TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 1 marzo 2009

Prato non deve chiudere. Le cronache dei giornali - 2

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MV

da il Tirreno del 01/03/09
Sfilano i tanti volti della crisi Il tessile condiziona la città

PRATO. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni. Già dalle 9 di ieri mattina, in una città ancora deserta, ci si imbatte in capannelli di persone dirette verso piazza Mercatale per portare la propria solidarietà al distretto. Giovani, anziani, imprenditori, operai, semplici curiosi, cittadini italiani e stranieri hanno partecipato alla manifestazione “Prato non deve chiudere”. Tanti anche i volti conosciuti delle associazioni, dei sindacati, e naturalmente della politica. Ma la piazza ieri è stata soprattutto della gente. Le tante voci e i tanti volti di storie legate alla crisi del distretto.
Le pagliette. Una quarantina di ragazzi del Buzzi sono stati fra i primi ad arrivare in piazza. A loro il compito di aprire la manifestazione alla testa del grande tricolore lungo un chilometro. «Siamo qui - dice il vicepresidente Carlo Elmi - per sostenere la nostra città e il nostro futuro. Siamo coinvolti in prima persona e preoccupati per il futuro. Rappresentiamo anche tutti i ragazzi che ora sono a scuola». Al Buzzi dove si è conclusa la manifestazione, infatti, le lezioni sono terminate prima anche per permettere agli studenti di partecipare alla fase finale.
L’ex tessitore. «E’ sempre più difficile arrivare alla fine del mese. Questa manifestazione dovrebbe servire ad avere maggiore visibilità. Quando negli anni ‘60 i tessitori si sono fermati per un mese intero, tutti insieme, poi le cose si sono smosse. Speriamo».
L’ultimo giorno di lavoro. Ma negli anni ‘60 il lavoro c’era, si era in pieno boom, oggi la situazione è completamente ribaltata. Per questo in piazza Mercatale ieri c’erano anche genitori con i propri figli, alcuni ancora nel passeggino, preoccupati per il futuro. «Oggi è l’ultimo sabato che mio marito lavora - spiega una giovane mamma - sono venuta qui a rappresentarlo insieme al nostro bambino. Il nostro sogno sarebbe di fare una famiglia numerosa, avere altri bambini, ma per ora è impossibile. Eppure fino a oggi mio marito ha sempre riscosso lo stipendio».
La famiglia Di Minno. Quattro persone, solo il padre lavora da 20 anni in una rifinizione, difficile arrivare alla fine del mese. «Mia moglie - spiega il capo famiglia - aveva un negozio come parrucchiera ha dovuto chiudere perché massacrata dalle tasse, mio figlio ha 19 anni e da un anno cerca invano un lavoro. L’unica speranza è l’altra mia figlia che studia al Datini con la specializzazione nel sociale. Intanto però dobbiamo andare avanti e la strada è sempre più difficile».
Chi non è nel tessile. «Non lavoro nel tessile - dice Roberto Mennini - ma sono a reggere questa bandiera perché credo ancora nella forza delle manifestazioni di piazza, non posso rassegnarmi a respirare per le vie della città questo clima di sconforto. Avrei voluto vedere più giovani, forse bisognava coinvolgere maggiormente le scuole superiori».
L’artigiano. «Sono preoccupato per il futuro, ho tre concordati preventivi per un totale di quasi 100 mila euro. Ho due figli che non vogliono assolutamente entrare nel settore tessile, uno studia per diventare perito elettronico. Arrivare alla fine del mese è sempre più difficile, spesso bisogno ricorrere all’aiuto dei nostri vecchi per avere qualche spicciolo. Non si può più andare avanti così».
La ricercatrice. Daniela Toccafondi è la coordinatrice di PratoFutura. «E’ una manifestazione trasversale di tutti i settori economici, dobbiamo riuscire ad attirare l’attenzione e poi fare proposte coerenti. Comunque io sono fiduciosa».
Gli operai. Tanti gli operai di rifinizioni, tintorie e lanifici, un solo pensiero: «Siamo preoccupati per il futuro, devono ascoltarci, non abbiamo paura di lavorare, ma ci devo mettere nelle condizioni di farlo».
Scaricaretuttotutti. In piazza anche il presidente dell’associazione, Mario Tognocchi: «A chi oggi è qui a chiedere al cielo che Prato non deve chiudere faccio presente che la soluzione è più vicina di quanto credano: poter tornare a comprare con gioia, dichiarando allo Stato a chi hanno dato i soldi».
Gli addetti ai lavori. Mescolati fra la folla anche Solitario Nesti di Tecnotessile, il direttore del Museo del Tessuto Filippo Guarini e il presidente della Fondazione Andrea Cavicchi. «Lo scopo è di lanciare un messaggio forte, questo è il primo passo poi bisogna trovare soluzioni concrete, ma sempre restando uniti».
I curiosi. Tanti anche i passanti che assistono come spettatori. Isam, cuoco egiziano in un ristorante del centro, è anche lui preoccupato per il distretto: «Non lavoro nel tessile, ma la crisi è tangibile». Paolo sottolinea come le bandiere dei partiti siano fuori luogo: «Questa è una manifestazione non politica, ma di distretto, destra o sinistra non importa siamo tutti nella stessa barca».
Alessandra Agrati

