TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 30 novembre 2008

Firenze Castello. Incertettazioni: anche Gelli e Carrassi compagni di merende!

Federico Gelli, vice di Martini



l'ex direttore della Nazione

Intercettazioni con Rapisarda: si dimette il direttore della Nazione

Francesco Carrassi ha lasciato l'incarico di direttore della Nazione. La decisione è stata presa dopo la divulgazione delle intercettazioni telefoniche (pubblicate da Repubblica nelle pagine fiorentine) che lo chiamano in causa per aver partecipato «alla partita per la conclusione dell´operazione Castello». L'operazione dovrebbe far nascere un nuovo vasto quartiere di Firenze ma sul tutto aleggia l´ombra della corruzione
Francesco Carrassi si è dimesso ieri sera dall´incarico di direttore del quotidiano la Nazione. La decisione è stata presa in relazione alle intercettazioni telefoniche che chiamano in causa Carrassi per aver partecipato «alla partita per la conclusione dell´operazione Castello». Le dimissioni, arrivate dopo un colloquio con l´editore, sono state comunicate al comitato di redazione (l´organo sindacale del giornale), che ha informato l´assemblea dei giornalisti. L´azienda ha preso atto e ha nominato direttore ad interim l´attuale vice, Mauro Avellini.
Nel primo pomeriggio il presidente dell´Ordine dei giornalisti Del Boca aveva espresso «sorpresa e sconcerto per le intercettazioni (pubblicate da Repubblica nelle pagine fiorentine). Chiederò alla magistratura copia degli atti (da inviare agli Ordini regionali competenti) per le valutazioni disciplinari, a tutela dell´onorabilità dei colleghi e di tutta la categoria».
L´Ordine toscano affronterà il caso il 3 dicembre. Il presidente dell´Associazione stampa toscana, Sieni, ha auspicato che «si faccia chiarezza al più presto sulle intercettazioni che riguardano Carrassi. Nessuna ombra può gravare sul fondamentale diritto-dovere di cronaca e sui tanti giornalisti che lo esercitano con scrupolo e coraggio».




Carrassi al braccio destro di Ligresti
"Farò il fondo che l´ing. mi ha chiesto"
«Alla partita per la conclusione dell´operazione Castello partecipa anche Francesco Carrassi, direttore del quotidiano La Nazione» scrivono gli investigatori in apertura di un capitolo dell´inchiesta giudiziaria lungo 38 pagine e dedicato alle intercettazione delle telefonate fra Carrassi e il «plenipotenziario» di Fondiaria a Firenze Fausto Rapisarda. Si parla delle aspirazioni di Carrassi ad approdare alle relazioni esterne di Fonsai, di un appartamento che il direttore vorrebbe prendere in affitto dalla compagnia, di vacanze in Sardegna in un villaggio turistico di Fondiaria. Carrassi offre buona stampa per i progetti di Ligresti a Castello e anche altrove: «Domenica farò quel fondo su Impregilo che mi ha chiesto» l´ingegnere, dice una volta. Carrassi offre anche buone relazioni con il presidente della Provincia Matteo Renzi, che chiama «il ragazzo», e con il vice presidente della Regione Federico Gelli con cui il 9 ottobre va a cena insieme a Rapisarda.Non c´è telefonata, tra Carrassi e Rapisarda, in cui il direttore non chieda a che punto è la pratica sulle sue aspirazioni personali: «Ma come mai ci pensa così tanto l´ing.?» domanda il 5 giugno. Rapisarda risponde ancora una volta in modo interlocutorio: «ah... ma è una cosa importante Frank... una cosa importante... ci sta riflettendo...». Le vacanze di Carrassi a Villasimius in Sardegna, dal 4 al 18 agosto, sono concordate in alcune telefonate, una è del 21 luglio. «Carrassi: "per me tutto a posto come lo scorso anno?... no... tutto chic". Rapisarda: "... tutto come lo scorso anno". Carrassi: "Fausto se c´è... se c´è da pagare qualcosa io la pago". Rapisarda gli fa capire che è tutto offerto, come l´anno prima: "no, no, anche lì puoi andare lì alla spa... tutto come l´anno scorso"». Nella seconda metà di marzo si parla di case. Carrassi ha visto due appartamenti di Fondiaria che gli interessano per l´affitto. Rapisarda accenna al prezzo: «quello non ti preoccupare... ma tu dimmi cosa vuoi pagare... secondo te... che problema c´è?».
In alcune telefonate Carrassi si vanta degli articoli sull´affare Fondiaria fatti dai suoi redattori, ricevendone i ringraziamenti da Rapisarda. Alla fine di maggio: «Mi pare che io abbia esaudito il tuo desiderio». E Rapisarda: «Sei grande... grazie... ho raccontato tutto "al mio" eh?... dice che è contento... certo che è contento». Ancora Carrassi che ha fatto pubblicare una piccola foto di Ligresti: «Però lo hai visto come mi sono preso l´impegno... l´ho messo? ho messo la sua fotina... ma così che noi bisogna lavorare... eh... Fausto». Con l´amico di Fondiaria il direttore de La Nazione commenta la cena con Gelli e il prossimo appuntamento che Rapisarda ha con D´Alema. Gli consiglia di darsi disponibile: «Ti dico una cosa... noi dobbiamo essere della bagasce d´alto bordo.... che la promettono a tutti e non la danno a nessuno».




Gelli, Rapisarda e la cena a tre

"In pubblico deve dire certe cose"
Il vicepresidente della Regione e il destino del nuovo palazzo: l´incontro col braccio destro di Ligresti


Il vicepresidente della Regione Federico GelliIl plenipotenziario di Fondiaria a Firenze, Fausto Rapisarda, conosce per caso il vice presidente della Regione, Federico Gelli, il 12 marzo 2008 alla Taverna del Bronzino. Quello stesso giorno, alle 19.30, racconta al telefono ad una terza persona: «io oggi... per caso... ero a pranzo con Francesco Carrassi... no?... con il direttore de La Nazione... ed ero andato al ristorante... sai chi c´era?... c´era Gelli... che io non conosco... e allora siccome Francesco è andato a salutarlo... lui era con altri, si sono alzati perché non so chi erano... poi lui ha detto che erano funzionari della Regione... ma lui mi ha fatto un sacco di cose... Gelli eh!... sì mi ha detto..."vienimi a trovare quando vuoi... mi fa piacere che ti ho conosciuto"... quante cose... non vuol dire niente... te lo sto raccontando perché è stato veramente un incontro casuale va... sì, sì non era freddo... ecco non era freddo perché è... la prima volta che lo vedo... eh... non è che... subito mi ha dato del tu... capisci?». Il 3 ottobre Rapisarda è colpito da un´intervista nella quale Gelli afferma che la Regione è disposta a lasciare disponibile la propria area per consentire la realizzazione dello stadio a Castello. E chiama Carrassi. «... ma, se vuoi lo invitiamo... lo invitiamo a cena» propone il direttore de La Nazione. Pochi minuti dopo Carrassi ritelefona per confermare l´appuntamento a tre. «... okay giovedì 9 ore 21».
Alle 20.27 del 9 ottobre, «evidentemente prima di andare a cena con Carrassi e Rapisarda» - annotano gli investigatori - Gelli «si informa con l´assessore Biagi se vi sono dei recenti mutamenti che riguardino la Regione dopo le notizie della scelta dell´area Castello per la realizzazione dello stadio».
Dice al telefono Gelli: «... senti ti volevo chiedere una cosa... l´opzione Castello per la Regione Toscana... è cambiato qualcosa per noi?... oppure no?». Risponde Biagi: «sicuramente no... no quello... le questioni relative allo stadio no hanno nessuna relazione con la localizzazione della Regione a Castello... no non c´è nessuna relazione... se a Castello si farà lo stadio... si farà all´interno del parco o nella parte sud o nella parte a nord se cambia la pista... e diventa parallela in entrambi i casi non c´è nessuna influenza con la zona già prevista per l´edificazione della Regione». Gelli: «perfetto... senti, che tu sappia noi siamo andati... cioè c´è stato qualche passo in avanti rispetto al ragionamento sull´acquisizione dell´area o no?». Biagi: «... senti io non lo so... mi dicevano da Fondiaria... ma poi ho avuto conferma anche... che c´è stata... cioè ci sarebbe la nomina di un gruppo che dovrebbe definire le condizioni per poter... acquistarlo... io oltre quello non so».
«Alle 22.55 successive - scrivono gli investigatori - Rapisarda chiama Carrassi per ringraziarlo per aver organizzato la cena, aggiungendo che addirittura fra lui e l´altro ospite, alludendo a Federico Gelli, si è subito consolidato un rapporto di amicizia». Rapisarda: «solo per ringraziarti Francesco... ci siamo baciati... baciati (ride)». Carrassi parla degli argomenti trattati a cena: «... comunque è stata un´operazione... ma io poi sono andato direttamente sulla questione... sembravamo... sembravamo... una... una serie di signore che volevamo il cazzo e nessuno ha il coraggio di dirlo». Rapisarda: (ride)... bravo... però tu sei sempre number one e hai avuto il coraggio di introdurre... eh... lo so... ero un po´ in imbarazzo... però lui è stato molto». Carrassi su Gelli: «... siccome il ragazzo passa da me... io ho voluto che ti ripetesse anche a te... cosa vuol fare da grande». Ancora Carrassi su Gelli e sulla sua presunta corsa alla presidenza della Regione in competizione con l´attuale assessore alla sanità Enrico Rossi: «cioè questa gente intanto... loro hanno bisogno... capito?... di essere supportati... poi se va... bene... questo è un cavallo se vince bene... se vince Rossi... viva Rossi».
Annotano ancora gli investigatori: «Carrassi evidenziando ancora il suo ruolo avuto nella serata, fa chiaramente capire che è stato lui, senza tanti inutili preamboli, ad introdurre il tema di Castello nella discussione». E si vanta delle risposte avute da Gelli: Carrassi: «... però insomma t´ha dato una grande assicurazione...». Annotano gli investigatori: «Rapisarda fa capire che Gelli avrebbe preso l´impegno di dire in pubblico certe cose nascondendo la realtà delle cose». Rapisarda: «sì, sì... sì... cavolo!... cavolo!... mi anche detto... ha anche detto... ti ricordi che in pubblico lui deve dire certe cose... ma la realtà è diversa... eh... bravo Francesco!!... bravo!... bravo!».
Più volte, a partire dal primo pomeriggio di ieri e fino alle 20,10 Repubblica ha tentato di contattare telefonicamente il vice presidente della Regione Gelli per dargli la possibilità di fornire la sua versione dei fatti. Solo una volta Gelli ha risposto alle chiamate, era in treno, e poco dopo che il cronista ha introdotto il motivo della conversazione la linea telefonica è caduta. Da allora Repubblica non è più riuscita a contattare Gelli, né lui ha ritenuto di dover richiamare.
(30 novembre 2008)
Repubblica.it

Base Nato di Vicenza. Due anni di partecipazione e democrazia.


