C’è piena sintonia con Giovanardi per rivedere le quantità minime «Non esiste il diritto a drogarsi» Fini a Trieste difende la sua legge
TRIESTE. «No, non mi sono mai pentito di aver fatto, insieme a Giovanardi una legge che parte dal presupposto che detenere sostanze stupefacenti è illegale. Perchè non esiste un diritto a drogarsi, esiste un diritto a essere liberi dalla droga». Gianfranco Fini non ha avuto ripensamenti.
Ai margini della Conferenza nazionale sulla droga, ripete le sue convinzioni. Compresa l’importanza della prevenzione e senza dimenticarsi un impegno dello Stato sulle risorse. «Ineludibile» secondo Fini, e senza il quale «la guerra è ad armi impari». In sintonia dunque con Giovanardi che annuncia l’intenzione di ripristinare il fondo nazionale per la lotta alle tossicodipendenze.
Ma in piena sintonia con Giovanardi, Fini lo è anche sull’aggiornamento delle tabelle per adeguarle alle nuove sostanze che sono comparse sul mercato degli stupefacenti, come ad esempio le spice drug, il popper o il Gbl. Oppure per rimettere mano, in senso restrittivo, alle cosiddette «soglie» che fanno la differenza tra quantità per uso personale o per spaccio. Nel mirino ci sarebbero soprattutto la cocaina e l’ecstasy, ma una scelta definitiva è stata rimandata a un confronto con i tossicologi.
Fini ribadisce ovviamente la storica contrarietà alla legalizzazione delle droghe. «Resto dell’idea - sottolinea - che considerare la produzione, lo spaccio e il consumo di droghe illecito, ovviamente con livelli diversi di illegalità, sia un dovere se si vuole per davvero combattere quella che viene chiamata la cultura della morte». E avverte che gli Stati che hanno sperimentato politiche antiproibizioniste «le stanno ripensando», perchè la loro scelta non ha toccato «neanche di striscio» il narcotraffico.
Ha comunque invitato a non scegliere solo la repressione, ma ad andare in profondità sulle motivazioni che portano giovani e non giovani a usare le droghe. Avverte che l’uso di sostanze eccitanti si diffonde oggi anche «tra i manager, i professionisti, i giovani che vogliono fare bella figura, superare un esame, ma anche tra i politici e gli stessi giornalisti». Ed è inquietante che, rispetto al passato, «la percezione sociale del fenomeno droga è oggi più tollerata culturalmente».
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