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La mer, la fin...

giovedì 12 marzo 2009

Elezioni europee

Avvitati sulla politica italiana e sulle diatribe interne, passa in secondo (o anche in terzo piano) il fatto che il prossimo giugno voteremo per il rinnovo del Parlamento europeo.
L'articolo di Monica Frassoni, co-presidente del Gruppo Verdi/ALE al PE, apparso sul Manifesto ci ricorda la posta in gioco: la costruzione di un'Europa utile, solidale, democratic
a e sostenibile. Aggiungiamo noi, ma sappiamo che Monica è una fervente sostenitrice da tempi non sospetti, ed è patrimonio comune del Partito Verde Europeo, federale!
Possiamo essere scettici sul tipo di alleanza che si è andata configurando - molto scettici, perché troppo condizionata dal "momento elettorale" e da dinamiche che poco o niente hanno a che fare con l'Europa - ed avremmo preferito in questo momento il rilancio di una proposta ecologista chiara, come in Francia con il progetto Europe Ecologie, ma dobbiamo riuscire a superare le idiosincrasie contingenti per proiettarsi sul piano europeo.
E su questo piano, è necessario, dopo le difficoltà del processo di integrazione dopo il fallimento del Trattato Costituzionale, dare forza a chi ha sempre lavorato per un'Europa unita che non fosse solo quella dell'euro o del "mercato delle vacche" nei vari Consigli dei ministri.
Ad oggi, è l'unico vero motivo che troviamo per dare il voto all'alleanza Sinistra e Libertà... Ma dal nostro punto di vista non è poco!


Lanfranco Nosi
Municipio Verde

da il Manifesto
UNA PROPOSTA PER UN'EUROPA UTILE
Monica Frassoni

Il Parlamento europeo è un'istituzione dotata di reali poteri e nella quale si giocano partite importanti. Sono ormai lontani gli anni nei quali era solo un luogo di chiacchiere e di pensionamento di vecchie glorie.
E' vero però che, al pari delle altre istituzioni dell'Unione europea, anche per il Parlamento europeo esiste una percezione di lontananza e estraneità da parte dei cittadini europei che si riflette nel tasso decrescente di partecipazione alle elezioni. Le ragioni di questa disaffezione sono due: politiche sbagliate, puntate tutte su liberalizzazioni e deregolamentazione e assenza in questi ultimi anni di un grande progetto mobilizzatore.
Questo non è un problema da poco, soprattutto in tempo di crisi. Se la coesione europea diminuisce ancora, se non riusciamo a convincere la gente che solo strumenti europei di partecipazione e decisione riusciranno a limitare i danni di un sistema economico, mediatico e politico controllato da grandi gruppi economici e da pochi individui, non potremo che continuare la triste deriva verso un populismo oligarchico e sempre meno trasparente, già ben visibile in Italia.
Ecco perché, al di là dei giochi di potere nazionali, credo sia indispensabile che anche in Italia ci sia una lista che metta al centro della sua campagna elettorale una proposta di Europa utile, solidale, democratica e sostenibile. Questa lista può essere solo quella della Sinistra e libertà, nella quale come Verdi abbiamo deciso di partecipare.
In questi cinque anni, tutte le grandi questioni che hanno definito il dibattito europeo sono passate dal Parlamento europeo. In tutte queste occasioni i deputati e le deputate che si riconoscono oggi nella lista Sinistra e libertà hanno cercato di avere un ruolo di primo piano, a partire da una presenza costante nei loro gruppi di riferimento, Socialista, Verdi, Sinistra unitaria. Siamo spesso riusciti a orientare l'atteggiamento del Parlamento europeo nei confronti del dibattito politico in Europa e in Italia: dalle discriminazioni nei confronti dei rom e dei migranti, alla concentrazione deimedia, ai rifiuti, alle bugie sui costi del pacchetto energia. Inoltre, abbiamo valorizzato la funzione del Pe come casa degli europei aprendolo ai militanti e membri di associazioni e raccogliendo le istanze di gruppi di cittadini e comitati.
Abbiamo inoltre con frequenza portato all'attenzione dell'Ue situazioni d'illegalità e sperpero di denaro pubblico che hanno convinto la Commissione europea a aprire procedure di infrazione e controlli.
E' una pericolosa illusione pensare che la concentrazione nei due grandi gruppi politici accrescerebbe l'influenza del lavoro degli eurodeputati italiani. Non è cosi: ciò che ha reso poco efficace la presenza italiana al Pe è il fatto che dei 78 eletti nel 2004, ben 40 se ne sono andati nel bel mezzo della legislatura, in un turn over che non ha paragoni in nessun altro paese della Ue eche probabilmente si ripeterà anche questa volta, dato che già si parla di ministri e celebrità che saranno nelle altre liste solo per acchiappare preferenze e non certo per venire a Bruxelles.
Noi, invece, se saremo eletti, continueremo a starci e, siamo sicuri, anche a contare.

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