30/11/2008 fonte: Presidio Permanente No Dal Molin, Vicenza.


Due anni fa eravamo ugualmente diversi

[...] Il 2 dicembre 2006 ha segnato, per la nostra città, l’inizio di una metamorfosi che l’ha portata non solo a essere sotto i riflettori, ma soprattutto a costruire strumenti sempre nuovi di partecipazione e democrazia [...]


Due anni fa, di questi tempi, eravamo alle prese con l’organizzazione della prima manifestazione nazionale contro la nuova base statunitense al Dal Molin; era la vigilia del 2 dicembre, Vicenza nel mondo era conosciuta soltanto per la sua fiera dell’oro e, per i cultori dell’architettura, per le tracce lasciate da Andrea Palladio. Ci aspettavamo 5 mila persone a sfidare il freddo e i sei chilometri di marcia che dividevano la casema Ederle dal parco della Lobbia dove, dopo aver costeggiato l’aeroporto Dal Molin, si concludeva la manifestazione; ne arrivarono 30 mila. Mentre il corteo attraversava i quartieri, migliaia di persone scendevano dai condomini come tante gocce a formare un fiume in piena che, da quel giorno, avrebbe rimodellato il volto di Vicenza con la continuità e l’ostinazione che caratterizzano il movimento dell’acqua.Avevamo capito ben poco, quella sera del 2 dicembre 2006, di cosa stava avvenendo a Vicenza. Eravamo entusiasti per il risultato di una manifestazione che, ci dicevamo, non poteva che convincere il governo Prodi a chiudere la porta della nostra casa agli statunitensi; il 16 gennaio 2007, con l’editto di Bucarest e il vigliacco “non mi oppongo” scandito dall’allora Presidente del Consiglio, ci riportò alla dura realtà della politica rappresentativa non dei cittadini, ma delle lobbies. Guardavamo a quel serpentone di donne e uomini come a un avvenimento storico, irripetibile nella città che credevamo di conoscere come laboriosa ma distaccata; il 17 febbraio 2007, quel che l’ha preceduto e, soprattutto, quanto è venuto dopo, ci hanno smentito.Il 2 dicembre 2006 ha segnato, per la nostra città, l’inizio di una metamorfosi che l’ha portata non solo a essere sotto i riflettori, ma soprattutto a costruire strumenti sempre nuovi di partecipazione e democrazia. Tanto che, due anni dopo quella prima, grande manifestazione, la città del Palladio ospita un convegno dove gli amministratori locali e i cittadini discutono, insieme, di beni comuni e federalismo. Della necessità di trovare spazi nuovi per l’espressione dei bisogni e delle istanze degli abitanti di un territorio. Dell’insufficienza del voto elettorale per dare alla democrazia un volto. Non avevamo capito, quella sera del 2 dicembre 2006, che Vicenza non solo aveva imboccato il cammino dell’opposizione alla nuova base militare statunitense, ma che, difendendo la propria terra avrebbe costruito, nei mesi, gli spazi per un ragionamento sul rapporto tra quotidianità e territorio, tra municipalità e democrazia, tra socialità e condivisione. La vicenda Dal Molin e la mobilitazione che, a partire dal progetto statunitense, si è generata, ha permesso l’espressione di un malessere di forma e, soprattutto, di sostanza, che deborda la singola questione per mettere in discussione il rapporto tra cittadinanza e istituzione, laddove il cittadino non accetta più di essere un governato e respinge l’assunto per cui democrazia significa delega. Nella nostra ingenuità, non avevamo intravisto le potenzialità di quel che, collettivamente, avevamo iniziato a costruire più di 24 mesi fa. Ma quando una vicenda diventa miccia per ridefinire le forme della convivenza sociale, essa ha aperto un processo comunque irreversibile; non c’è ritorno allo status quo laddove le istituzioni preesistenti perdono la propria legittimità perché riconosciute autoritarie e altre rispetto alle dinamiche comunitarie; non c’è spazio per “estirpare alla radice il dissenso locale”, come avrebbe voluto il commissario Costa, quando tanti individui si riconoscono come comunità e fondano un’identità collettiva a partire dal proprio impegno quotidiano. Avevamo capito ben poco del cantiere che, quel 2 dicembre, si stava aprendo a Vicenza; poco male, perché oggi possiamo dire che quel che vogliamo costruire è un’opera molto più grande di quella a cui ci opponiamo: è una nuova pagina nel libro incompiuto della democrazia. Ugualmente contrari alla nuova base militare; altrettanto diversi, rispetto ad allora, nella consapevolezza della strada che abbiamo imboccato.

Nei palazzi romani e nelle sedi di partito ci scusino se abbiamo iniziato a farlo a partire dal nostro giardino; è che, guardandoci negli occhi, ci riconosciamo meglio che non attraverso il tubo catodico del televisore dal quale vorrebbero indottrinarci.

Firenze. La cupola del Pd.

Veltroni ha convocato a Roma i quattro sfidanti per la poltrona di Sindaco, solo per fare delle puerili raccomandazioni, ridicole come sempre sono le sue parole davanti a fatti seri. Non ha imposto di ritirarsi ai due manovratori che si sono messi d'accordo fra loro e che sono irrimediabilmente insudiciati dai risultati delle intercettazioni. Anzi. Ha detto a tutti e quattro i pretendenti di partecipare alle primarie senza combattere. Ci pensate!?
Siamo di fronte ad un partito distrutto dall'inettitudine, dalla disonestà, dall'ignoranza e dall'insaziabile desiderio di potere. Che ribrezzo! MV



Amministrative 2009
Primarie, per Veltroni resta tutto com'è
E' l'assessore Cioni a raccontare l'incontro tra i candidati alle primarie, i vertici locali del partito e il segretario del Pd Veltroni


«Sono primarie di partito e quindi è una sfida tra concorrenti e non tra avversari: quelli non sono dentro il Pd ma fuori. Evitate di farvi la guerra». È l’appello che il segretario Walter Veltroni ha rivolto ai quattro candidati alle primarie del Pd (Graziano Cioni, Daniela Lastri, Lapo Pistelli e Matteo Renzi) per la corsa al Comune di Firenze, riuniti a Roma insieme ai vertici locali del partiti, al sindaco Leonardo Domenici e al presidente della Regione Claudio Martini. La riunione, racconta chi vi ha partecipato, si è svolta in un clima sereno, non turbato dall’inchiesta che vede indagati due assessori, tra i quali Cioni. Veltroni ha spronato tutti ad una competizione virtuosa nel rispetto delle regole e smentito di preferire un candidato rispetto ad un altro: «Il mio candidato è quello che vince le primarie», avrebbe assicurato, aggiungendo che chiunque vinca sarà il candidato di tutto il partito.
L'ESITO DELLA RIUNIONE. «Rigoroso rispetto delle regole, del codice di autoregolamentazione e delle linee programmatiche del Pd» nello svolgimento delle primarie del Pd a Firenze. Lo afferma la nota diffusa al termine dell’incontro. «Nel corso dell’incontro - prosegue la nota - che tutti hanno giudicato utile e necessario, è stata ricordata l’estrema attenzione con la quale viene seguita la situazione di Firenze. Per quanto riguarda le primarie, sulle quali il Pd fin dalla sua nascita ha puntato, è stato ribadito che esse sono prima di tutto uno strumento per dare ai cittadini, nel modo più trasparente e partecipato, la possibilità di scegliere il candidato sindaco». «Le primarie - conclude la nota - impongono al tempo stesso, come già previsto nel codice di autoregolamentazione, che i candidati seguano un comportamento improntato alla massima trasparenza, al rispetto delle posizioni altrui, ad un impegno anche formale ad accettare coi risultati delle primarie anche il fatto che chiunque venga scelto dai cittadini chi sarà il candidato di tutto il Pd al quale va assicurata la piena collaborazione di tutti i candidati».
LA BATTUTA DI CIONI. «Da questa riunione - afferma Cioni - esce un gruppo coeso e forte. A Firenze si faranno le primarie con quattro candidati che conoscete». L’assessore non sembra avere alcuna intenzione di fare marcia indietro e ai giornalisti che gli fanno presente che lo statuto del partito impedisce a chi è indagato di candidarsi replica scherzando: «Non c’è problema, l’ho riscritto io con la postilla "il Cioni partecipa"».
28 novembre 2008
(Corriere fiorentino.it)

Prato. Economia e preghiere.

Prato, contro la crisi economica.
Il vescovo scrive una preghiera
Il vescovo di Prato, Gastone Simoni, ha composto per la prima domenica di Avvento una preghiera che sarà letta in tutte le chiese della diocesi


«Ti preghiamo per il nostro popolo angustiato in questo periodo da una forte preoccupazione per il lavoro e per le conseguenze negative della recessione economica in atto nel mondo e tra noi». Un passaggio della preghiera che il vescovo di Prato, Gastone Simoni, ha composto per la prima domenica di Avvento e che sarà letta in tutte le messe di tutte le chiese della diocesi.

UNA PREGHIERA CONTRO LA SITUAZIONE ECONOMICA.

Una «domanda di grazia a Cristo divino lavoratore» - ha affermato il presule - contro la pesante situazione economica, per chi perde il posto perchè, spiega l’introduzione al testo, «in questo momento la grave crisi del lavoro a Prato esige - non solo ma anzitutto - la nostra fervida preghiera». L’iniziativa, ha spiegato Simoni, nasce dalla convinzione «che la preghiera, animata dal desiderio del bene spirituale e temporale così come Dio lo vuole, è il primo potere che Egli ci dà per influire beneficamente anche sulle vicende terrene». In questo spirito, sabato e domenica, «a tutte le messe che verranno celebrate nella Diocesi di Prato si pregherà perchè il lavoro e la voglia di intraprendere reggano e, anzi, si consolidino nel distretto tessile; perchè le aziende non chiudano e non si perdano altri posti di lavoro; perchè il disagio economico non crei situazioni insostenibili per le famiglie.
Corriere fiorentino.it
28 novembre 2008

Economia. Fiducia nelle ecobanche.


