TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

venerdì 27 marzo 2009

Editoriale. Terzo Paesaggio.

Come ci ha ben spiegato il professor Morisi nel primo incontro di presentazione del progetto regionale di parco della Piana, questa nuova entità territoriale, posta fra Prato e Firenze, non è un'area protetta né un parco naturalistico. Rappresenta, a detta degli esperti, una specie di “sovrainfrastruttura verde” comprendente aree verdi e zone prive di costruzioni ma anche tutto ciò che in essa è esistente di abitativo, servizi, infrastrutture vere e proprie e ovviamente strade di varia entità e funzioni. Questa identità polimorfa e polifunzionale era già nota a chi come noi aveva visionato qualche carta e letto i primi documenti istitutivi. Pertanto avevo pensato di intervenire all'assemblea, presieduta dal garante regionale per la comunicazione, con l'intervento che segue. Ma la ricchezza dei contributi presentati e il livello di consapevolezza dei convenuti, mi ha convinto ad assecondare la pigrizia e a rinviare il mio modesto discorso.
Visto però che abbiamo a disposizione il blog, ritengo che dire adesso qualcosa, possa servire a mantenere vivo il dibattito e a prevenire inaspettati balzi in avanti di chi nelle amministrazioni dei comuni e delle province non ha a cuore -o crede solo di averlo- l'equilibrio ambientale, oppure non sente il tema della biodiversità come prioritario.
Andiamo subito al dunque.