da il Tirreno del 01/03/09
La prima volta in piazza degli industriali

Ci sono i big vecchi e giovani, molti gli ex presidenti dell’Unione

Cecchi: «Il declino non è inevitabile» Maselli: «E’ importante fare squadra» Lucchesi. «Più ammortizzatori e via l’Irap»

PRATO. «Nella mia vita è la prima volta che scendo in piazza insieme agli operai. E’ il segno che la situazione è veramente difficile». Nelle parole di Mario Maselli, ex presidente dell’Unione industriale, c’è il senso di una giornata a suo modo storica per Prato. «In questi momenti bisogna fare squadra - aggiunge Maselli - ma squadra a livello nazionale e non solo locale». «La ricetta per non chiudere è l’unione - gli fa eco Renato Cecchi della Rifinizione Santo Stefano - Altrimenti nemmeno manifestazioni come questa servono a qualcosa. Facciamo valere la nostra inventiva e il nostro saper fare».
«Il declino non è inevitabile - aggiunge Cecchi - E non siamo per forza condannati a fare come certe città inglesi dove il tessile è sparito. Anche loro credevano di poter vivere di solo terziario ma mi pare che ora ci stiano ripensando».
Antonio Lucchesi. «Con questa manifestazione diamo un segnale e chiediamo cose precise. E’ come essere davanti a un pianoforte: bisogna accordare ogni tasto per far venir fuori la giusta armonia. E dunque: servono più ammortizzatori sociali e più sostegno alle imprese attraverso la riduzione delle imposte, vedi l’Irap, che era stata promessa da destra e sinistra ed è ancora lì».
Edoardo Nesi. «E’ la prima volta che partecipo a una manifestazione. Mi sembra molto bello questo mix di miliardari, operai, extracomunitari. C’era bisogno di un’occasione come questa. Qui ho trovato molta gente che non immaginavo, molti imprenditori. Cosa fare? E’ difficile fare previsioni, visto che anche gli esperti le sbagliano. Sto finendo un libro che uscirà a settembre per Bompiani e si intitola “La storia della mia gente” in cui parlo della globalizzazione vista da Prato. Spero sia il mio contributo alla salvezza del distretto. Di certo è una risposta al bisogno di rivedere tutto. La sfida riguarda anche la politica. Ci vuole più pragmatismo non si può rispondere ai problemi della gente con principi astratti. Si può anche andare in Europa a trattare in nome di un’adesione incondizionata al liberalismo, ma poi devi sapere che quelle scelte ricadranno sulle persone».
Franco Bini. «E’ importante testimoniare la voglia di esserci, di combattere lealmente, pur avendo a che fare con una competizione che spesso leale non è, anche a livello mondiale. Meglio averla fatta, questa manifestazione, anche solo per dire che Prato c’è. Ma il problema va oltre Prato. Credo abbiano fatto bene Soldini e i calzaturieri, quando tre anni andarono a Bruxelles a protestare. Almeno hanno ottenuto di attenuare certi squilibri del mercato. Il Sistema moda, invece, non ha voluto forzare, non abbiamo ottenuto nemmeno il “made in”. Gli interessi della filiera “a valle” hanno prevalso su quella “a monte”, i produttori. Ma quando perderemo “il monte” sarà troppo tardi. Il tessile italiano rappresenta il 2% del tessile mondiale. Credo che quel 2% abbia motivo di esistere. La Toscana deve promuovere i livelli di eccellenza che ha in tutti i settori e presentarli come un “artigianato di qualità”, perché questo noi siamo. Se fossimo stati la Fiat e non un distretto si poteva gestire meglio la crisi, con provvedimenti dall’alto e aiuti. In un distretto la governance è più difficile. Ora bisogna fare in modo che si salvi la parte buona».
Presenti, tra gli altri, oltre al presidente dell’Unione Riccardo Marini, anche Leandro Gualtieri, Marino Gramigni, Andrea Cavicchi, Riccardo Matteini, Carlo Longo, Luca Giovannelli, Franco Ciampolini, Vincenzo Cangioli, Guido Pagliai, Lido e Bruno Macchioni, Giuseppe Cocchi.