Boom ecobanche
Marinella Correggia

il manifesto 29.11.08


Si occupano di finanziare l'economia reale anziché rovinose speculazioni finanziarie. È dunque logico che le piccole, etiche ecobanche - come, in Italia, Banca popolare etica e le Mag o Mutua autogestione - stiano conoscendo un meritato successo. Aumenta la fiducia in loro da parte dei «risparmiatori», e anche di chi ha solo uno stipendio o una collaborazione da far accreditare da qualche parte. Il piccolo boom delle banche etiche è raccontato da un articolo su www.planetark.com, il sito per l'ambiente della Reuter. Si parla ad esempio della Triodos, storica banca eco che anziché investire in derivati o in qualche altro complesso prodotto finanziario fra quelli che hanno aiutato a far scoppiare la crisi bancaria e finanziaria mondiale, si occupa di - e presta a - progetti veri, come le fonti di energia alternativa, i servizi sociali, i centri di cura, la cultura ecc. Un altro fattore chiave è la trasparenza nella comunicazione con i clienti, i quali vogliono sapere quel che si fa con il loro denaro. Nel mese di ottobre la Triodos è stata quasi presa d'assalto: 60 nuovi conti aperti ogni giorno, cinque volte più della media precedente. La banca, con sede centrale in Olanda e filiali in Belgio, Spagna e Gran Bretagna, oltre a investire solo in progetti veri, non prende prestiti all'interno del circuito bancario. In Gran Bretagna, l'Ecology Building Society ha goduto di versamenti per 2,5 milioni di sterline in ottobre; certo una goccia nell'oceano finanziario di High Street, ma il doppio rispetto ad aprile. Certo «investire nel mattone» è quasi una banalità, ma la compagnia in questione valuta l'impatto ambientale di ogni progetto prima di finanziarlo. Ha visto crescere i risparmi depositati anche la Britain's Co-operative Bank, il cui sito enuncia chiaramente le scelte etiche, contro il caos climatico e per i diritti umani. Una cliente, intervistata nella capitale belga, ha detto che le grandi banche convenzionali speculano sul denaro e alla fine non ci si capisce nulla, salvo che hanno poco a che fare con la realtà. Meglio una banca etica, che sembra rispondere meglio a quel che la gente vive tutti i giorni. Eppure si guadagna molto di meno affidandosi agli istituti alternativi. Triodos Belgio, ad esempio, offre un tasso di interesse del 2 per cento sui conti di risparmio e un premio del 2 per cento per denaro nuovo che rimane fermo nel conto almeno sei mesi, oltre a uno 0,5 per cento per il denaro che rimane fermo per 11 mesi. Poco, in confronto al tasso della banca Fortis del 4,25 per cento più un premio dell'1 per cento per il denaro depositato nei primi tre mesi del 2008; e molto molto meno dei guadagni offerti da alcuni prodotti finanziari ad alto rischio. Però Fortis, come Dexia e altre, sono cadute nel vortice. Secondo un esperto dell'agenzia Moody le banche etiche beneficerebbero di un tentativo delle persone di distribuire il loro denaro fra diversi istituti per approfittare del tetto garantito dallo stato per i depositi in ogni istituzione. Ma per l'International relations at Ethical Investment Research Service (Eiris) che fa ricerche sul comportamento sociale, ambientale ed etico delle compagnie, ormai molti risparmiatori non intendono più ignorare l'ambiente e i cambiamenti climatici. Oltre a non fidarsi più delle banche e dei prodotti ad alto rischio.

(«Niente più denaro e quindi niente più speculazioni né furti né ignobili traffici né quelle ignominie causate dalla cupidigia, niente più privilegiati e niente più miserabili»: era il sogno di una società comunista architettato da Sigismonde, personaggio del romanzo Il denaro di Emile Zola...)

Università. Il decreto va alla Camera.


UNIVERSITA'
Il Senato approva il decreto

il manifesto
29.11.'08

Il Senato ha approvato ieri il decreto Gelmini sull'Università. Il provvedimento passa ora all'esame della Camera. L'assemblea di palazzo Madama ha approvato il provvedimento per alzata di mano. A favore hanno votato Pdl e Lega Nord, contrari Pd e Idv. L'Udc, come aveva preannunciato il senatore Gianpiero D'Alia, non ha partecipato al voto. Blocco del turn-over nelle università con i bilanci in rosso, ma parziale deroga per gli atenei virtuosi. Nuove regole per l'assunzione di docenti e ricercatori e ripartizione delle risorse tenendo conto del merito. Ancora, norme «anti-baroni» e strumenti per richiamare in Italia i «cervelli» fuggiti all'estero. L'obiettivo del provvedimento, hanno spiegato il ministro e il relatore del provvedimento, Giuseppe Valditara, può tradursi in due parole: «trasparenza» e «merito». Di tutt'altro avviso l'opposizione che critica fortemente le misure adottate dal governo in materia di università. Un «decreto aspirina», lo giudica il senatore del Pd Vincenzo Vita. «Un provvedimento - aggiunge il ministro ombra dell'Istruzione Maria Pia Garavaglia - che ci allontana dall'Europa e che non mette mano, nella sostanza, a nessuna delle urgenti questioni che oggi rappresentano la zavorra del nostro sistema universitario».

Scuola. I responsabili.

La riforma, il crollo, i diversamente abili e le responabilità
Giuseppe Caliceti

(da il Manifesto del 29.11.'08)



Siate responsabili, ripetono ogni giorno docenti e genitori ai loro ragazzi. Così si cresce, si diventa grandi. Ma siamo sicuri che sia veramente così? Non sembra, a leggere quello che è accaduto dopo il crollo di Rivoli. Commozione, rabbia, indignazione, ancora rabbia: questi i sentimenti di fronte alla morte di Vito. Come sempre, è iniziato il balletto delle responsabilità. Ma nessuno siederà sul banco degli imputati per rispondere di questa morte bianca e annunciata. Eppure 42 mila istituti scolastici italiani sono fatiscenti, ad alto rischio sismico, carenti di ogni sorta di manutenzione. E quasi la metà è privo del certificato di agibilità statica. Di chi è la colpa? Del preside? Del Provveditore agli studi? Dell'imprenditore che ha eseguito i lavori? Del ministro? Succederà come tutte le altre volte. Nessuno pagherà. O in qualche caso pagherà un pesce piccolo: per non dispiacere troppo all'opinione pubblica. Ma oltre a questo, ci sono ogni giorno, nelle nostre scuole, casi simili. Per esempio, col taglio di bilancio ai fondi e al personale per gli studenti diversamente abili voluto dalla Gelmini, ci si trova quotidianamente di fronte a una situazione paradossale: nonostante ci siano studenti certificati dalle Usl come bisognosi di un sostegno scolastico a 40, a 20 o a 12 ore, le ore di sostegno che il ministero, le Regioni, gli istituti comprensivi mettono realmente a loro disposizione non sono ormai neppure la metà di quelle richieste. Sempre perché la priorità è il «risanamento» e la «razionalizzazione» del bilancio. Nell'epoca dei sondaggi, tra l'altro, le ore di sostegno, perciò lo stesso numero dei bambini diversamente abili, non è calcolato nel modo più semplice e tradizionale, cioè contando quanti effettivamente sono, ma quanti ce ne dovrebbero essere in rapporto a quelli «abili». Una assurdità. Che può fare un docente se nella sua classe è inserito un bambino diversamente abile certificato a 40 ore ma che è seguito solo per 22, 16, 12 o 0 ore? Può rifiutarsi di inserirlo nella classe? Certamente no. Non sarebbe neppure giusto. Ma mettiamo, per esempio, che questo bambino si faccia male: di chi è la colpa? Della Usl? Del ministro? Del dirigente scolastico? Del ministro all'Istruzione? No. Loro non c'entrano. L'unico colpevole è l'insegnante. Perché l'adulto è sempre responsabile della sicurezza dello studente all'interno dell'edificio scolastico. Ma non sono adulti anche il ministro? Il dirigente scolastico? L'ispettore scolastico? Evidentemente no. O non abbastanza.

Mondo. Il terrorismo nella società geneticamente modificata




VANDANA SHIVA
«Terrorismo, frutto globale»



«Come il suolo senz'acqua diventa arido, così la società ai tempi della globalizzazione, compresa quella indiana, sta avendo un crollo drammatico». È quanto ha affermato Vandana Shiva, attivista e ambientalista indiana, a margine del workshop «Valorizzare la biodiversità», organizzato a Roma dal Ministero degli Affari Esteri-Cooperazione Italiana allo Sviluppo e dal Cins.
«Nessuno sa dove questa globalizzazione ci porterà - ha aggiunto Vandana Shiva - ma tra i frutti avvelenati ci sono certamente, a livello ecologico, i cambiamenti climatici e una riduzione della biodiversità, che comporta anche una riduzione del lavoro per gli agricoltori, soprattutto in aree disagiate e deflagrate da conflitti come il Punjab. A livello sociale credo che il terrorismo e attacchi come quelli avvenuti a Mumbai, siano il frutto di quella che definisco una società geneticamente modificata».

Politica. Due tipi di normalità.

Io credo che esistano due normalità.
Una è la normalità dove nessuno più si stupisce se un Ente Locale è un organo di mantenimento e perpetuazione del potere attraverso la cura delle clientele, utilizzando opportunamente la spesa pubblica. Dove si ritiene normale che se comanda la sinistra, la viabilità della città sia in funzione dell'accesso ai supermercati Coop. Dove si ritiene normale che se sei hai un lavoro a tempo determinato nel pubblico è meglio che non dici mai niente contro il partito che governa, che poi non ti rinnovano il contratto. Dove si ritiene normale che per avere un impiego pubblico non è necessario essere competente, ma è sufficiente portare un malloppo di voti.
L'altra normalità invece è quella dove le persone credono nel valore della correttezza. Dove le persone hanno fiducia nella dinamiche della democrazia. Dove le persone sono convinte che il merito alla fine viene premiato. Dove le persone credono nella libertà di parola. Dove le persone sperimentano che è possibile amministrare qualsiasi attività con trasparenza.
Ecco, io credo che il PD pratese vincerà le prossime elezioni solo nel caso riuscirà a far passare per buono il primo tipo di normalità.
Se invece pian pian le persone si rendono conto che il secondo tipo di normalità è possibile, per il PD pratese non c'è speranza.
Io metterò tutto il mio impegno per cercare di convincere la gente che mi circonda che il secondo tipo di normalità è possibile.
Basta crederci.
E soprattutto volerlo.
Daniele Baroncelli.