L'altra sera si è avuto un piccolo anticipo di un processo di partecipazione. Che si sia soddisfatti o meno degli esiti del confronto, che si condivida o no l'organizzazione della riunione, si è visto finalmente un incontro in cui cittadini e amministrazione sedevano dalla stessa parte e a presiedere c'era un terzo soggetto -arbitrale-, designato altrove. Un numero incredibile di gruppi, comitati, associazioni, enti che spesso non si conoscono e non si incontrano, siedeva nella stessa sala.
Ciascuno aveva con sé un bagaglio di esperienza, di competenze, di conoscenze, ma anche un portato di amarezza e di contrapposizione nei confronti dei governi locali, frutto di anni di lotte per la difesa del territorio, per la salute pubblica e per i diritti dei cittadini.
Ognuno di noi, a suo modo, e in diverse proporzioni ha passato la serata a chiedersi se ciò che stavamo facendo era la partecipazione ad una nuova fantasiosa farsa ordita dai politici per distrarci dalle nostre battaglie o era la grande occasione di unire le forze ed affrontare tutti insieme un grande progetto, capace di porre il limite a cemento e veleni e di fermare la distruzione del territorio. Io credo che in questo caso la verità stia decisamente nel mezzo e che a noi spetti di cercare di spostare l'ago dalla parte giusta.
Nella sala c'erano tutte le criticità divenute lotte per centinaia e centinaia di cittadini: la Multisala di Capezzana, l'Interporto di Gonfienti e la Città Etrusca, la soppressione del verde nella città densa, piazza Mercatale e il progetto di parcheggio sotterraneo, l'ex Banci e la Variante della Declassata, le Cascine di Tavola, Pantanelle, gli inceneritori, le discariche, i tralicci, l'aeroporto. Queste e molte altre ancora erano le spine che impedivano alla mano dei partecipanti di stringere con fiducia il pugno attorno al progetto di Parco.
Proprio mentre scrivo, arrivano al nostro blog altre segnalazioni di svendita del territorio e di continua marginalizzazione delle zone di non costruito, di continue aggressioni al suolo, all'acqua, al cono visivo del paesaggio e dell'orizzonte, alla qualità dell'aria (a S. Lucia, a Tavola, a Vergaio).
E mentre i cittadini sono così pesantemente concentrati sulle criticità ambientali e sulle loro battaglie, ecco che giunge dalla Regione un' ipotesi di sanatoria generale; di grande patto intercomunale per la pace e la collaborazione.
Nel frattempo però, niente si arresta: quello che c'è rimane, quello che si è già deciso continuerà il suo sviluppo e, naturalmente, anche i nuovi progetti andranno avanti senza che nessuno possa bloccarli in nome del Parco. Per i Comitati, tutto ciò ha il sapore di un grande condono. Sarebbe impossibile mandare giù un boccone di questo genere.
La mia opinione è che in questa proposta di processo partecipativo dobbiamo starci.
Dobbiamo starci senza cedere di un passo nelle nostre iniziative politiche, civiche e ambientaliste. Dobbiamo starci senza cedere, ma anzi con rinnovato impegno, nella lotta contro la svendita del territorio, contro i cancrovalorizzatori, contro i megaparcheggi, a favore del trasporto pubblico, delle bici e del verde urbano. Dobbiamo starci perchè è un'occasione di controllo, di conoscenza, di visione complessiva dell'area vasta su cui si muove più di un milione di persone.
Dobbiamo starci anche se, come qualcuno ha già fatto notare, si trattasse soltanto di una sorta di Piano di indirizzo territoriale in versione allargata (proprio l'area vasta).
Dobbiamo starci anche se l'altra sera, la parola più usata per descrivere il Parco è stata “infrastruttura” verde. Una parola, infrastruttura, che viene disinvoltamente usata per definire tanto un servizio, quanto un impianto o un'istallazione. E di istallazioni che di parco non hanno nulla, la piana ne ha già moltissime.
Dobbiamo starci perchè se vogliamo ottenere qualche risultato, ci corre l'obbligo di confrontarci anche nelle sale istituzionali, affinchè rimanga traccia del nostro lavoro e della nostra esperienza
In attesa che il mio assenso venga confermato o smentito dai fatti, vorrei porre subito una questione fondamentale che motiva fortemente l'operato di Municipio Verde e il suo impegno per la città.
Il Parco è costituito da tre tipi di ambiente. Potremmo anzi usare il termine di paesaggi, usando una classificazione non mia.
Il primo paesaggio è quello più propriamente urbano, occupato da costruzioni e anche al suolo coperto di asfalto e cemento. Esso è presente in modo comunque importante in quasi tutte le zone del parco.
Il secondo paesaggio, in grandissima parte ancora da recuperare, è quello rurale, destinato a colture autoctone e a basso impatto ambientale, a produzioni finalizzate alla distribuzione locale, all'agricoltura biologica.
Il terzo è l'incolto. Il luogo della natura. La parte di territorio dove si svolge la riproduzione biologica, dove volano gli stormi, dove nidificano le molte specie migratrici, dove vivono rospi lucertole e salmandre. Il paesaggio colonizzato dalle erbe selvatiche, dagli insetti, dai roditori, percorso da cervi, volpi e faine. Solcato da corsi d'acqua che formano bacini lacustri e zone umide.Il terzo paesaggio è l'incolto, il non sfruttato, il non produttivo.
E' costituito dalle zona dove avviene il gratuito processo di rigenerazione della vita, altrove aggredita, schiacciata, eliminata per far posto alle attività umane.
Con Municipio verde, io ritengo che questa frazione di territorio debba rimanere tale, non possa contrarsi ulteriormente e non debba indebolirsi a favore delle altre due. Si potrebbe adesso introdurre uno slogan come “consumo di territorio 0”, ma forse svilirebbe un discorso che ha ragioni articolate e supportate scientificamente, oltre che dal buonsenso e dalle normali esigenze umane di tutela della salute.
Per qualcuno è forse necessaria una precisazione. In questo caso l'incolto non significa, l'abbandono e l'incuria; non descrive una panchina coperta dai rovi nel giardino pubblico o la rotonda invasa dalle erbacce. L'incolto non ha funzioni strettamente legate alla vita urbana ma semmai al tempo libero e rigenerante del non lavoro.
Il Terzo paesaggio è la dannazione degli amministratori perchè viene considerato improduttivo e insicuro. Esso richiama alla mente dei politici terribili immagini di delinquenti padroni della boscaglia, spacciatori appostati fra gli alberi e stupri in quantità. Ci viene in mente subito l'abbattimento degli allori attorno al castello dell'imperatore, con la motivazione che erano rifugio dei drogati ma gli esempi di questa assurda idea di desertificare per portare il crimine allo scoperto, sono tanti.
La politica è portata a negare il terzo paesaggio perchè non riesce a controllarlo.
E siccome non è in grado di farlo lo svende e evidentemente non per mantenere la sua funzione di gratuita, lo ripeto, rigenerazione.
Io credo che Il Parco della Piana possa e debba esistere proprio in funzione della difesa del terzo paesaggio e del recupero equilibrato del rurale.
Tutto il resto non richiede un parco per esistere.
Noi saremo senz'altro disponibili a discutere e a confrontarci, senza trattare alcunchè sulle infrastrutture venefiche e distruttive che attanagliano l'uomo e gli altri animali.

Per, con e a
Municipio Verde,
Riccardo Buonaiuti

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