisti dei centri sociali capitolini. Poi la partenza per Piazza Navona: la metro a Termini fino al Colosseo, da dove parte un determinato corteo di 300-400 persone: «Siamo tutti antifascisti», scandiscono. Percorrono Corso Vittorio Emanuele «armati» solo di caschi (e nemmeno tutti), ma arrivati alle porte della piazza del Nettuno un cordone della polizia sbarra la strada.Parte la trattativa coi funzionari di polizia e carabinieri. Poi all'improvviso le celere si toglie. «Ci avevano assicurato che i fascisti fossero andati via dalla piazza», riportano molti manifestanti. «Così siamo caduti nella trappola», aggiunge qualcun altro col senno del poi. La manifestazione universitaria si trova infatti nell'altra parte della piazza i militanti di Blocco schierati, come veri «combattenti» fascisti, in file. Gambe larghe, petto in fuori, testa alta e, soprattutto, mazze in mano. Aste di bandiere, di legno, lunghe un metro. A quel punto parte il contatto con il corteo partito dalla Sapienza che lancia oggetti: sedie dei tavolini dei bar circostanti, portaceneri e bottiglie. Tutto in maniera disorganizzata e soprattutto senza mazze. Cosa che invece utilizzano i neri. Cinque minuti di botte con la polizia, che ancora una volta rimane ferma a guardare. Per poi iniziare a caricare da dietro. Sia quelli di Blocco che gli studenti. «Stavo cercando di parlare con un funzionario per fargli rendere conto di cosa avessero combinato, quando mi hanno colpito con una manganellata», racconta Marco che qualche ora dopo si farà mettere sette punti in testa.
Durante l'intervento la polizia sembra conoscere bene gli attivisti di estrema destra che, quasi tutti fermati, vengono fatti sdraiare per terra. «Levati Francesco (Polacchi, il leader di Blocco, ndr), vai via, vai via», dice un funzionario di piazza al ragazzo vestito con camicia a righe e jeans. Che a sua volta gli risponde urlando «fermi, questi sono i miei ragazzi». È uno dei più concitati, fin dal mattino, in quella piazza. Dove tutto è cominciato.






Da la Repubblica.it.
01-11.'08

Il racconto di una professoressa di tedesco che era in piazza Navona il giorno degli scontri: "Perché nessuno è intervenuto per fermarli?"
"Ho visto quelli del camion bianco aggredire e picchiare i ragazzini"
"Perché il mezzo carico di bastoni è stato lasciato entrare?"