da il Tirreno del 01/03/09
Un Sos urlato da ottomila voci

La città in piazza: tanti imprenditori a braccetto con gli operai

Romagnoli: «Abbiamo sempre fatto da soli ora abbiamo bisogno di aiuto». Marini: «Se crolliamo, con noi chiude la moda italiana»

PRATO. Prato non è l’Alitalia ma fa volare la moda italiana. E’ questa la sintesi del messaggio, elaborato dagli studenti del Buzzi, che Prato ha voluto lanciare al Governo per chiedere aiuti utili a superare la crisi. Un grido di allarme amplificato dalla lunga bandiera italiana, oltre un chilometro di lunghezza, che ha attraversato il cuore della città. Imprenditori e lavoratori, a braccetto, hanno percorso i chilometri che separano piazza Mercatale dall’Istituto che forma i giovani che domani saranno le nuove professionalità del distretto. Con loro i commercianti e gli artigiani per rimarcare che se il tessile muore, a crollare è una città intera. E ha ribadito il presidente degli industriali pratesi Riccardo Marini «senza Prato anche la moda italiana non potrà essere più l’eccellenza che è oggi».
Al centro di piazza Mercatale invece erano state sistemate centinaia di casse di filato rivestite di rosso e blu (i colori della città) con scritto “Prato non deve chiudere”.
In prima fila con il presidente della Provincia di Prato, Massimo Logli e il sindaco Marco Romagnoli, il presidente della Camera di commercio Carlo Longo, quello dell’Unione industriale, Riccardo Marini, i presidenti di Confartigianato e Cna, Stefano Acerbi e Anselmo Potenza, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil - Manuele Marigolli, Stefano Bellandi, Annalisa Nocentini - e poi i presidenti di Confesercenti e Unione commercianti, Alessandro Giacomelli e Giuseppe Nardini.
«Non abbiamo bisogno di assistenzialismo ma di sostegno per essere più forti domani - ha sostenuto il presidente della Provincia, Massimo Logli - Dobbiamo essere orgogliosi della nostra capacità di stare insieme. Non per paura della crisi ma per costruire il nostro futuro. Il distretto chiede al Governo sostegno per la dignità del lavoro che è la nostra forza, misure per garantire competitività alle imprese e la difesa delle regole».
«Prato ha sempre risolto i suoi problemi da sola, ora non è così, ora, per le caratteristiche della crisi generale, non possiamo più farcela. Prato ha bisogno di attenzione. Non è sbagliato dare aiuti all’auto, o al settore elettrodomestico, ma è sbagliato non intervenire nel tessile-abbigliamento, che costituisce la spina dorsale del manifatturiero italiano - ha detto il sindaco Marco Romagnoli - Prato ha dato lavoro, reddito, dignità professionale alle persone. Ha contributo alla crescita economica dell’Italia col suo consistente gettito fiscale».
«E’ prima volta che a Prato, tutta Italia, c’è una unità di intenti così condivisa e trasversale - ha affermato il presidente degli industriali, Riccardo Marini - Su questa forza dobbiamo partire per costruire il domani. Anche gli imprenditori hanno condiviso le richieste da rivolgere al Governo nazionale e regionale. Questa crisi è pesante e lunga, ma tutti insieme siamo in grado di affrontarla e superarla. Se Prato chiude, chiude anche la moda made in Italy».
Dal sindacato è venuto un annuncio preoccupato e drammatico: oltre 1100 lavoratori dell’artigianato da marzo corrono il rischio di restare senza reddito perché il Governo non ha rifinanziato la cassa integrazione straordinaria in deroga.
«La crisi ha picchiato duro in questi anni, abbiamo perso migliaia di posti di lavoro. Vogliamo essere ascoltati perché questa è una città che ha dato tanto al paese, non ci interessa l’assistenza ma il lavoro perché è ancora il futuro di questa città - ha detto il segretario generale della Cgil, Manuele Marigolli - Il nostro slogan è crudo e deciso perché dobbiamo dare risposta a un’urgenza e reagire, dobbiamo poter guardare ancora lontano».
«Il tempo non è una variabile indipendente. Il distretto di Prato ha dato un contributo importante al paese, vogliamo che sia in grado di farlo anche in futuro. - ha sostenuto il presidente di Confartigianato Stefano Acerbi - L’appello vale anche per il sistema bancario che deve sostenere le imprese. Dobbiamo contare sulla forza di stare insieme».
«Il Governo non può non ascoltare la voce del distretto di Prato, abbiamo chiesto alla città di esserci e i cittadini hanno risposto - ha messo in evidenza il presidente di Confesercenti, Alessandro Giacomelli - I commercianti hanno aderito con convinzione alla mobilitazione, anche i consumi sono ormai ai minimi storici e Prato deve essere ascoltata».

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