Immigrati. Il dramma dei ricongiungimenti familiari.

Bocciato un ricorso della Procura di Trieste
Immigrati, non è reato far entrare clandestinamente i figli
Lo ha stabilito la Cassazione: l'ingresso è legittimo se il padre ha un lavoro, essendo giustificato dallo "stato di necessità" per evitare "l'abbandono" della prole. Il caso di un macedone con un'occupazione stabile in Italia e della sua bambina di 12 anni rimasta da sola

29 novembre, ore 13:40

Roma, 29 nov. (Adnkronos) - L'immigrato che ha un lavoro da noi può fare entrare clandestinamente i figli per "non abbandonarli" nel Paese d'origine. Il comportamento non merita censure, è giustificato dallo "stato di necessità". Lo sottolinea la Cassazione (Prima sezione penale, sentenza 44048) nel bocciare il ricorso della Procura di Trieste contro l'assoluzione dal reato di favoreggiamento dell'ingresso clandestino nel nostro territorio accordata a un macedone, con un lavoro regolare, che aveva fatto entrare clandestinamente la figlia dodicenne rimasta sola in Macedonia.Ilco R., un macedone di 39 anni con un lavoro stabile in Italia, aveva portato con sé la moglie e un figlio, per i quali aveva ottenuto il ricongiungimento, mentre aveva fatto entrare clandestinamente la figlia di 12 anni costretto dalla "necessità di non abbandonarla" nel luogo d'origine. Ne era scaturita una denuncia per favoreggiamento dell'ingresso clandestino conclusasi con un'assoluzione piena da parte del Tribunale di Trieste, nel dicembre 2007.Contro l'assoluzione, la Procura di Trieste ha fatto ricorso in Cassazione lamentando la "carenza dello stato di necessità" da parte di Ilco R., sulla base del fatto che il padre avrebbe potuto abbandonare il lavoro in Italia e cogliere "le opportunità dell'espansione dell'economia macedone" per non abbandonare la figlia. Piazza Cavour ha respinto il ricorso della Procura e ha sottolineato che il pm "affida la sua censura a considerazioni meramente congetturali afferenti improbabili o evanescenti scelte alternative di Ilco R. la cui valutazione, a fronte dell'argomentazione dell'impugnata sentenza, non può avere ingresso in questa sede". Per la Cassazione, dunque, il padre immigrato che ha fatto entrare clandestinamente la figlia va assolto perché ha agito "in stato di necessità" per evitarne "l'abbandono".

Prato. 4 dicembre. L'inganno dello sviluppo sostenibile.

Lo scorso 20 novembre, al Teatro La Baracca, si è tracciato un interessante profilo delle principali problematiche ambientali che ormai da tempo stringono in una morsa il territorio pratese.
Fungendo da collettore di proposte ed idee, “Municipio Verde” ha opportunamente raccolto a sé, dalla viva voce di coloro che in questi mesi hanno studiato e messo a fuoco i problemi, questi temi per darne ragione alla gente e farne, semmai più concretamente, motivo di un’azione politica futura.
Purtroppo la stampa locale, assente a questo appuntamento, non ha trasmesso alla cittadinanza alcunché di quanto accaduto. Per questo, in vista di un secondo appuntamento, fissato ancora al Teatro La Baracca, per le ore 21,00 del 4 dicembre prossimo, ho preso carta e penna, sentendomi quasi in dovere di ricordare questa occasione. Lo faccio animato da quello spirito di partecipazione e di impegno civile ed etico che in questa difficile congiuntura sta attraversando l’animo di tante persone di buona volontà. In questa direzione si è alzata per prima, forte e risoluta, la voce di Maila Ermini, ospite della serata, che ha presentato un manifesto politico pregnante e suggestivo, evocando con lucidità e senso critico la magra realtà odierna, delineando un decalogo per il futuro della città, emblematicamente chiamato “Primavera di Prato” che, a mio giudizio, indica in toto un programma valido per un buon governo possibile.
Tutto questo si può leggere nel blog di Maila, cfr. htpp://primaveradiprato.blogspot.com/


L’inganno dello “sviluppo sostenibile”
Occorre saggezza negli intendimenti politici e ampia condivisione degli obiettivi per ritrovare, anche in questa città, un equilibrato ed armonico sviluppo sociale ed economico, un’integrazione possibile con le nuove realtà presenti sul territorio e, soprattutto, un uso oculato delle risorse territoriali esistenti. Ed è a proposito dell’uso equilibrato di tali risorse che desidero fare questa riflessione aperta, a causa di quello che ho definito, enunciando “la carta dei diritti dei beni storico ambientali e del paesaggio”, il subdolo inganno, in primis lessicale, poi concettuale, insito nel cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Infatti, l’applicazione dei principi costituzionali dettati per la tutela delle risorse ambientali e culturali è stata tradita a partire dalla conduzione politica ed amministrativa di uno “sviluppo sostenibile” che, invece di realizzare gli scopi nobili ai quali si pensava dovesse alludere quella composita locuzione, è servito piuttosto per realizzare surrettiziamente scopi diversi da quelli auspicati, essendo stato tradotto, alla verifica dei fatti, quel principio di “sviluppo sostenibile” piuttosto come quello di “sfruttamento delle risorse fino alla soglia dell’insostenibilità” con sottrazione evidente di beni patrimoniali come quelli archeologici, oppure con la disaffezione dimostrata per i beni storico ambientali e paesaggistici che proprio dello “sviluppo sostenibile” avrebbero potuto essere gli assi portanti. Risorse queste barattate per far spazio ad infrastrutture obsolete e mal localizzate in un territorio già consumato oltre il ragionevole continuando a produrre cementificazione senza qualità, ottenendo in cambio non tanto il welfare promesso alla popolazione, bensì recessione e perdita progressiva ed irreversibile di valori culturali ed ambientali. Infine, l’attesa partecipazione della popolazione alle politiche territoriali richiamate nel concetto di “sviluppo sostenibile”, come stabilito dalla legge urbanistica regionale, è stata conseguentemente ridotta a mero strumento di registrazione di consensi elettorali precedentemente acquisiti, relegata nella specificità dei ruoli democratici partecipativi al riduttivo scopo di analisi post quem.
Prato ha bisogno per il futuro di fare chiarezza su questi aspetti fondamentali del vivere civile, alla base delle regole etiche della qualità della vita e del lavoro, anche per salvarsi dall’inganno strisciante che può celarsi dietro l’uso equivoco di accattivanti annunci o di improbabili promesse.

Giuseppe A. Centauro

sabato 29 novembre 2008

Firenze. Cioni e Renzi, una poltrona per due.

C'è la cupola del Brunelleschi e la cupola di Cioni. Poi c'è il cupolino di Renzi. Ma ci pensate che il Veltroni li fa gareggiare per la poltrona di Sindaco, invece di prenderli a calci?
mv
Castello, ecco le intercettazioni. Cioni: "Sonia sei un serpentello"
Cioni alla Innocenti "Le persone come te, che ricevono favori e se ne scordano mi fanno arrabbiare"

di Franca Selvatici

«Con te s´è fatto un patto d´onore... e te ti sei comportata da serpentello». L´ira funesta di Graziano Cioni si abbatte il 16 settembre su Sonia Innocenti, la «fedifraga». Ora di quella sfuriata si apprendono dettagli che illustrano, secondo gli inquirenti, il «sistema Cioni».
a storia del «tradimento» di Sonia Innocenti «fornisce elementi di valutazione circa l´importanza che l´assessore Cioni attribuisce all´istituto del "favore": chi lo accetta si deve sentire indissolubilmente legato al suo benefattore, assumendo l´obbligo di ricambiarlo». Così scrivono i carabinieri del Ros nel rapporto che i magistrati titolari dell´indagine sulla urbanizzazione di Castello hanno depositato, con un altro migliaio di pagine, al tribunale del riesame, a seguito dei ricorsi presentati dagli avvocati Pier Matteo Lucibello e Annalisa Parenti, difensori dell´assessore Cioni, e da altri legali, fra cui Giuseppe Taddeucci Sassolini, che assiste l´architetto Marco Casamonti. Le carte depositate riguardano sia l´accusa di corruzione che quella di violenza privata, contestata a Cioni per la micidiale sfuriata contro Sonia Innocenti, la fornaia rimasta senza lavoro e con due bambini a carico che si era rivolta a lui, lo scorso anno, in cerca di un lavoro. Cioni l´aveva fatta assumere dall´imprenditore Marco Bassilichi e riteneva in tal modo - annotano i Carabinieri - di averla vincolata a «un obbligo di fedeltà elettorale». Invece al momento di schierarsi per le primarie, Sonia ha scelto Lapo Pistelli.
Il 16 settembre Cioni viene a saperlo, la chiama e le fa una sfuriata spaventosa. «A me mi hai fatto uno sgarbo forte! Ascoltami, io mi posso ritirare, poso andare alle elezioni, posso vincere, posso perdere, ma la gente che è stata con me... e poi se ne scorda... mi fa incazzare... mi fa incazzare... mi fa incazzare, capito?... tu avevi mille motivi per dire "io do una mano a Cioni", e tu li sai tutti questi motivi, vero? Allora è bene che te ne ricordi... ma che mi prendi per il c...?».
«Graziano, io te lo avevo detto però che non condividevo il fatto che tu ti candidassi a sindaco», prova a ribattere Sonia, assicurando: «Sarò solo io a fare questa scelta... le mie truppe però non si muovono». «Una sega, ciao Sonia», chiude secco Cioni.

E´ così infuriato che si sfoga per il «tradimento» con un sacco di persone. E medita vendetta. Chiama Marco Bassilichi: «Mi pare che te l´ho presentata io... non la voglio più vedere... la ritengo una fedifraga... non mi fido più... per me la mia porta per lei è chiusa... questo mi pare pacifico... e tutte le porte che le posso chiudere gliele chiudo... perché è un tradimento».

Bassilichi la difende: «Si sarebbe sparata in testa per te». «Quando ti ho presentato lei - ricorda Cioni - avevo da mettere a lavorare mia moglie... ma perché scelgo lei? perché è della squadra, della famiglia!... ma se la famiglia poi mi va in c...» «Qualsiasi cosa, io sono qui a disposizione», assicura Bassilichi.

Poco più tardi Cioni chiama Matteo Renzi, presidente della Provincia, suo avversario alle primarie. «All´Isolotto ci s´ha una fedifraga. La Sonia Innocenti: sta con Pistelli». «Quanti voti sposta?», s´informa Renzi. Pochi, secondo Cioni: «Ma questo voltaspalle lo deve pagare». «Quando tu vedi Marco Bassilichi tu gli dici anche te qualcosa... l´ha messa ai rapporti con la pubblica amministrazione... la mia porta la trova chiusa oggi, domani e domani l´altro». Il giorno successivo 17 settembre, Renzi richiama Cioni: «Ascolta due cose al volo: alla Sonia quel messaggio che mi avevi detto ieri gliel´ho fatto dare in modo molto brutale». «A chi l´hai dato?», chiede Cioni. Renzi: «Al suo capo... e a voce tramite Filippo Vannoni, che me l´ha portata a pranzo una settimana fa». Renzi e Cioni sono avversari ma fino a un certo punto. Lo spiega Cioni: «O vinco io o vince Renzi e va bene... o vince la Lastri e è un disastro... o vince Pistelli ed è un´epoca secondo me di quelle micidiali... quindi bisogna che si corra tutti e due, Renzi e io: se vince lui gli fo da vicesindaco, se vinco io fa il vicesindaco lui».
(29 novembre 2008)

Economia. Parola di Vescovo.

CRISI ECONOMICA.
VESCOVO DI PRATO: CHI HA CAPITALI E NON LI INVESTE FA PECCATO GRAVE
MONSIGNOR SIMONI, VANNO USATI PER CREARE LAVORO
ultimo aggiornamento: 29 novembre, ore 19:56

Prato, 29 nov. - (Adnkronos) - ''Chi avesse grandi capitali e li tenesse fermi anziche' investirli per creare ricchezza da condividere con tutti, ovvero nuovo lavoro, commetterebbe un grave peccato''. E' il monito che il Vescovo di Prato Gastone Simoni ha lanciato oggi, al termine dell'omelia nella messa celebrata questa sera, alle 18, nella cattedrale di Prato.

Rifiuti. Muore la primula rossa.

Con grande dispiacere vi inoltriamo questa agenzia. E pensare che quella discarica l'ha chiusa comunque la magistratura...
mv
Il sindaco Rosa Russo Iervolino ha accolto con sgomento la notizia
Napoli, suicida ex assessore arrestato per scontri a Pianura



ultimo aggiornamento: 29 novembre, ore 17:21

Napoli, 29 nov. (Adnkronos) - Si è suicidato nella sua casa di Pianura l'ex assessore comunale Giorgio Nugnes del Partito democratico. Nugnes, 48 anni, si era dimesso nelle scorse settimane a seguito dell'arresto per gli scontri avvenuti a Pianura, lo scorso gennaio, contro la paventata riapertura della discarica di Contrada dei Pisani.

Sottoposto ai domiciliari il 6 ottobre scorso, la misura era stata sostituita dal divieto di dimora nel quartiere di Pianura, anche se tre giorni alla settimana poteva rientrare nella sua casa di via Grottole. E proprio qui ha deciso di farla finita. Si è infilato una corda al collo e, dopo averla legata ad una inferriata, si è lasciato andare.

A trovare Nugnes sarebbero stati la moglie e un fratello che questa mattina si sono recati nel villino di via Grottole. Pare che l'ex assessore non abbia lasciato una lettera di spiegazione del suo gesto. Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, ha accolto con sgomento la notizia del suicidio del suo ex assessore.

''Un gesto inimmaginabile. Era un uomo sereno, che non navigava sott'acqua. Non riusciamo a credere possa essere arrivato a un gesto così estremo. Chi ha minato questa serenità per portarlo a tanto? Non ci crediamo ancora''. Sono queste le prime dichiarazioni rese all'ADNKRONOS dai familiari di Giorgio Nugnes.

"Conoscevo Nugnes e quello che è successo mi dispiace. Sono davvero molto turbato". Così all'ADNKRONOS il leader dell'Udeur Clemente Mastella, che aggiunge: "Al di là della vicenda giudiziaria specifica, posso solo dire per esperienza che quando si è coinvolti è difficile resistere". L'ex ministro della Giustizia afferma che, "se accanto non hai la saldezza degli affetti, la vicinanza delle persone care, il rischio è brutale" e ogni forma di limitazione della libertà "è sempre devastante". Soprattutto ''quando sai di essere innocente - conclude - e ti trovi coinvolto in una vicenda molto più grande del fatto specifico, non tutti riescono a resistere alla pressione. Ripeto, alla fine, solo la famiglia ti può salvare".

Prato. Il brutto urbano.










comitato nazionale del paesaggio-Prato

ARREDO (IN)URBANO
Spesso il decoro delle città comincia dalle piccole cose! Se non si curano i dettagli (che non costano assolutamente niente….) non si cura la città intera. Ed allora ha ragione da vendere Oliviero Toscani ad urlare che Prato è una città brutta (e qualcuno si mette d’impegno per farla diventare ancora peggiore…).

Ecco tre bruttissimi esempi di “bruttitudine” gratuita:
(dall'alto verso il basso)
Rotonda di Via Sette Marzo
Rotonda del Cimitero di Coiano
Monumento ai 29 Martiri di Figline. Figline di Prato

Prato. La politica delle regole e le regole della politica

Per essere un partito "nuovo", il PD, almeno quello pratese, si scopre particolarmente vecchio nelle modalità di gestione e nelle prassi politiche.
Se infatti corrisponde al vero quanto segnalato dalla stampa locale, per cui il PD sarebbe disponibile ad intavolare delle "primarie di coalizione" - ovviamente dopo aver risolto al proprio interno la questione candidati... - nonostante che il regolamento regionale approvato dal PD toscano nel settembre scorso non lo consenta, qualche domanda bisogna pure porsela.
E soprattutto dovrebbero porsela gli iscritti al PD e quanti hanno creduto veramente alla favola del partito dei cittadini, che avrebbe applicato "regole nuove", salvo poi, alla prova dei fatti, arrivare a sostenere che "le regole si devono piegare alla politica". Il ché in soldoni, oggi, a Prato significa cercare di raschiare il barile delle alleanze per non rischiare di perdere il potere acquisito.
Significa perseverare in una politica di "arcana imperii", per iniziati, dove è la segreteria che decide cosa far sapere o meno - il caso del sondaggio diffuso "a porte chiuse" - dove si persevera negli incobtri "segreti", piuttosto che affrontare il dibattito alla luce del sole.
Queste sono le regole della politica (con la "p" minuscola... Quasi microscopica), ben lontana dalla Politica delle regole.
Anche ai delusi di questo stato di cose è aperta l'iniziativa del Verde Municipio che si terrà giovedì prossimo a Casale!

Kritias
Per Municipio Verde

Prato. Decoro urbano


no comment...

Trasparenza e partecipazione. Le delibere di Taiti e Giugni.


La Lista Civica “Taiti per Prato” e l’associazione radicale Liber@MentePrato
organizzano per il giorno
SABATO 6 dicembre 2008, ore 12,
presso la saletta ex matrimoni di Palazzo Comunale una
CONFERENZA STAMPA
per illustrare la delibera sulla trasparenza e la partecipazione (Anagrafe Pubblica degli Eletti-A.P.E.) e programmi e proposte per le prossime elezioni amministrative.
Saranno presenti:
Bruno MELLANO, presidente di radicali italiani
Massimo TAITI, capogruppo di “Taiti per Prato”
Vittorio GIUGNI, segretario associazione radicale Liber@MentePrato

Economia. L'auto è una palla al piede.

Sovvenzionare l'auto? No, grazie
Guido Viale
L'automobile ha dominato l'evoluzione economica, sociale, ambientale e culturale del secolo scorso: paesaggi ormai tutti segnati da viadotti, svincoli, nastri di asfalto, stazioni di servizio; vita urbana che trascorre in mezzo a ingorghi e tempi morti e solitudine imposti dal traffico; aria infestata dai miasmi degli scappamenti e dal rombo dei motori e il frastuono dei clacson; salute minata dall'inquinamento e dagli incidenti stradali; bilanci comunali prosciugati dalla gestione di circolazione e servizi di trasporto pubblico imprigionati da auto in sosta e in movimento; bilanci familiari divorati dalla spesa per mantenere una, due, o tre auto.
L'auto è penetrata fin dentro l'immaginario individuale e collettivo e continua a essere l'oggetto dei desideri di chi già ce l'ha, di chi non l'ha ancora e di chi non la potrà mai avere; dal primo al quarto mondo. Perché realizza un sogno antico come il mondo: non essere più fante ma cavaliere.Ma l'automobile ha improntato anche l'organizzazione del lavoro del secolo scorso (non a caso è stata chiamata fordismo) e tutte le strutture sociali e politiche che il fordismo ha prodotto direttamente o reso possibili indirettamente: dequalificazione e parcellizzazione del lavoro; separazione tra esecuzione, direzione e controllo; piena occupazione e alti salari (o quasi) e consumi di massa; welfare state e dilatazione della spesa pubblica. E poi, ipertrofia dei settori a monte della sua produzione: siderurgia, meccanica, elettronica, gomma, ecc.; di quelli impegnati a farla circolare: costruzioni, riparazioni, marketing; e dell'industria del petrolio: prospezioni, estrazione, navigazione e cantieri navali, raffinazione, ecc.. Per tutte queste connessioni l'automobile rischia di essere la palla al piede della irrinunciabile transizione a un mondo che dovrà fare a meno dei combustibili fossili. Palla al piede perché dal lato del consumo, l'automobile ha da tempo cessato di essere un fattore di sviluppo della mobilità; da soluzione ne è diventata il problema principale. Da promessa di libertà (partire e arrivare quando e con chi si vuole: cioè, dicono le statistiche, per lo più da soli) è diventata ostacolo: ingorghi, inquinamento, costi insostenibili: un rebus di cui trasportisti e assessori non riescono a venire a capo, perché non hanno coraggio, cultura, o capacità di «prendere il toro per le corna». Perché il «toro» non è il traffico, o la qualità dell'aria, o la mancanza di parcheggi, sottopassi o semafori «intelligenti», o la larghezza delle strade, ma la proliferazione dei veicoli, che rubano spazio alla vita e alla socialità e che, anche nell'orizzonte temporale di una politica lungimirante, continueranno ad andare a petrolio, o con derivati dei combustibili fossili. Per mandare avanti una flotta di auto come quella attuale con idrogeno o elettricità prodotta da centrali nucleari, ce ne vorrebbero altre 5.000; oggi nel mondo ce ne sono meno di 450! E continueranno a emettere gas di serra e particolato: non solo dagli scappamenti, a cui guardano tutti, ma soprattutto per l'attrito di miliardi di ruote contro il fondo stradale, di ganasce sui dischi dei freni e dal continuo sollevamento del pulviscolo prodotto. Dal lato della produzione, l'automobile, nonostante continui a fagocitare tutte o quasi le innovazioni che elettronica, telematica, chimica, fisica, metallurgia, robotica e design le mettono a disposizione, ha cessato da tempo di essere motore di innovazione. Ma è rimasta con un carico sovrabbondante di lavoratori in produzione e nell'indotto che la corsa alla delocalizzazione è riuscita solo in parte a ridurre; e con un pugno di «case automobilistiche» che non riescono più a far quadrare i bilanci e che oggi, nonostante la contrapposizione tra la «materialità» delle loro produzioni e la volatilità dell'alta finanza, rappresentano una minaccia per la stabilità del sistema anche maggiore di quella provocata dal default di borse, banche, assicurazioni e fondi vari. Così oggi in tutto il mondo, e con tanta più arroganza quanto più è stata coccolata e foraggiata nei decenni trascorsi, l'industria dell'auto esige dai bilanci degli stati e, attraverso questi, dai cittadini-contribuenti, un tributo che estragga forzosamente dalle loro tasche una integrazione del fatturato che il cittadino-consumatore non è più in grado di garantire con i suoi acquisti. E' sensato assecondare queste pretese? No.
L'automobile è ormai un pozzo senza fondo e gettarvi sempre nuove risorse non contribuisce né a salvaguardare l'occupazione, né a promuovere l'innovazione, né a migliorare la vita urbana. Perché le automobili sono ormai troppe: la superficie terrestre e lo spazio urbano non sono più sufficienti a ospitarle e a rifornirle di strade e carburante; i redditi privati e i bilanci pubblici sono sempre meno in grado di sostenerne i costi. Ma soprattutto le spese di famiglie, amministrazioni e stati convogliate a sostenere l'industria dell'auto non fanno che sottrarre risorse agli usi alternativi che dovrebbero garantire la transizione all'era post-fossile: innanzitutto all'industria energetica basata su fonti rinnovabili ed efficienza; impianti solari, termici e fotovoltaici, turbine eoliche e marine, pompe geotermiche, cogenerazione diffusa, coibentazione degli edifici: tutte alternative occupazionali e tecnologiche alle attività oggi congelate nell'industria automobilistica. Il riassetto del territorio - contenimento del dissesto geologico, riqualificazione di edifici e tessuto urbano, ricostruzione di una rete idrica che dissipa la risorsa più preziosa - è un'alternativa altrettanto valida, per il settore delle costruzioni, alla moltiplicazione di strade e parcheggi per far posto a un traffico che li satura prima ancora che siano completati.Ma il mondo continuerà comunque ad aver bisogno di viaggiare e spostarsi - il diritto alla mobilità è da tempo una componente della cittadinanza - e quindi di veicoli: nel trasporto terrestre c'è bisogno di treni e tram lungo le linee di forza degli spostamenti; e di trasporto flessibile, cioè di veicoli da condividere (car-pooling, car-sharing, trasporto a domanda, taxi collettivo) negli spostamenti erratici, nelle ore di «morbida», nelle aree a bassa densità abitativa, nelle attività saltuarie che lo richiedono. Anche questo è un settore che assorbe investimenti e occupazione sia nella produzione di veicoli che nella gestione dei servizi.Pensare che una transizione del genere possa essere affidata alla «mano invisibile» del mercato, scongiurando un intervento diretto dei poteri pubblici senza destinare ai settori chiave della transizione all'era postfossile le risorse da mobilitare per far fronte alla crisi è pura utopia, o grave irresponsabilità. Eppure gli stati maggiori del liberismo, a partire dall'Economist, tetragoni nelle loro statuizioni persino di fronte al fragoroso collasso dei mercati, ci ripetono che gli incentivi destinati alle energie rinnovabili «distorcono il mercato». Ma di fronte al disastro che incombe, per non affondare insieme all'auto, non c'è forse bisogno proprio di una «distorsione» del genere?


(da il Manifesto 27.11.'08)

Scuola. Se pensate che l'istruzione sia costosa...

Investire sulle strutture si può
Giuseppe Caliceti

Crolla una scuola. Muore uno studente di diciassette anni. Gelmini ne prende atto e dice: «Da una parte ci sono diecimila edifici scolastici non sicuri, dall'altra un bilancio dell'istruzione di 43 miliardi assorbito al 97% dalla spesa corrente, in buona parte stipendi». Dunque? Messa così, pare quasi che la colpa dei fatti drammatici che sono accaduti siano da attribuirsi all'alto numero di docenti che ci sono in Italia, che le impedirebbero di utilizzare denaro pubblico nella messa in sicurezza degli edifici scolastici. In realtà, in Italia, è bene ricordare che la spesa per i docenti - che non sono più che in altri Paesi, ma sono pagati molto meno, - non è superiore a quella di altri Paesi. Il vero punto è un altro: l'Italia è uno dei Paesi che spende meno per scuola, università, ricerca. E con i tagli del decreto Gelmini spenderà ancora meno. Quando la Gelmini ci ricorda, immaginando forse di suscitare scandalo, che il 97% del bilancio per l'istruzione è utilizzato per lo stipendio dei docenti, ci dice in realtà cose ben diverse da quelle che vorrebbe dirci. Innanzitutto, che ci sia una spesa «forte» per il personale docente e non docente in una istituzione come la scuola è assolutamente normale: basta vedere i dati degli altri Paesi europei, tanto per farsi un'idea. La vera anomalia italiana non è legata alla «spesa corrente», - perfettamente in linea con gli standard europei - ma a tutto il resto, che, in questi anni, specie col decreto Gelmini, si è voluto completamente cancellare. Quando il 97% di un bilancio scolastico viene assorbito dalle spese di personale, vuol dire, infatti, che si è arrivati all'osso, al fondo del barile. Ciononostante, la Gelmini ha deciso di cancellare 250.000 posti di lavoro nella scuola pubblica nei prossimi tre anni. La qualità della scuola peggiorerà drasticamente, lei forse farà un po' di cassa subito sulla pelle degli studenti e dei docenti e delle loro famiglie. Questo basterà per mettere in sicurezza le scuole? Assolutamente no. Perché il vero problema è un altro: sulla formazione bisogna investire di più, non di meno. Questo è il problema che si è cercato per troppo tempo di non vedere. Tra l'altro, coi tagli della Gelmini e la relativa soppressione di posti di lavoro per i docenti, il numero degli alunni per classe tenderà a crescere ancora di più. A proposito, è bene ricordare che la 626 prevede, per una questione di sicurezza, che in un'aula non ci siano più di 25 studenti, ma già in tante scuole italiane queste indicazioni di legge sono disattese.Invece di parlare ostinatamente solo di tagli, dopo i drammatici fatti di Rivoli Gelmini ha iniziato a parlare improvvisamente di emergenza. E ha chiesto una Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali. «Il governo ha il dovere di rivedere i meccanismi di spesa e spostare risorse sugli investimenti», ha dichiarato. Esattamente quello che l'Onda e l'opposizione chiedevano da mesi. Forse il castello di demagogia inscenato in questi mesi è destinato miseramente a crollare? La Gelmini ammetterà che l'emergenza scuola, oltre alle infrastrutture, riguarda anche la cultura, la ricerca e la formazione scolastica? Una emergenza tanto più grave nell'era della «società della conoscenza», nella quale la qualità formativa è il fattore decisivo sia per lo sviluppo economico, sia per una cittadinanza democratica e consapevole, sia per la qualità del tessuto civile di un paese? Ne dubitiamo. Afferma Derek Bok, presidente dell'Università di Harvard, «Se pensate che l'istruzione sia costosa, provate l'ignoranza!» E' quello che in Italia, senza alcuna vergogna, stiamo sperimentando da anni. Non sarebbe ora di cambiare seriamente rotta? Non solo per ragioni etiche e economiche, ma anche economiche?
(da Il Manifesto 27.11.'08)

venerdì 28 novembre 2008

Prato. Ippodromo: e dopo il danno un altro danno.

Vecchia storia. Sembra impossibile ma potrebbe anche finire che il Comune debba risarcire questo signore, dopo il danno che ha fatto alla cosa pubblica.
La faccenda la dice lunga sulle concessioni comunali dei Beni comuni.
Bella l'entrata in scena della Destra. Complimenti, bel modo di fare politica. mv



Presunti abusi al maneggio dell'ex Ippodromo, l'Ihrc annuncia nuovi ricorsi
28/11/2008 - La lunga diatriba legale sul maneggio nell'area dell'Ippodromo di Prato tra il Comune e la societa' Ihrc Italia non e' ancora giunta all'epilogo. Stamani Renato Chiappini, legale rappresentante dell' azienda, annuncia l'ennesimo ricorso al Tar contro l'intera procedura seguita dal Comune nella vicenda. A dargli man forte il consigliere comunale de La Destra Maurizio Castagna che ha presentato la prima e unica interrogazione esistente in merito. Si tratta di una lunga e intricata vicenda iniziata 5 anni fa quando il Comune ha dato in concessione un'area di 2300 mq per la realizzazione di un centro ippico. La Ihrc ha realizzato nuove costruzioni mentre il contratto, secondo il Comune prevedeva solo ristrutturazioni. Da qui ricorsi e controricorsi al Tar fino a giungere all'ordinanza di demolizione dei 250 box giudicati abusivi insieme alle tribune, alle tettoie e alle segreterie. Un' operazione giudicata 'arrogante' perche' secondo i vertici dell'azienda le ruspe sarebbero entrate in azione nonostante fosse nota l'imminente sospensione della demolizione concessa dal Consiglio di Stato poche ore piu' tardi. C'e' poi la sentenza del tribunale della Liberta' che nel 2006, in sede penale, ha dato ragione all'Ihrc. Il danno economico tra investimenti finiti in polvere e mancati guadagni si aggira intorno ai 2 milioni di euro.

