TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

mercoledì 11 marzo 2009

Prato. Degrado e distretto per Prato Artigiana

Ci troviamo sempre un po' in difficoltà a commentare le uscite dell'associazione Prato Artigiana (nella foto, durante la manifestazione del 28 febbraio), per un semplicissimo motivo: a fianco di problemi importanti e drammatici per il mondo artigiano e per i terzisti pratesi (potremmo anche allargare il discorso, ve lo assicuriamo!) quali i mancati pagamenti, i ritardi, i problemi del credito, la concorrenza sleale - spesso di altri terzisti - e la "politica dello squalo" di qualche industria del distretto, troviamo sempre una forte venatura xenofoba che non riusciamo veramente a capire - pur se ufficialmente negata.
Può essere anche un nostro difetto di lettura dei testi - e mica siamo perfetti! - però, anche nell'ultima lettera-appello affinché del caso Prato se ne occupino anche trasmissioni come Ballarò e Anno Zero, si va a scadere su questioni che con la crisi del distretto e con i problemi dei terzisti hanno poco a che fare. Ad esempio, il fatto che il centro si stia "svuotando" dei negozi storici, per far posto alle attività commerciali di migranti, è di per se negativo, o portatore di "degrado"? A noi non sembra: è solo il segno di una città che cambia, anche nella sua composizione demografica. Come tutte le trasformazioni, e su questo potremmo concordare, va affrontata con politiche adeguate.
Così come il fatto che l'area industriale sia piena di "prontomoda" gestite da cittadini cinesi: era forse meglio un'area industriale piena di capannoni vuoti? Certo, meglio sarebbe stato non devastare l'ambiente, ma in questo anche tanti artigiani hanno le loro responsabilità. Così come tanti le hanno per la situazione complessiva del distretto.
Non tanto per "cattiveria" o per mancanza di volontà, ma perché, semplicemente, hanno creduto possibile che il tessile continuasse ad essere quella "vacca grassa" che era stato in passato, facendosi poi travolgereda dinamiche che, pur fuori dal controllo del locale, potevano essere affrontate prima e forse pure in maniera diversa.
Però, a questo punto, sarebbe interessante riuscire ad incontrare e dibattere direttamente con Prato Artigiana... Chissà che non ne possa uscire un confronto produttivo!
Noi siamo a disposizione!
MV



da la Nazione del 11/03/09
«Le tv vengano a vedere il degrado del distretto»
Prato Artigiana sollecita Santoro e «Ballarò»
UN APPELLO alle trasmissioni televisive (in particolare «Annozero» e «Ballarò» ) affinché si occupino della situazione di Prato, del distretto in crisi e del dramma di tante ditte artigiane e di tanti lavoratori. Manuela Biliotti, leader di «Prato Artigiana» l’ha lanciato prima di sapere che, in effetti, proprio «Annozero» aveva annunciato per domani sera un collegamento da Prato, poi rimandato ad altra data, per documentare la situazione. Che Biliotti racconta, nella sua lettera, in toni molto duri: «Siamo tra le città italiane più indebitate, con più criminalità, con più illegalità. Un degrado inverosimile. Incapacità o negligenza da parte di tutti per rendere ancora vivibile Prato, interessi privati che non vogliono migliorarla? Il centro si sta svuotando, piano, piano, dei suoi negozi storici e non, per lasciare il posto a fondi occupati da magrebini, indiani, cinesi, pakistani, gente di colore, quello che sta succedendo in tantissime altre città, un esempio eclatante Genova».

BILIOTTI ci tiene a precisare che non si tratta di razzismo, ma di salvare la città e il suo distretto produttivo: «Abbiamo la nostra Chinatown e chissà se riuscite a reperire qualche servizio di ‘Report’ e l’ultimo recentissimo di ‘Terra’ — continua Biliotti rivolta ai responsabili dei programmi televisivi di inchiesta — potreste documentarvi, anzi vi invitiamo, passate di qua, fermatevi, guardate con i vostri occhi ed io sarò curiosa di scoprire l’effetto che susciterà in voi, visitare la nostra realtà. La maggior parte della nostra area industriale è in mano al ‘prontomoda cinese’. Questa è la facciata, al di là si confeziona per gli stilisti e forse anche non usando tessuti pratesi, immagazziniamo quella tanta robetta che arriva dalla Cina».

D’ALTRONDE, l’esasperazione degli artigiani contoterzisti è al top in una situazione in cui vige il motto: niente commessa, niente assegno. E l’artigiano rimane a bocca asciutta perché non riesce a riscuotere dal suo committente finché non ha esaurito tutta la partita di lavoro. Succede, per dirla con le parole di Biliotti, che «ormai le aziende contoterziste ‘finanziano’ i loro committenti e che, pur di rinviare la scadenza dei pagamenti, gli industriali si attaccano a qualsiasi considerazione. Va avanti così da qualche tempo: prima se un tessitore prendeva una commessa di lavoro veniva pagato una volta al mese indipendentemente dalla quantità di materiale che riusciva a smaltire. Ora evidentemente non è più così». C’è chi quei soldi è destinato a non vederli più o a incassarli col contagocce. Come Massimo Tesi, titolare di una tessitura che ha più di un conto in sospeso con una tintoria. «Avanzo 20mila euro. Mi hanno telefonato per annunciarmi la volontà di chiudere l’azienda, accordandomi il 40-50% di quanto mi spetta. Ma così non ci pago nemmeno l’iva», denuncia Tesi. C’è poi il tasto dolente delle banche, sul quale il governatore Claudio Martini un po’ di tempo fa si era assunto degli impegni precisi, che non convincono però Prato Artigiana. «Finora abbiamo sentito solo chiacchiere. La realtà — fa notare il tessitore Fabrizio Coppini — è che se hai uno scoperto di 50mila euro le banche te lo portano a 30mila. Agli occhi degli istituti di credito la tua azienda non ha più valore: per avere 20mila euro si deve ipotecare la casa».

Nessun commento: