SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento penale n. 535/04 R.G.
Udienza del 3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei
[Stralcio n. 1]
“DI CHI È, A CHI APPARTIENE L’ACQUA?
LA DOMANDA, NELLA SUA BANALITÀ, HA IMPLICAZIONI ENORMI, PERCHÉ NON È INDIFFERENTE SE SI DICE CHE È DI TUTTI, È DI NESSUNO, È DI CHI SE LA PRENDE”.
Purtroppo non potrò essere breve, anche a volere: anzi, dopo tre anni di dibattimento e tre anni d’indagine, siamo alla fine di questo impegnativo processo. Solo una premessa: chi mi conosce sa che non sono retorico, non cerco piaggeria o quant’altro. Però [...] proprio perché non è retorica, ed è una cosa sentita, vorrei iniziare con il ringraziamento alle difese ed agli imputati per la correttezza. Spero che siano stati contraccambiati. [...] Abbiamo un dato oggettivo, lo può testimoniare il Giudice, i verbali. [...] È stato possibile celebrare un processo regolarmente, in modo lineare, nel rispetto dei ruoli, ognuno ha fatto il suo, che però di questi tempi mi pare un segno di assoluta civiltà e di cui volevo dare atto. Ripeto, non è retorica.
Detto questo, visto che ci siamo detti che siamo bravi, belli, buoni, cominciamo subito a litigare.
C’è un’affermazione che mi ha dato noia, cioè proprio pregiudiziale, che in questo processo è riecheggiata dalle difese: di un processo ideologico. Voglio dire, non c’è nulla contro le ideologie, ma l’ideologia in un processo sì, perché l’ideologia in un processo richiama sempre a tesi preconcette, a teoremi. [...] Mi dà noia l’ideologia perché chiaramente [...] è come se ci fosse un a priori, un essere qualcosa contro qualcuno, e qualcosa a prescindere.
E qui chiaramente devo dire qualcosa. E parto da due cose banali.
La prima, che non è vero, e sfido chiunque a trovare negli atti di indagine il fatto che la Procura si sia lasciata andare a congetture, idee e quant’altro. Qui si processano persone, fatti, condotte e quant’altro.
È all’opposto invece. Rigiro la questione. Non è affatto un processo ideologico, ma un processo che io definisco necessario, proprio nell’accezione letterale del termine. Quella per cui è un processo dovuto, insopprimibile, capace di una forza tale da autoimporsi. Cioè un processo che non si poteva non fare. E perché dico questo? Oltretutto perché una Procura ha una funzione pubblica, è un soggetto [...] investito di una pubblica funzione. Non so quanti chili di prosciutto si sarebbe dovuto mettere sugli occhi per non vedere e non darsi carico di un evento come quello che si stava realizzando nel Mugello. Zona di pregio ambientale, ma dove si stavano verificando tutta una serie di fatti tali da alterare e stravolgere, se non talvolta proprio distruggere, le condizioni di vita preesistenti, non solo di singoli, ma di intere comunità e cittadine. E quindi era necessario, ed a questo punto anche doveroso per la Procura, perché non si poteva esimere dal compito di verificare la verità delle innumerevoli denunce che arrivavano. [...]
Necessario e, sotto un certo punto di vista, assolutamente moderno –– nel senso proprio della parola, ovvero di un processo dei nostri giorni - in quanto un processo coerente con la realizzazione di uno Stato a sua volta moderno - questa volta nel senso di ultimo approdo di un processo evolutivo positivo, ovvero di progresso - laddove questo Stato moderno lo si voglia identificare - come crediamo lo si possa fare in modo del tutto condiviso - in uno Stato al tempo stesso efficiente e rispettoso dei diritti dei cittadini, nell’ambito del quale ognuno è chiamato ad assumersi la responsabilità delle proprie competenze e del proprio operato e risponderne di conseguenza, affinché sia esigibile da ciascuno di noi di dare il meglio di sé per il conseguimento del bene comune. Quindi è un processo moderno, perché la verifica di questo comportamento è compito della Procura.
E diciamo che è un processo moderno perché destinato a dare risposte che solo nell’anno 1999, quando abbiamo cominciato le indagini, non avrebbero avuto forse l’importanza di oggi. Forse chi aveva più sensibilità già le poteva prevedere, ma [...] oggi [...] sembrano, dopo nove anni, un pochino più evidenti e più eclatanti.
La decisione che il Giudice prenderà su questo processo in qualche modo risponderà indirettamente a queste domande. La prima è: di chi è, a chi appartiene l’acqua?
La domanda, nella sua banalità, ha implicazioni enormi, perché non è indifferente se si dice che è di tutti, è di nessuno, è di chi se la prende.
Dove finisce l’ambito di responsabilità della Pubblica Amministrazione e dove comincia quello del privato nella gestione dei servizi pubblici e nella realizzazione di opere pubbliche in tempi come questi di privatizzazioni, caduta dei monopoli, libera concorrenza, mercati unici, ecc. ecc.? Quali sono le regole che si devono correttamente applicare nei rapporti pubblico/privato per discriminare le rispettive responsabilità ?
Domanda le cui risposte non attengono alla sociologia ma allo stretto diritto, e più precisamente proprio a quello che è, e sempre più sarà, il “diritto amministrativo moderno”.
Non è che noi ora poniamo queste domande per fare una sociologia da strapazzo che non ci compete. No. Noi qui si fa un processo e quindi parleremo solo e soltanto di diritto. Ed è carino perché, proprio a vedere l’evoluzione dei tempi, queste cose di cui andremo a dire sono oggetto di una materia, oggi, proprio all’Università, che ai miei tempi non c’era. [...]. Si chiama “Economia aziendale”. È alla Facoltà di Giurisprudenza. Materia che definisce e studia concetti come “esternalità negative”, la cd. teoria della “cattura”, il concetto di “asimmetria informativa”. Concetti e nozioni indispensabili per essere pienamente consapevoli di cosa ci siamo occupati in questo processo e poter evitare che fatti analoghi si ripetano in futuro.
Concetti solo, ora, chiamati per nome, ma che richiameremo e spiegheremo più in dettaglio al momento opportuno.
Questa premessa per dire che nessuno nell’Ufficio della Procura della Repubblica di Firenze - e trattasi di affermazione da ritenersi scontata perché non può darsi il contrario - ha ritenuto di potere e dovere sindacare il progetto dell’Alta velocità oggi rinominata più modestamente Alta capacità.
Detto questo, e riconfermato dunque il rispetto del principio della separazione dei poteri che preclude la sindacabilità delle scelte operate dalle amministrazioni pubbliche preposte al funzionamento dello Stato, si deve al contempo ribadire che è compito proprio e precipuo della magistratura verificare il rispetto delle norme penali, specialmente laddove è esigibile il massimo della correttezza quale può essere il contesto di una esecuzione di un’opera di primaria importanza per il complessivo buon funzionamento del cd. Sistema Italia. E quindi questo processo è tutto fuori che un’astrazione, è tutto fuori che un a priori, non è per niente qualcosa di ideologico, ma è un processo a persone ben identificate per precipue condotte che hanno cagionato eventi specifici, che è il proprio, che è l’essenza del diritto penale: condotta, elemento soggettivo, evento.
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