Il primo attacco degli studenti di destraPubblichiamo la testimonianza di Elena, professoressa precaria di tedesco. Elena (il cognome ci è noto) era in piazza Navona la mattina degli scontri e ha assistito all'intero svolgimento della contestata vicenda. Sono arrivata a Piazza Navona verso le 10.00. La zona era presieduta da numerosa polizia e altrettanto numerosi carabinieri, Corso Rinascimento era inaccessibile. La piazza era piena di ragazzini intorno ai 15 anni. Moltissimi erano pigiati nella stradina della Corsia Agonale che sta proprio davanti a Palazzo Madama. Sembrava di essere su un autobus all'ora di punta. Mi sono messa tra una panchina di marmo e un lampione, guardando il Senato; davanti a me, di lato a sinistra, il camion dei Cobas, che erano lì come annunciato. Non mi piaceva l'atmosfera, gli slogan che sentivo erano privi della freschezza delle ultime manifestazioni. Alla mia destra vedevo un camioncino bianco che cercava di arrivare proprio alla fine di Corsia Agonale. Sul tetto del camioncino bianco c'erano ragazzi più grandi. Non studenti medi, alcuni sui trenta. Avevano il microfono e molti di loro videocamere. Ricordo perfettamente una biondina, giovanissima, che filmava tutto. Voci rauche e dure. Occhiali a specchio. Dall'altro camion qualcuno improvvisamente ha urlato che stavano caricando. Ho pensato: "La polizia" e ho cercato di calmare le ragazzine che erano intorno a me, dicendo loro di non mettersi a correre, che si sarebbero fatte male. Non mi hanno (giustamente) dato retta e mi hanno scaraventato, cadendomi addosso e in parte calpestandomi, sulla panchina.
Liberata dai corpi che mi stavano addosso, mi sono alzata e li ho visti schizzare intorno a me: ragazzi con il viso coperto e scoperto che con cinghie e fibbie di ferro picchiavano chiunque capitasse loro a tiro. Alcuni di loro usavano i caschi. Ho visto un ragazzo a terra preso a pugni e calci da un gruppo. L'ho visto riuscire ad alzarsi e scappare con il sangue che gli colava dal viso, mentre continuavano a prenderlo a cinghiate. Tremavo come una foglia. Ho iniziato a urlare di smetterla. Vicino a me un'altra signora, mia coetanea, chiedeva chi fossero quei picchiatori. Ho urlato: "Ma dov'è la polizia? Stanno picchiando dei bambini!!". Dopo è tornata una calma strana. Me ne sarei voluta andare, ma vedendo solo sparuti adulti in quella piazza di adolescenti, non me la sentivo: se dal camioncino bianco avessero attaccato di nuovo, almeno un paio di adulti avrebbero dovuto provare a fermarli. Gli aggrediti, soprattutto le ragazzine, avrebbero voluto mandarli via. Ho cercato per quello che potevo di calmarle. Avevo paura, per loro e per me: i ragazzotti del camioncino ci avrebbero massacrati. Così è trascorsa un'ora. Surreale. Dal camioncino bianco venivano slogan pesanti, volgari. Mi chiedevo: "Come è possibile che restino qui, che nessuno faccia nulla?" Davanti a me un via-vai particolare: alcuni signori in giacca e cravatta, cinquantenni, uno dei quali con difficoltà di deambulazione e accompagnato da una signora elegante, in pantaloni, completo scuro, provenendo dalla sinistra della piazza, andavano dai ragazzi del camioncino e parlavano con loro. Il signore e la signora mi saranno passati davanti almeno tre volte. Poi ne sono arrivati una decina, in processione, vestiti sportivi, tra i quaranta e i cinquanta. Avevano walkie-talkie. Hanno parlato con i giovanotti del camioncino bianco e poi se ne sono andati.

Dopo poco è arrivata un'autoambulanza vuota, dalla destra della piazza, che si è messa dietro il camioncino bianco, che piano piano è partito e, superando il camion dei Cobas, se ne è andato, seguito da una trentina di ragazzi che urlavano. Dietro di loro l'autoambulanza vuota. Ho pensato: "Finalmente se ne vanno, scortati". Mi sono diretta verso Corso Vittorio Emanuele per tornare a casa e ho visto arrivare un corteo. In soccorso dei picchiati di prima, ho pensato. Ho urlato: "Quei violenti se ne sono andati!!". Ma poi da lontano ho visto che non erano stati mandati via del tutto. Erano stati solo spostati dall'altro lato della piazza. Cosa è successo dopo è noto. Mi chiedo: - Come è stato possibile che in Piazza Navona, piena di ragazzini e ragazzine pacifiche, sia un camioncino pieno di bastoni e spranghe? Perché la polizia che pure aveva blindato la zona non ha controllato? - Perché le forze dell'ordine non sono intervenute mentre degli adolescenti inermi venivano picchiati da energumeni con cinghie e caschi? - Chi era il signore in giacca e cravatta con un evidente problema di deambulazione, accompagnato da signora in completo scuro, che più volte e per lungo tempo si è intrattenuto con i giovani del camioncino bianco? - Chi erano gli altri signori, vestiti sempre con giacca e cravatta, che pure hanno conversato con loro? - Chi erano i signori con i walkie-talkie? - Perché è stata mandata un'autoambulanza in piazza per scortare il camioncino bianco e i giovani che stavano nelle sue immediate vicinanze, ma alla fine non è stato fatto uscire del tutto?
(1 novembre 2008)

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