Rifiuti. Il governo, tra carcere e menefreghismo.

Rifiuti elettrici ed elettronici il Governo si ritira
Un comportamento bizzarro ed equivoco sui rifiuti
di
Roberto De Giorgi dal sito agora.it

Mentre il pomposo Presidente del Consiglio dice che sui rifiuti per strada userà il carcere non solo a Napoli, dall’altra parte, nel dicastero ambientale si ritira un provvedimento ed un decreto che dava soluzione ai rifiuti ingombranti, elettrici ed elettronici (Raee) che ora mettono tutto il sistema in fibrillazione.
Ora cerchiamo di capire. Il decreto legislativo del 2005 ( n.151) finalmente adeguava l’Italia, dopo dieci anni di raccomandazioni alle direttive europee, per la gestione corretta dei rifiuti elettrici ed elettronici. Il sistema previsto dalla legge era complesso da gestire. Bisognava che tutti i produttori si mettessero insieme, occorreva che si creasse la struttura logistica per il ritiro, dal frigorifero al cellulare. Questo ha significato entrare in proroghe su proroghe. Ora la beffa arriva con gli ultimi provvedimenti.
C’era voluto l’impegno del ministro Pecoraro ad accelerare e prevedere la partenza dal 1 gennaio del 2008. La conclusione è stata quindi che dal primo gennaio di quest’anno i cittadini che si recano a comprare un elettrodomestico di qualsiasi tipo o dimensioni, pagano, in proporzione al prezzo, la tassa sullo smaltimento futuro dell’oggetto.
Insomma la legge al cittadino arriva subito. Per i produttori e distributori l’onere si era spostato al 1° settembe con l’avvio del 1 per 1, ovvero se compri un televisore nuovo il commerciante è tenuto a riprendersi il vecchio.
Ma dove porta il commerciante il rifiuto che è obbligato a ritirare?
Ecco che qui entrano in gioco i Comuni che devono creare i centri di raccolta. Bella storia con gli enti locali che sono pieni di debiti e non riescono a sbarcare il lunario! Vi sono due fatti però che entrano in gioco per dare una spinta a tutto il sistema. Un decreto dell’aprile di quest’anno (DM 04/04/08) disciplinava i centri di raccolta affidando agli stessi Comuni il potere autorizzativo ed un accordo tra Comuni e Coordinamento dei produttori Raee premia i comuni che raccolgono dando fino a 60 euro a tonnellata. Vale a dire che se in una città raccogli 2000 tonnellate di computer, lavatrici e frigoriferi hai 120 mila euro all’anno che significa che ti ripaghi i centri di raccolta.
Ora il decreto, che doveva dal 3 novembre 2008 attivare i centri di raccolta, è stato ritirato dal Governo per " difetto formativo" ( vai capire!).
La conclusione è che, se telefoni al coordinamento raee ( al quale dal 14 ottobre tutti i centri di raccolta esistenti, per lo più privati, sono iscritti), ti rispondono che per i Raee si possono ritirare solo i rifiuti domestici.
Quindi ripeto la domanda: dove portano i rifiuti i commercianti che sono dentro il sistema logistico dei produttori Raee?
Per strada. E naturalmente si chiede il carcere. Ma vai a capire la stupidità dov’è di casa.
Ecco come si governa in questo Paese.

Scuola. Arrivano i fondi per la sicurezza?

2008-11-28 13:12 Ansa
Con dl arrivano fondi per scuole più sicure

ROMA - Arrivano fondi per la messa in sicurezza delle scuole ma anche per l'edilizia carceraria, le opere di risanamento ambientale, museali e archeologiche ed interventi di innovazione tecnologica. Lo prevede l'articolo 18 della bozza di decreto esaminata stamane in Cdm. Il Cipe, presieduto "in maniera non delegabile" dal premier, entro un mese dall'entrata in vigore del decreto assegnerà per questo "una quota delle risorse disponibili del Fas". Resta fermo il vincolo di destinare l'85% delle risorse Fas al Mezzogiorno.

Povertà. La spesa del Sabato: diamo una mano.


2008-11-28 12:30
Poverta': domani Giornata nazionale della colletta Alimentare
In 7. 600 supermercati si potranno donare alimenti in scatola

(ANSA) - ROMA, 28 NOV -Aiutare concretamente i poveri e' l'obiettivo della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, organizzata per domani in tutta Italia. Per l'Istat sono il 12,8% della popolazione e la Fondazione Banco Alimentare Onlus e la Compagnia delle Opere Impresa Sociale invieranno oltre 100 mila volontari in 7.600 supermercati per consentire di donare alimenti non deperibili (olio,omogeneizzati,tonno e carne,pelati e legumi in scatola)che saranno distribuiti a oltre un milione e mezzo di indigenti.

Firenze Castello. Che succede?

da Green Report
28/11/2008
Urbanistica e Territorio


Caso Castello, che succede a Firenze?
di Riccardo Mostardini

FIRENZE. Cherchez la femme. Per capire cosa sta succedendo a Firenze, in questi giorni in cui le notizie si accavallano convulsamente, è necessario andare a cercare quale sia la matrice di fondo. E come molti ormai avranno capito, risalendo a monte nel complicato flusso di vicende urbanistiche e politiche che hanno posto la questione sotto i riflettori nazionali, ci si imbatte per forza nella questione della realizzazione del parco. Un parco di 80 ettari su un totale di circa 170 dell’area di intervento.Territorio, quindi. Territorio ancora vuoto, per mille motivi legati alle caratteristiche (es. geologiche, storiche) dell’area. Suolo libero, peraltro in un’area che – sia pure nelle attuali condizioni di parziale degrado in cui versa attualmente – si qualifica come importante corridoio di connessione tra il sistema delle colline, la superficie composita del Sic “Stagni della piana fiorentina” (codice Bioitaly IT5140011) e il fiume Arno.

E intorno a questo territorio? Intorno c’è un’autostrada, due ferrovie, un aeroporto (con relativi progetti di ingrandimento). A poche centinaia di metri, a sud-ovest, la discarica di Case Passerini. In futuro, il nuovo termovalorizzatore, almeno stando alla pianificazione effettuata finora. A est, dopo la ferrovia, Firenze. E, dulcis in fundo, aggiungiamoci anche il progetto Fuksas per la “cittadella viola”, comprendente un nuovo stadio e una “downtown dello sport e dello shopping”, nelle previsioni. Progetto che non ha una localizzazione precisa finora, ma che tutti sanno che, se dovesse giungere alla realizzazione, ricadrebbe necessariamente sull’area di Castello. Perchè? Perchè nei confini comunali non ci sono altri spazi sufficienti per le superfici richieste dal progetto. E chi ci rimetterebbe, se gli spazi a Castello si dovessero rivelare troppo ristretti? Ci rimetterebbe il parco, baby, così va la vita. E poi, il governo ha tagliato l’Ici...

A Firenze, già in molti avevano storto la bocca, davanti alla evidente leggerezza con cui da anni veniva affrontata la questione legata al parco. Molti ricordavano dichiarazioni ufficiose dell’amministrazione per cui la prima opera realizzata sarebbe dovuta essere proprio l’area verde, e restavano perplessi davanti ai primi cantieri aperti, cioè quelli della scuola sottoufficiali carabinieri che tutto è meno che – decisamente - un parco.

Molti ipotizzavano da tempo una certa gestione spregiudicata della politica territoriale, a Firenze, con particolare focus proprio sul “caso Castello”. Si parlava di una eccessiva vicinanza di parte dell’amministrazione al gruppo dirigente della Fondiaria, di “politica dei caminetti” e di accordi tra (presunti) gentiluomini che sopravanzavano e contraddicevano le scelte pianificatorie adottate con documenti ufficiali. Si parlava dell’assoluta sfiducia che nutriva parte dell’amministrazione (sindaco Domenici in testa) nei confronti dell’utilità del parco, che nel parere del Sindaco rischiava di diventare un «ricettacolo dell’area metropolitana».

Si parlava, come si può anche leggere nelle dichiarazioni di Ornella de Zordo (gruppo Unaltracittà/unaltromondo) sull’edizione di greenreport del lontano 16 ottobre 2006, di «amministrazioni locali» che «hanno firmato senza la minima riflessione tutto quanto veniva proposto da Ligresti», il cui gruppo Fondiaria è proprietario dell’area fin dai primi anni ’80.

In questo momento a Firenze sono attualmente sotto inchiesta (concorso in corruzione) due assessori: il titolare delle politiche per la sicurezza e candidato alle primarie per il comune, Graziano Cioni, e l’assessore all’urbanistica Gianni Biagi. Sono inoltre indagati Salvatore Ligresti e alcuni collaboratori. L’inchiesta, come ha dichiarato alla “Nazione” il procuratore Quattrocchi, nasce da altre indagini relative alle infrastrutture per la viabilità (sottopasso di viale Strozzi): «ad un certo punto è emerso che un rappresentante della pubblica amministrazione colloquiava con i soggetti privati con modalità e prospettive che non ci sono sembrate improntate al perseguimento dell’interesse pubblico». E da qui si sono aperte, per l’amministrazione fiorentina, le porte dell’inferno politico: l’assessore Biagi ha ieri rassegnato le dimissioni («non sono un corrotto», «mai ricevuto compensi illeciti», «ho operato perchè a Castello ci fosse un vero pezzo di città con tutte le funzioni che un pezzo di città deve avere, non una periferia senza capo né coda»), Cioni invece resta al suo posto e prosegue anche nella competizione per le primarie. La posizione di quest’ultimo appare meno delicata, anche se l’inchiesta ha evidenziato come i suoi rapporti con Fondiaria non si siano limitati solo ad ambiti politici, vista l’assunzione del figlio dell’assessore nell’azienda di Ligresti, e l’affitto di una casa di proprietà della Fondiaria ad un’amica di Cioni.L’opposizione di centro-destra chiede, dopo qualche giorno di attesa, le dimissioni dell’intera giunta e il commissariamento della città fino alle elezioni della prossima primavera. La Sinistra e i Verdi chiedono di rinviare l’approvazione del Piano strutturale, mentre solo i Comunisti italiani sostengono insieme al Pd la prosecuzione dei lavori del piano, in discussione da anni. E mettiamoci anche le commistioni tra le dubbie vicende avvenute recentemente nell’urbanistica fiorentina (il caso della società di progettazione Quadra, vicina ad alcuni dirigenti locali del Pd per ora sfiorati, ma non coinvolti, anche dall’indagine su Castello, la costruzione del Multiplex e in generale la nuova edificazione nella zona di Novoli) e l’inchiesta odierna.

In chiusura: occorre vedere le mani dei dirigenti e degli amministratori coinvolti. Ancora l’opinione pubblica non è in grado di sapere se esse siano sporche di denaro e cemento, o semplicemente se siano state ricoperte dal guanto della politica, quel guanto che, se indossato, porta spesso a rimestare nelle acque più torbide (soprattutto quando si affrontano questioni urbanistiche di così ampia prospettiva), ma può alla fine lasciare intonsa la mano che riveste se i piani approvati vengono poi rispettati. La questione fondamentale è questa: la pianificazione attuata prevede un parco di 80 ettari. E questo parco deve essere realizzato. Se le difficoltà sorte in questi anni riguardano aspetti legati all’implementazione del piano, e non sono stati superati i confini dell’illecito, allora l’inchiesta si concluderà con un nulla di fatto sul piano penale, e le manette lasceranno il passo a valutazioni di tipo politico. Se, invece, le mani di qualcuno sono sporche, potrà essere solo il proseguio dell’inchiesta a chiarirlo. Ma, intanto, un parco che è già pianificato non è ancora stato messo in realizzazione, primarie già fissate rischiano l’annullamento, e uno dei capisaldi più solidi della sinistra italiana (la leadership a Firenze) rischia seriamente di essere risucchiato nel gorgo, insieme a tutto questo giro di telefonate e contatti che ancora non abbiamo capito se erano trattative politiche o collusioni. Ci ha guadagnato qualcuno, in termini economici o per altre vie? Va chiarito. Di sicuro ci stanno perdendo, e molto, la città di Firenze e la credibilità della sua intera classe dirigente, a pochi mesi dal voto di primavera.

Università. Il Senato approva.

UNIVERSITA'
Il decreto Gelmini passa in Senato

L'Onda torna in piazza: 5 cortei a Roma
Ora la parola alla Camera.
L'Udc non partecipa al voto in segno di protesta.
Il Pd: "L'impianto resta inaccettabile".
Studenti contro i tagli e per ricordare Vito Scafidi

Roma, 28 novembre 2008 -
Palazzo Madama ha approvato il decreto Gelmini sull'Universita'. il provvedimento passa ora all'esame della Camera. Il provvedimento è stato approvato per alzata di mano. A favore hanno votato Pdl e Lega Nord, contrari Pd e Idv.
Tra i punti chiave dell’articolato, il blocco del turn-over per gli atenei in rosso e le norme ‘anti-baroni’ introdotte in sede di esame in commissione, secondo cui per accedere agli scatti di carriera, gli aumenti di stipendio e i fondi sarà necessario dimostrare di aver svolto attività di ricerca. Tra le nuove norme, anche la ‘chiamata diretta’ degli studiosi italiani (e non solo) all’estero.

LA PROTESTA DELL'UDC
L’Udc non parteciperà “in segno di protesta” al voto sul decreto università. Lo fa sapere Gianpiero D’Alia: “Il dl affronta solo piccoli aspetti del problema, in tempi ridotti e senza una proposta organica né un confronto con il Parlamento e con i soggetti coinvolti”.
”Non si è voluto - spiega D’Alia - affrontare il nodo cruciale della riduzione degli atenei, cosi come proposto dall’Udc, né il tema degli incentivi per le università che collaborano con il sistema produttivo facendo ricerca applicata. Non sono stati aumentati i trasferimenti di risorse agli istituti più virtuosi, mentre la soluzione scelta per la formazione delle commissioni di concorso non risolve il problema delle consorterie”.
”Si è tentato senza successo - è l'accusa - di introdurre furbescamente emendamenti a tutela dei ‘baroni parlamentari’, che, pur non facendo un giorno di università, avevano la pretesa di farsi eleggere nelle commissioni di concorso. Commissioni nelle quali, lo prevede un emendamento, resterà qualche inossidabile nonno-barone di 72 anni, per continuare a perpetrare vecchi vizi. Dopo la riforma della scuola, Governo e maggioranza - conclude D’Alia - continuano a fare demagogia e a gettare fumo negli occhi agli italiani. Per questi motivi non partecipiamo al voto sul decreto”.

PD: IMPIANTO INACCETTABILE
“Nonostante il Pd al Senato abbia condiviso alcuni emendamenti al decreto Gelmini, il suo impianto resta inaccettabile. Quindi manteniamo la nostra posizione e non lo voteremo”, dice Goffredo Bettini, coordinatore del Pd, ospite di “Mattino Cinque” su Canale 5.


Da QN

Firenze/Sesto. Cacciano 350 persone dal Luzzi.

redazione@meltingpot.orgredazione.emiliaromagna@meltingpot.org

Firenze - La lettera di una mamma del Luzzi, l’ex ospedale sotto sgombero
I nostri figli, le conquiste per il loro futuro dipendono anche da voi: sosteneteci, bloccate lo sgombero del 30 novembre

27 novembre 2008
Il Luzzi era un ex Ospedale abbandonato, dimenticato da tutti, lasciato marcire in balia dell’incuria. Oggi è la nostra casa, siamo circa 350 persone, famiglie di diverse etnie, che dopo varie disavventure abbiamo deciso di garantirci un tetto. Il mercato degli affitti è inavvicinabile per chi vive con un solo stipendio ed ha dei bambini. Molti lavoriamo a nero, in una società che ci rifiuta ma pronta a sfruttarci come manodopera a basso costo. Da due anni abbiamo trovato una sorta di stabilità, ristrutturato gli spazi ed adibito ad abitazioni, alcuni di noi vivevano nei campi, altri in appartamenti sovraffollati. Ora abbiamo uno spazio vitale, un posto da identificare come casa e delle speranze da coltivare per i nostri figli che finalmente vanno a scuola. Il Luzzi è la nostra casa nell’attesa di tempi migliori in cui anche i poveri potranno averne una vera, convenzionale. La scelta di occupare è dettata da una mancanza di alternative possibili, il nostro appello è quello di comprendere le problematiche di una vita di stenti, che ci ha costretti a diventare abusivi, con la speranza che i diritti costituzionali, con cui molti si riempiono la bocca, non siano solo utopie per i deboli.
Fra pochi giorni, il 30 Novembre, il sindaco di Sesto Fiorentino, il comune a cui lo stabile appartiene, ha deciso di stroncare l’occupazione e la vita delle persone che ci abitano. Alle soglie di Natale, con il gelo che si fa sentire, senza proporre delle soluzioni, l’unica certezza è che ci mandano via.
Ci sono stati molti incontri con le istituzioni in passato, ora che lo sgombero è prossimo nessuno ci fa sapere nulla in merito. Non siamo delinquenti o un gruppo di violenti pronti a fronteggiare le forze dell’ordine ma donne e bambini, alcuni ammalati, senza più la forza di lottare per legittimare il nostro diritto ad esserci..
Immaginate una madre con figli piccoli, che non riesce a trovare lavoro, senza il supporto per l’asilo nido, che da due mesi, ogni notte arriva a letto e nonostante la stanchezza, non riesce a chiudere occhio. La mattina sorride ai figli come se niente fosse, per non fargli capire che presto saranno di nuovo per strada al freddo. Babbo Natale non arriverà neanche questa volta a bussare alla loro porta, che vogliono abbattere per assecondare i capricci di chi non ha problemi vitali. I bambini sono piccoli, non stupidi e già fanno molte domande su ciò che accadrà il 30 Novembre, ma non abbiamo risposte, non dipende da noi, forse non avevamo il diritto di diventare madri perché siamo povere?
Sappiamo amarli i nostri figli e prenderci cura di loro, ma non basta a dargli serenità perché chi è più forte, da dietro una scrivania, gioca a risiko con le nostre teste. Non ha mai incontrato lo sguardo di uno dei nostri figli per rendersi conto di com’è cambiato dall’arrivo al Luzzi ad oggi. Le conquiste per i loro futuro dipendono anche da voi: sosteneteci, bloccate lo sgombero almeno finché non saremo in grado di avere un altro tetto. Non devono pagare i bambini le disavventure dei genitori e hanno il diritto di crescere senza essere ghettizzati, di studiare per costruirsi una speranza in questa società sempre più selettiva. Parlate del Luzzi, venite a trovarci a conoscerci o semplicemente mettetevi nei nostri panni e fate sentire alle istituzioni che il popolo ha anche a cuore i problemi di chi sta peggio.
Facciamo appello alla solidarietà che spesso è rivolta fuori dai confini del nostro paese ma scarseggia quando le tematiche sono locali.Non siamo scellerati e irresponsabili, solo poveri e vorremmo il sostegno di altre persone comuni che conoscono le difficoltà di arrivare a fine mese.La propaganda del Sindaco Giannassi è quella di mettere poveri contro poveri, per avere appoggio e far sentire la gente privata di qualcosa: ma sestesi! Chiedetevi se veramente nuociamo alla vostra quotidianità o se per sentito dire dalla bocca di qualcuno che tutela solo i propri interessi.Piuttosto che scacciarci come bestie, potremmo cooperare per negoziare delle soluzioni ai problemi che la nostra presenza comporta al sindaco, insieme riusciremmo a superarli ne sono certa. Il dialogo e la buona volontà non ci mancano, le alternative si ma non chiediamo alloggi da privare altri che ne aspettano uno da anni, solo collaborazione per il bene dei minori che vivono nel Luzzi. Non posso esprimere ogni singolo pensiero dettato dall’ansia di questo brutto momento e spero di aver comunicato quanto possibile per incuriosirvi sulla nostra vicenda, l’unica cosa che rimane da fare è attendere il fatidico giorno
Una madre del Luzzi